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Mese: Luglio 2022

Tre Domande a: Lo Straniero

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

I tempi sembrano più complessi rispetto a quando abbiamo iniziato, offerta satura e a tratti impazzita. Con il circuito live probabilmente cambiato a tutti i livelli, sicuramente nel nostro molti club hanno chiuso e nuove realtà stanno emergendo. La pandemia ha sparigliato le carte, conosciamo in parte gli esiti su questo settore.
Come per la maggior parte delle persone anche per noi è stato difficile, ma questo momento ci ha offerto stimoli. Abbiamo vissuto per settimane chiusi in casa tutti e cinque a suonare e scrivere. Ci sono stati slanci e ostacoli, di sicuro la creatività ne ha giovato e abbiamo prodotto materiale per più di un album e a un giorno dall’uscita di Falli a pezzi! siamo subito partiti con un tour di dieci date.

 

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia? 

In realtà abbiamo già fatto due concerti dopo lo stop, proprio qualche giorno fa. Il 2 Luglio al Portami Via Festival insieme a Massimo Zamboni e al Cane a Genova. Oltre alla goduria che abbiamo provato nel tornare sul palco, il pubblico finalmente senza restrizioni è stato davvero partecipativo. Abbiamo chiuso i live con un brano in mezzo alla gente, un incontro sorprendente, vibrazioni bellissime e a fine concerto tutti entusiasti… speriamo che questo tour estivo sia solo l’inizio…

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Sceglieremmo Sotto le palme di Algeri, un brano del nostro primo album. Col tempo è diventato un nostro manifesto. Ha un’attitudine in cui ci riconosciamo ancora, musicalmente è un ibrido ma che ci definisce, una piccola guida per viaggiatori a zonzo fra luoghi reali e immaginari. Un giorno sarebbe bello poterla incidere di nuovo, magari rivisitandola.

JAZZ:RE:FOUND FESTIVAL 2022 • Il Festival che celebra il ritmo e la natura, ospite dall’1 al 4 settembre tra i pattern e le texture delle colline Unesco del Monferrato, è partner DICE

I CONCERTI ANNUNCIATI

1 SETTEMBRE
EMMA-JEAN THACKRAY
RAFFAELE COSTANTINO
HANIA RANI
MACE

2 SETTEMBRE

JAZZ-O-TECH
LTJ XPERIENCE
MOODYMANN

NYEGE NYEGE
ALIA
DITONELLAPIAGA
MAUSKOVIC DANCE BAND

3 SETTEMBRE

DONNA LEAKE
MNDSGN
ECHT!

SARA MAUTONE
LEFTO EARLY BIRD

QUANTIC
ALFA MIST
MEZERG

4 SETTEMBRE
MARIA CHIARA ARGIRÒ
AZYMUTH
HANDSON FAMILY

LOUIE VEGA
MA NU! B2B ANDREA PASSENGER

DOMI & JD BECK
CASINO ROYALE

Location: Cella Monte / Monferrato

Biglietti disponibili su DICE:
https://link.dice.fm/E509762ad6e0

 

Dall’1 al 4 settembre a Cella Monte torna nella sua quattordicesima edizione “Jazz:Re:Found Festival 2022”, il Festival che celebra il ritmo e la natura tra i pattern e le texture delle colline Unesco del Monferrato, partner di DICE.

“Torniamo a celebrare il ritmo e la natura, in un rito collettivo che si muove in armonia con i pattern e le texture delle colline Unesco del Monferrato. La cerimonia della danza, l’obiettivo della sostenibilità, la dote della consapevolezza. Jazz:Re:Found non è più solo un festival: è un’autentica community, un brand culturale, un’esperienza dove l’esclusivo diventa inclusivo.”

Finalmente completa la lineup del Festival: al cartellone degli headliner si aggiungono i Casino Royale, mentre si arricchisce il programma dei live act – con la scuderia della label Jazz-O-Tech e molto altro ancora – e dei selectors, con Handson Family, LTJ Xperience, i resident di JZ:RF e tanti altri. Presentata anche la partnership con Radio Raheem, che curerà alcune live act del palco all’Ecomuseo: Mndsgn, Echt!, i nuovi nomi annunciati Donna Leake, Simona Beat e Robotalco.

Dopo l’annuncio dei primi nomi in Aprile e il secondo annuncio del 21 Giugno, si arricchisce ulteriormente e si completa il cartellone di Jazz:Re:Found Festival 2022: Domi & JD Beck, Louie Vega, Moodymann, Quantic, Mace (OBE live), Mezerg, Alfa Mist, Hania Rani, Azymuth, Casino Royale, Ditonellapiaga, Mndsgn, Emma-Jean Thackray, The Mauskovic Dance Band gli headliner. E ancora Alia, Echt!, Maria Chiara Argirò, Lefto Early Bird, Catu Diosis di Nyege Nyege, Donna Leake, Handson Family, LTJ Xperience, Raffaele Costantino, Aki Himanen & Aleksi Kinnunen, Flat Maze, Mattia Prete, Andrea Passenger, Angie BacktoMono, Cristian Bevilacqua, Lark, Ma Nu!, Sara Mautone, Simona Beat, Robotalco, Jujulove, Luca Barcellona, Soumaya Pheline, Vittorio Barabino, Enzo Abbate, Luigi Ranghino, Rocco Pandiani aka Monojazz.

Per il terzo anno a Cella Monte, quindi, Jazz:Re:Found si conferma come una delle realtà contemporanee più attente alle sollecitazioni dell’attualità – dalla new jazz wave al pop d’autore, dalle tendenze dancefloor-oriented all’elettronica – intercettate spesso in anticipo e, allo stesso tempo, continua a dimostrare il suo legame profondo ed essenziale con le leggende che hanno fatto la storia della musica di derivazione black e non solo. In questo solco si inserisce l’annuncio, tra gli headliner, dei Casino Royale, indiscussi paladini dell’underground italiano, recentemente tornati ad attirare l’attenzione con l’intrigante album “Polaris” (2021). Accanto ai Casino Royale, più di venti nuovi nomi appena presentati, da Aki Himanen & Aleksi Kinnunen, Flat Maze e Mattia Prete della label Jazz-O-Tech a un’eccellente schiera di djs – Handson Family, LTJ Xperience e molti altri – fino ai resident selectors di JZ:RF e tanto altro ancora.

Una panoramica che attraversa le mille sfumature del jazz, dalle intramontabili atmosfere tropicalia degli Azymuth alla nuova ondata inglese rappresentata dalla straordinaria Emma-Jean Thackray, fino alle forme ibride che incontrano l’hip hop con il geniale outsider Alfa Mist.
Continuando a muoversi nella direzione di confluenza fra i linguaggi di derivazione black e la club culture,  Jazz:Re:Found dedica anche nel 2022 largo spazio ai maestri della consolle: Louie Vega, da autentica leggenda dell’età d’oro della house music a punto di riferimento per molti, negli ultimi due anni, con le sue “Lockdown Sessions” su Worldwide FM; Quantic, producer e polistrumentista dal talento poliedrico; MNDSGN, mago del beatmaking dal gusto sopraffino in tour con la sua nuova band (feat. Kiefer); e infine Lefto Early Bird, nome immancabile nel cartellone del festival, che a ogni edizione non finisce mai di stupire per ricercatezza nel sound e nella selezione.
Un’attenzione particolare è rivolta ai live, che spaziano attraverso generi e ispirazioni: dai cut-up elettronici dei belgi ECHT!, da alcuni già definiti i nuovi BADBADNOTGOOD, alla cumbia 2.0 di The Mauskovic Dance Band, fino al minimalismo visionario di Hania Rani e al songwriting assolutamente contemporaneo di Ditonellapiaga, artista che conferma l’attenzione del festival per le espressioni più attuali della musica made in Italy.

Spicca l’esordio assoluto italiano (a tutti gli effetti, un vero e proprio debutto europeo del nuovo tour) di Domi & JD Beck, i due enfant prodige cresciuti sotto l’ala di Thundercat e ora intercettati nientemeno che da Anderson Paak.; oltre a essersi avvalso della loro collaborazione per la scrittura e produzione del progetto Grammy Awards “Silk Sonic”, Paak. ha deciso di investire su di loro con l’uscita discografica sulla sua nuova label APESHIT, in partnership con la leggendaria Blue Note. Un progetto che sta suscitando un clamore senza precedenti, paragonabile a quello innescato in Italia dal nuovo live show di Mace con l’album “Obe”: per la prima volta dopo il tour indoor, Mace si esibirà open air con la formazione al completo, in un’esperienza che lui stesso definisce «an out of body experience». Un altro nome che ha sorprendentemente catturato l’attenzione mondiale è il one-man band Mezerg, la nuova superstar francese al confine tra l’estro surreale di Marc Rebillet e la stravagante visione della techno di Matthew Herbert.

A fronte di tante novità del panorama contemporaneo, a bilanciare la filosofia del festival non possono mancare leggende e veterani della scena. Direttamente da Detroit con la sua crew inimitabile, prenderà i comandi della console di San Quirico Moodymann, artista da sempre nel cuore di Jazz:Re:Found. Tra i pionieri e ambasciatori del suono di JZ:RF, irrinunciabile anche quest’anno la presenza di Raffaele Costantino, che regalerà al pubblico uno dei suoi eclettici dj set. Accanto a questi due veterani della consolle, due eccellenti nuove leve tutte al femmile, AliA e Catu Diosis, quest’ultima direttamente dal collettivo di base in Uganda Nyege Nyege: stili molto diversi ma simile efficacia sul dancefloor, freschezza, entusiasmo e grande energia nella selezione. Infine, una delle più grandi sorprese del panorama jazz internazionale, espatriata per trovare il meritato consenso, graditissima ospite a Jazz:Re:Found nel rappresentare uno dei più brillanti talenti della nuova jazz wave italiana: Maria Chiara Argirò, con il suo nuovo progetto “Forest City”.

1 SETTEMBRE
EMMA-JEAN THACKRAY
H19.00 Ecomuseo
HANIA RANI
H21.00 Main Stage
MACE
H22.30 Main Stage
RAFFAELE COSTANTINO
H23.55 San Quirico

2 SETTEMBRE
LTJ EXPERIENCE 
H16.00 San Quirico
JAZZ-O-TECH
H18.00 Ecomuseo
DITONELLAPIAGA
H20.45 Main Stage
MOODYMANN
H21.45 San Quirico
THE MAUSKOVIC DANCE BAND
H23.45 Main Stage
NYEGE NYEGE
H01.00 San Quirico
ALIA
H01.00 San Quirico

3 SETTEMBRE
SARA MAUTONE
H15.00 San Quirico
DONNA LEAKE
H17.00 Ecomuseo
LEFTO EARLY BIRD
H18.00/01.00 San Quirico
MNDSGN
H19.00 Ecomuseo
ALFA MIST
H20.30 Main Stage
QUANTIC
H22.00 San Quirico
ECHT!
H22.45 Ecomuseo
MEZERG
H23.45 Main Stage

4 SETTEMBRE
HANDSON FAMILY
H15.00 San Quirico
MARIA CHIARA ARGIRÒ
H16.30 Ecomuseo
LOUIE VEGA
H17.30 San Quirico
AZYMUTH
H19.00 Ecomuseo
DOMI & JD BECK
H21.00 Main Stage
CASINO ROYALE
H23.00 Main Stage
MA NU! B2B ANDREA PASSENGER
H00.30 San Quirico

BIGLIETTI DISPONIBILI SU DICE

https://link.dice.fm/E509762ad6e0

Sito web: https://jazzrefound.it/
Instagram: https://www.instagram.com/jazzrefound2k22/

SUMDAYZ FESTIVAL • il nuovo festival di musica elettronica ospite il 10 e 11 settembre alle vecchie cartiere di Citylab 971, che rivoluzionerà il panorama del clubbing di Roma è partner di DICE

I CONCERTI ANNUNCIATI
10 SETTEMBRE
Area 971 Stage
AGELESS
APOLLONIA
tINI
TRAUMER
VITHZ


Cube Stage
BLACK LOOPS
ELLIOT SCHOOLING
JEREMY UNDERGROUND
KOKO
LIAM PALMER
PETER LC


11 SETTEMBRE
Area 971 Stage
CHRISTIAN AB & QUEST
DOMENICO ROSA
GIAMMARCO ORSINI
GNMR
MARCOLINO
ONUER
ÖZER
SUGAR FREE

Cube Stage
BARAC
FABRIZIO SALA
PRASLESH (PRASLEA & RARESH
)
PRIKU
TRIAD


Location: vecchie cartiere di Citylab 971, Roma

Biglietti disponibili su DICE:
link.dice.fm/sumdayzfestival

 

Il 10 e 11 settembre, Roma diventa protagonista di sonorità elettroniche con Sumdayz, il nuovo festival di musica elettronica da quest’anno partner di DICE.

Sumdayz Festival: The Experience Begins si svolgerà presso le vecchie cartiere di CityLab 971 con numerosi artisti nazionali ed internazionali in scaletta. Si partità il 10 settembre con le leggende della house francese Apollonia, la regina della tech house tINI, i suoni eleganti di Traumer e artisti resident del festival come Ageless e Vithz che animeranno l’Area 971 mentre artisti del calibro di Black Loops, Elliot Schooling, Jeremy Underground, Koko, Liam Palmer e Peter LC saranno protagonisti del Cube Stage.
Gli headliner dell’11 settembre dell’Area 971 Stage saranno Onuer
Özer, beniamino dell’underground turco, e importanti artisti come Christian AB & QUEST, Sugar Free, Domenico Rosa, Giammarco Orsini, GNMR e Marcolino. Il Cube Stage sarà animato da sonorità rominimal, dal forte impatto sul panorama di musica dance elettronica underground, con i pioneri rumeni del genere Barac, Priku, Praslesh (Praslea & Raresh), a cui si deve la crescita e la rappresentazione in sempre più numerosi festival worldwide. Suoneranno, inoltre, resident del festival come Fabrizio Sala e Triad.

I biglietti sono in vendita su link.dice.fm/sumdayzfestivalcon una struttura a livelli che prevede prezzi ed esperienze diverse per i partecipanti. 

Sumdayz è stato fondato con l’unico obiettivo di creare il festival musicale più esperienziale d’Italia. Le ambizioni dell’azienda non si fermano a Roma e prevedono che il Sumdayz Festival venga presentato in altre città del mondo. “Il team di Sumdayz sta lavorando dalla fine del 2019 per mettere insieme questo festival di più giorni”, ha dichiarato Will Muir, cofondatore di Sumdayz. “Realizzare finalmente questo evento per una generazione di amanti della musica in una delle città più iconiche d’Europa è il nostro sogno che diventa realtà. Vogliamo riportare la gioia della musica dal vivo con un botto e ricostruire le connessioni perdute attraverso l’amore comune per l’esperienza, la musica e la danza”.

Sumdayz promette di essere il nuovo evento più importante nel calendario della città. Il festival multi-stage della capitale offrirà esperienze audio e visive coinvolgenti durante l’intero fine settimana, oltre ai beats da parte di alcuni dei più grandi e brillanti nomi della musica elettronica. Oltre a questo, il festival presenterà molte esperienze di intrattenimento e artistiche, tra cui una mostra d’arte digitale unica nel suo genere, proveniente da diverse produzioni curatoriali e campi creativi, un’esposizione artigianale e una selezione dei migliori venditori di street food romani che serviranno cibo di qualità. 

Il festival ospita oltre 6.000 persone e i biglietti sono già in vendita per quello che potrebbe rivelarsi un appuntamento musicale indimenticabile. 

BIGLIETTI DISPONIBILI SU DICE

link.dice.fm/sumdayzfestival

Sito web: https://www.sumdayz.com/
Facebook: https://www.facebook.com/sumdayzfestival
Instagram: https://www.instagram.com/sumdayzfestival/

Snarky Puppy @ Ultravox Firenze

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• Snarky Puppy •

Ultravox Firenze (Firenze) // 17 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Letizia Mugri

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Paolo Nutini @ Pistoia Blues

L’attesa inizia nel 2014, anno di pubblicazione di Caustic Love dopo il quale passano ben otto anni di silenzio fino alla recente uscita di Last Night in the Bittersweet, progetto con cui ha richiamato i fan attorno a sé, anche se non lo avevano mai scordato. Così, Paolo Nutini, il cantante britannico di origini toscane, ha chiuso l’ultima edizione del Pistoia Blues Festival con un sold out già annunciato e una piazza che lo ha circondato in un abbraccio caloroso di applausi, salti, sorrisi e canzoni cantate o masticate a fior di labbra. Un modo meraviglioso per accogliere chi ha lasciato un segno nel tuo cuore musicale, e per salutare una città che, come ogni anno, ospita vere e proprie esperienze sonore. 

Entrare nella piazza attraversando i controlli della sicurezza è ormai una prassi a cui non faccio più attenzione, tanto il servizio è veloce e professionale, senza intoppi e con tanta cortesia che, ammetto, fa sempre piacere. Vorrei dirvi che vedere tutte quelle persone in attesa mi sorprende, ma non è vero, lo trovo normale quando il palco promette tanta bravura ed emozioni, però ogni volta è come se fosse la prima, e ti fa piacere vedere quante persone hanno voglia di essere lì, come parte viva e pulsante dell’evento. A differenza della serata in cui si sono esibiti i Simple Minds, in piazza non ci sono sedie, ad eccezione dei classici spalti, ma non sembra un problema per nessuno, anzi, c’è un certo piacere a ricominciare a vivere i concerti come succedeva prima della pandemia. L’età è varia, un artista come Nutini riesce a riunire intere generazioni, e le differenze di qualsiasi tipo si annullano per qualche ora. 

Come la sera precedente, anche questa esibizione non è preceduta da nessun opener, Paolo Nutini sale sul palco semplicemente, esibendo una normalissima t-shirt chiara, jeans, un capello folto, forse qualche chiletto che il tempo ha concesso anche a lui, e tutta la voglia di infuocare quel pubblico che non aspetta altro da anni. Il loop rarefatto e potente di Afterneath apre il concerto, tra gli applausi e le voci estasiate del pubblico. Dall’aspetto del cantautore scozzese diresti che stava passando per caso davanti al palco, ha trovato un microfono, ha raccolto amici musicisti in una band e ha iniziato a cantare catturando l’attenzione di tutta la piazza. Non cerca di compiacere l’occhio del pubblico, a lui interessa l’orecchio e tutto ciò che può suscitare suonando, dimostrando di essere uno di quegli artisti talmente capaci che non deve vestirsi come un pagliaccio per riempire il palco. E Nutini sa come muoversi seguendo la propria musica, oppure facendosi seguire da essa, senza strategia, ma solo con la voglia di stare bene con chi lo ascolta. 

Grida i titoli delle canzoni come un regalo lanciato al suo pubblico, mentre lascia che altre parlino da sole con l’attacco delle prime note. Lose It è uno squarcio nell’aria, mentre Scream (Funk My Life Up) si avvale di un ritmo groovoso del funky, ma è con Acid Eyes che arriva, almeno per me, quella sensazione che prende ogni centimetro di pelle, partendo dal basso che sfoggia le sue capacità vocali tra toni alti e bassi, mentre il brano acquista un arrangiamento più rock rispetto all’originale. L’atmosfera sonora è rarefatta, sui monumenti vengono proiettati morbidi giochi di luce, mentre i battiti sono quelli del cuore di un pubblico che all’unisono inizia a cantare, e continuerà a farlo per molti altri brani, tra cui la sperata Candy, che riempie l’aria e il respiro di nostalgica e dolce fatalità. Intanto l’artista non solo canta, ma parla, fa delle battute, alza il bicchiere di birra per brindare con tutti quelli che sono lì, con il corpo, oppure solo col pensiero. Through the Echoes, invece, fa male, arriva con il suo timbro graffiante che ti strazia, non più un canto, quasi una richiesta di ascoltare veramente, prestare attenzione a chi abbiamo dentro di noi. Per Coming Up Easy il palco si popola di una schiera di sei corde che trasfigurano la piazza in un viaggio verso mete lontane, campi di qualcosa che attraversi con la mente, forse campi di quell’amore che la musica, solo lei, ti dà il coraggio di attraversare. 

Con il ritornello di Shine a Light, in pieno bis, coglie l’occasione di omaggiare i Simple Minds che lo hanno preceduto la sera prima cantando Don’t You (Forget About Me) per poi riprendere il suo brano, ma confermando così un legame con il gruppo che, come lui, proviene dal panorama musicale scozzese. L’esibizione dell’artista si conclude con un secondo bis in cui canta Guarda che luna di Fred Buscaglione, quell’omaggio ai grandi artisti del nostro passato che troppo spesso ci scordiamo. La canzone è struggente e inaspettata, come la sua interpretazione che è talmente intensa da rendere emozionato anche lui. In quel brano ci sono tutte le sue origini, tutta la sua sensibilità, la storia musicale che forse il padre si è portato dall’Italia e con cui è cresciuto. Il pubblico ascolta in religioso silenzio. C’è chi balla, chi si abbraccia, non necessariamente sono coppie, alcuni sono amici in piccoli gruppi. La musica quando è bella non ha età, e quando arriva ti scordi dell’alterigia con cui viene catalogata in compartimenti stagni e ti lasci solo trascinare dall’emozione del momento, dai ricordi che può evocare, o semplicemente dalla bellezza che senti far parte di te, anche se non sai come possa succedere. 

A fine serata, dalla piazza usciamo in una città che non ha voglia di dormire e popola il vivace centro mescolandosi a chi ha ancora le note nelle orecchie e nel cuore. Con me c’è Giulia, l’amica che mi ha accompagnata in questo concerto, e ha il sorriso più bello che si possa immaginare, oltre a tutta alla soddisfazione di chi ha vissuto una piccola bolla di sapone dove l’arte ci difende dalla noia quotidiana. In fin dei conti la felicità ha la distanza di un giro di do. Abbracci Pistoia con tutta la settimana che ti ha regalato, la stanchezza del corpo, la forza dello spirito, le luci che popolano ancora gli occhi. Si tratta di un arrivederci, ma già l’atmosfera del festival ti manca, solo qualche video e qualche scatto salvato sul cellulare ti dicono che non è stato un sogno, che è stato tutto vero. Saluti con il pensiero tutti quelli che hanno reso possibile questa bella esperienza, dagli artisti ai fonici, al servizio di sicurezza, perché tutti sono importanti perché un concerto possa essere realizzato. E non rimane altro che aspettare l’edizione del 2023.

 

Alma Marlia

Idles @ Padova & Roma

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• IDLES •

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Parco della Musica (Padova) // 15 Luglio 2022

Ippodromo delle Capannelle c/o Rock In Roma (Roma) // 16 Luglio 2022

 

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Due anni fa, il Parco della Musica di Padova annunciava il primo grande evento estivo: il concerto della formazione inglese Idles.

L’hype schizzò subito alle stelle per quello che si prospettava un concerto imperdibile per appassionati e seguaci del genere ma non solo. Qualche settimana più tardi il governo annunciava il lockdown con cui iniziava il tristemente noto periodo pandemico. Il concerto degli Idles venne quindi rimandato all’anno successivo per poi avere luogo solo due anni più tardi.

Nel frattempo lo scenario mondiale è cambiato, il pubblico è cambiato, gli eventi – in un certo senso – sono cambiati. Ma andiamo con ordine.

Venerdì 15 Luglio 2022 è il giorno tanto atteso della data patavina della band di Bristol e il Parco della Musica si prepara ad accogliere il pubblico. Padova è la seconda data del weekend italiano degli Idles e arriva subito dopo un Carroponte (Milano) gremito e trionfante. Bisogna fare meglio o per lo meno eguagliare.

Negli ultimi tempi Joe Talbot e soci non sono certo rimasti fermi ma anzi, l’ultimo disco in studio Crawler (Novembre 2021) li ha portati in giro per i vari festival che quest’anno hanno potuto svolgersi dopo lo stop pandemico. Si sente dire da chi è tornato dai festival quanto spaccano dal vivo, quanto sono carichi, coinvolgenti, gli Idles un must have dei live in circolazione. Stasera li mettiamo alla prova.

L’apertura è affidata ai romani Calzeeni, band che accompagna i nostri eroi per tre date su quatto previste. Purtroppo chi scrive ha perso l’opening act a causa di disagi autostradali (fare il tratto Verona – Padova la sera d’estate è come fare la fila alle poste) ma, stando a quanto sento una volta a destinazione, mi sono perso solamente un tuffo nel punk anni ’90.

Arrivo in tempo per vedere Mr. Talbot e i suoi salire sullo stage accolti da una folla festante e affamata di pogo e sudore. Fin dalle prime note capiamo quello che ci aspetta.

Gli inglesi ruggiscono sul palco e ringhiano il loro post punk grezzo e incazzato, pesante come un macigno, dolce come un pugno dritto in pancia. La batteria martellante di Joe Beavis scandisce il pogo che parte all’istante dalle prime file. Il potente suono che dal palco si diffonde nel parco entra nelle orecchie dei presenti come una sassata contro un vetro. Se su disco gli Idles non scherzano, dal vivo si difendono anche meglio ed è proprio sul palco che la vena hardcore punk supera di gran lunga quella post punk che rimane però la base compositiva dei nostri.

Per quanto post punk sia un genere ampio e ormai parecchio abusato, rispecchia però il sound della band inglese che ci ricorda i momenti più incazzati dei Killing Joke nei loro periodi più illuminati, passando per i fraseggi disordinati alla Gang Of Four.

La scaletta è quella che ti immagini: spazio alle tracce dall’ultimo disco e qualche vecchia gloria qua e là, soprattutto sul finale.

Per quanto mi riguarda i momenti più elettrizzanti sono stati l’esecuzione di Meds, le chitarre impazzite di War e le grida di Crawl. Pieni voti anche per la tenuta del palco e il carisma di Talbot che fra un “grazi mille” e un altro non annoia mai chi ascolta senza essere coinvolto nel pogo.

Un’ora e quaranta più tardi gli Idles ci salutano lasciandoci sudati e senza fiato. Come non accadeva da tempo, il palco del parco si spegne e la matassa di gente avvinghiata subito sotto si scioglie lasciando scorrere una marea di facce sconvolte dal caldo, dallo show e dalla musica che fino a poco prima ha schiantato i timpani. Mi piace molto il pubblico che vedo intorno, un carosello di magliette di Misfits, Descendents, ma anche camicie hipster floreali, qualche abito nero e un po’ metal qua e là. La magia è finita e si torna a casa e lo facciamo con le orecchie fischianti che implorano un altro concerto del genere.

Che la musica dal vivo sia finalmente ripartita lo si era capito da qualche mese ma è con concerti del genere che si capisce cosa abbiamo perduto nei due anni precedenti.

 

Testo di Fernando Maistrello

Foto di Siddharta Mancini (Padova), Simone Asciutti (Roma)
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Manuel Agnelli @ Botanique

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• Manuel Agnelli •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 16 Luglio 2022

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foto di Francesca Garattoni

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LP in concerto lun 18/7 al Musart Festival Firenze – la cantautrice americana e i suoi brani più amati // Altri eventi: Peppe Voltarelli (dom 17) – Giuseppe Scarpato (lun 18)

LP in concerto al Musart Festival Firenze
Da “Lost on You” ai brani del nuovo album “Churches”,
i successi della cantautrice americana

Domenica 17 luglio Peppe Voltarelli in concerto al Cortile degli Uomini
Lunedì 18 luglio Giuseppe Scarpato in concerto a Marradi

LP

Lunedì 18 luglio 2022 – ore 21.15
Musart Festival – Piazza della Santissima Annunziata – Firenze

 

Finalmente LP al Musart Festival di Firenze. Dopo due anni di attesa, lunedì 18 luglio la cantautrice americana sarà sul palco di piazza della Santissima Annunziata. In scaletta i successi che hanno scalato le classifiche di tutto il mondo: da “Lost on You” a “The One That You Love”, fino ai brani del nuovo album “Churches”, uscito pochi mesi prima del tour.

Inizio ore 21,15. I biglietti – posti numerati da 34,50 a 69 euro – sono disponibili online sul sito ufficiale www.musartfestival.it (info tel. 055.667566) e nei punti Boxoffice Toscana www.boxofficetoscana.it/punti-vendita. Biglietti in vendita la sera dello spettacolo alla biglietteria del Musart Festival, via degli Alfani 39. Disponibile anche un Gold Package (129 euro) che, al biglietto di primo settore, aggiunge catering con buffet e, prima dello spettacolo, visita guidata ai luoghi d’arte legati al progetto Musart. Si recupera il concerto previsto per luglio 2020 e poi posticipato al 2021 e infine al 2022 a seguito della pandemia. Restano validi i biglietti acquistati per tutte le date.

Musart Festival propone anche i concerti di Peppe Voltarelli, domenica 17 luglio al Cortile degli Uomini dell’Istituto degli Innocenti (ore 21,15, sempre in piazza della Santissima Annunziata), e di Giuseppe Scarpato, lunedì 18 luglio alla Corte delle Domenicane di Marradi, nell’ambito degli eventi fuori città. Cantautore, anzi cantastorie, scrittore, attore, Peppe Voltarelli è tra gli artisti più eclettici ed estroversi in circolazione: “1992/2022 trent’anni di canzoni” è uno spettacolo di musica e parole che, partendo dai primi dischi pubblicati negli anni 90, racconta la traiettoria artistica di una ricerca che si muove tra la tarantella punk e la canzone d’autore con incursioni nel blues e nel teatro canzone.
Da anni chitarrista e produttore di Edoardo Bennato, Giuseppe Scarpato si presenta a capo del Hillside Power Trio, con Marco Polidori al basso e Gennaro Scarpato alla batteria. Formazione rodatissima che spazia dal rock al blues, dal funky al reggae, alternando brani propri e cover d’autore, presentate con arrangiamenti originali. Il gruppo ù ha collaborato con Piero Pelù, Alex Britti, Enrico Ruggeri, Velvet, Emma, Negrita e molti altri nomi noti del rock e del pop italiano.

Per LP ognuno di noi è un tempio, e in effetti se la Chiesa di LP, il perno su cui ruota il nuovo album “Churches” è l’amore, possiamo anche dire che tutte le sue canzoni si muovono in una traiettoria che è quella del rock fatto di fragilità e di forze, di melodie (vedi proprio “Churches”, “Yes”, “The One That You Love”) e di irruenze rock’n’roll. Del resto, tutti i movimenti dell’album girano intorno al cuore, alle relazioni, alla dichiarazione, e sicuramente sono state rafforzate, nella poetica, da questo momento di assenza, che nell’orizzonte musicale di LP l’ha aiutata a nutrire lo spirito delle sue composizioni.
Non c’è soltanto energia o irruenza, fra le pieghe di brani come “Safe Here” o nella combattiva e malinconica “Can’t Let You Leave”, c’è lirismo, c’è il volo altissimo di “When We Touch”, ci sono le collaborazioni, che sottolineano una tendenza a condividere emozione e creazione, in qualche modo a elaborarle assieme ad altri.
E c’è anche l’acustico che diventa elettrico – e viceversa – gli arrangiamenti che esplodono, come nel taglio secco e contagioso di “Goodbye”, il saluto necessario per ricominciare.
Non è un disco di rimpianti, “Churches”; è piuttosto il punto da cui ripartire, dal tempio, appunto, che siamo noi stessi e dalle relazioni che ci sostengono. Non è mai stata così vasta la musica di LP: un caleidoscopio in cui pop, rock, soul e un pizzico di folk (o addirittura dance) convivono fra di loro, senza mai stonare.

VISITE A LUOGHI D’ARTE – Prima dello spettacolo di LP – dalle ore 20 alle 21,15 — si potranno visitare gratuitamente giardini, luoghi di culto e palazzi monumentali adiacenti a piazza della Santissima Annunziata. Tra questi la Chiesa di S. Francesco Poverino, il Giardino del Museo Archeologico (solo il 20 luglio), il Museo dell’Istituto Geografico Militare, la Basilica di SS. Annunziata, la Mensa della Caritas Diocesana di S. Francesco ed i Cortili Monumentali dell’Istituto degli Innocenti.

MOSTRA BECAUSE THE NIGHT – Springsteen, Madonna e Cremonini allo stadio Franchi. Jovanotti, Vasco, Morricone e gli Spandau Ballet al Mandela Forum…
I grandi concerti fiorentini degli ultimi 12 anni rivivono nell’edizione 2022 della mostra fotografica “Because the night”. Tutti gli scatti sono a firma di Marco Borrelli. La mostra è in programma fino al martedì 26 luglio all’Ex Tipografia dell’Istituto Geografico Militare di Firenze (via Cesare Battisti 12, adiacente a piazza Santissima Annunziata). Per gli spettatori degli spettacoli serali, la mostra è aperta dalle 20 alle 21 con ingresso libero e riservato.

Musart è il festival che abbina grandi nomi dello spettacolo al fascino secolare di Firenze, in programma dal 13 al 26 luglio 2022. Sul palco principale di piazza della Santissima Annunziata saranno di scena Roberto Bolle, LP, Riccardo Cocciante, Achille Lauro, Vinicio Capossela, Goran Bregovic, Rock The Opera, Steve Hackett e Dado Moroni. Programma completo www.musartfestival.it.
Musart Festival è prodotto dall’associazione culturale Musart in collaborazione con Istituto degli Innocenti e Università degli Studi di Firenze. Main Supporter Fondazione CR Firenze, con il contributo di Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze, Comune di Firenze-Estate Fiorentina 2022, Toscana Promozione Turistica ed il sostegno di Publiacqua, Chianti Banca, Unicoop Firenze, Sammontana, Findomestic e Ruffino. Media Partner Destination Florence. La direzione artistica è a cura di Stefano Senardi.



Biglietti posti numerati LP
1° settore 69 euro
2° settore 57,50 euro
3° settore 46,00 euro
4° settore 34,50 euro
Gold Package 129 euro

Prevendite
Sul sito ufficiale www.musartfestival.it (info tel. 055/667566) e nei punti Boxoffice Toscana www.boxofficetoscana.it/punti-vendita

Info Musart Festival Firenze
Piazza della Santissima Annunziata – Firenze
Ingresso da via de’ Servi – Biglietteria via degli Alfani, 39
Info tel. 055.667566 – www.musartfestival.it
Facebook: @MusArtFestival

Ufficio stampa Musart Festival: Marco Mannucci
[email protected] cell. 347.7985172

Musica, Pornostalgia e Willie Peyote

Al secolo si chiama Guglielmo Bruno, classe 1985, proviene da Torino, città della Mole, delle macchine, del caffè, della cioccolata e delle origini del cinema italiano. In arte si chiama Willie Peyote e il 6 agosto aprirà la prima edizione del Sogliano Sonica Festival, presentando al pubblico Pornostalgia, l’ultimo progetto che si è inserito quest’anno nel panorama musicale nostrano. Su Twitter si definisce “Nichilista, torinese e disoccupato, perché dire cantautore fa subito festa dell’unità e dire rapper fa subito bimbominkia”. Con VEZ Magazine si è rivelato un artista dalle idee chiare e dalla grande passione che unisce al divertimento per ciò che fa. 

 

Vorrei partire dal 6 agosto perché avrai l’onore di aprire la prima edizione del Sogliano Sonica Festival. Cosa ti aspetti da questa data e come ti trovi a suonare in Romagna?

“Mi trovo bene, ma, lo sai, è difficile trovarsi male in Romagna. L’anno scorso il tour iniziò da Cesena, quindi ho un legame molto stretto con la Romagna e con tutta la scena romagnola. Sono contento ed è un onore aprire il Sogliano Sonica. Spero di farlo al meglio.”

 

Quando il rap è uscito dai quartieri afroamericani degli U.S.A. e si è diffuso a livello mondiale, c’è stata una frattura tra i puristi della musica che lo disprezzavano e chi invece ne accoglieva la novità e la modernità. Sapendo che tu provieni da una famiglia di musicisti, come hanno reagito alla notizia che ti saresti dedicato al rap?

“In realtà bene, nel senso che non era tanto il genere musicale quanto i contenuti l’aspetto a cui è sempre stata interessata la mia famiglia. Non hanno mai posto limiti all’ascolto di generi anche diversi da quelli che ascoltavano loro, perché viviamo in un contesto in cui si apprezza la musica come condivisione. Quindi non avevano limiti dovuti al genere, era più una questione di contenuti, perché alcune volte il rap ha una modalità molto hardcore di scrittura ed esposizione dei pezzi. Comunque, non mi hanno mai posto limiti, ho una famiglia molto aperta sui gusti musicali.”

 

Nelle tue tracce tu parli in modo chiaro e schietto. Conviene sempre parlare in modo chiaro?

“Convenire no, perché come sai la convenienza è un concetto che dipende dalle situazioni e dalle persone che ti circondano. Convenire, no. Lo trovo opportuno, soprattutto quando si parla di rap. Mi sono avvicinato al rap proprio perché è un genere schietto e diretto, quindi lo trovo parte della sua stessa forma artistica. Non riesco a pensare a un rap che non sia in qualche modo diretto e hardcore. Parlare chiaro anche nella vita non sempre è conveniente, ma questo non vuol dire che non sia giusto.”

 

In Pornostalgia troviamo la traccia Robespierre dove tu dici “Come Robespierre taglio la testa ai re/Fino a che non taglieranno la testa a me”, che è una chiara sfida al sistema, la voce di chi vi si pone contro rischiando tutto, anche se ci vive dentro. Quanto può essere difficile opporsi a un sistema, come può essere l’industria musicale, facendone parte? 

“Opporsi a un sistema di cui si fa parte è un concetto che rischia di essere fine a sé stesso. Io mi pongo contro un certo atteggiamento. Di per sé l’industria musicale non è sbagliata, credo che sia sbagliato l’approccio di quegli artisti che si lasciano un po’ troppo trascinare da altri nelle scelte e non dal proprio gusto musicale. Ci si dovrebbe sempre ricordare i motivi per cui sogniamo oppure si inizia a fare i musicisti, perché si rischia di perdere il contatto con quelli che sono stati i motivi che ci hanno spinto a fare delle scelte nella vita. Anche perché, pur inserendosi nelle regole del mercato, ed è normale che sia così, si può proporre una cognizione che sia un po’ più profonda e non solo volta al raggiungimento di obiettivi molto veloci, perché più velocemente raggiungi un obiettivo, più velocemente devi trovarne un altro da raggiungere.”

 

Quindi secondo te l’artista, anche quando è arrivato, deve concedersi più profondità ed emotività? Oppure può e deve fare altro?

“Ognuno deve fare le proprie scelte. Spero solo che siano tutti in pace con loro stessi per le scelte che fanno, che non si lascino troppo trascinare dalle leggi di mercato e dalle scelte altrui, perché penso che l’arte nasca soprattutto dalla libertà di esprimere sé stessi. Nel momento in cui ci si trova vincolati nell’esprimere quello che viene chiesto e non quello che provi, si perde il senso dell’arte.”

 

A proposito del mercato musicale: cosa ne pensi dei featuring in generale? Cosa possono portare agli artisti e cosa al pubblico?

“I featuring a me piacciono molto, li apprezzo, li faccio io per primo. Anche lì, dipende dalle logiche con cui si fanno certi progetti. Le persone che chiamo nei miei dischi sono artisti che stimo, persone che, prevalentemente, conosco umanamente, con cui condivido anche discussioni sui temi che poi andiamo ad affrontare nelle canzoni. Quando i featuring, invece, vengono creati a tavolino, credo che si perda il senso della collaborazione artistica perché effettivamente si perde il concetto artistico. Trovo interessante veder collaborare artisti diversi. Più diversi sono, più il lavoro è interessante.”

 

Sempre lo stesso film è una dedica a Libero De Rienzo dove emerge, però, anche un racconto autobiografico. Puoi dirci qualcosa di più?

“Il pezzo racconta gli ultimi mesi prima dell’uscita del disco, quindi questo ultimo anno che ci ha portato fino a qui, anno in cui c’è stata anche la scomparsa di Picchio. Per me lui è sempre stato un riferimento prima di tutto artistico perché io sono cresciuto guardando Santa Maradona, volendo essere lui, traendo ispirazione anche dal suo personaggio. Poi ho avuto modo di capire che non era un personaggio, che era proprio lui, che era sempre così, una splendida persona, un grande artista che ho apprezzato tanto anche lavorandoci insieme. Nelle conversazioni notturne mi ha dato anche un modo di vedere, un approccio che cerco di raccontare nel disco e in quella canzone in particolare: il discorso per cui il coraggio vale più del talento, le scelte difficili che hanno influenzato anche la sua fama. Se avesse fatto scelte più facili, sarebbe stato anche molto più riconosciuto dal pubblico, invece ha fatto sempre scelte coraggiose e coerenti con la sua visione artistica. Poterlo vedere da vicino, conoscerlo, condividere certi momenti mi hanno dato la conferma che si può fare anche così, si deve solo essere consapevoli che questa cosa non porta ad essere il bisogno di tutti, ma non tutti dobbiamo essere il bisogno di tutti.” 

 

Cosa è per te la Pornostalgia?

“Guarda, Santa Maradona presenta piuttosto bene il concetto di pornostalgia, nel senso che poi è un film che per me è stato formativo tra i diciotto e i venti anni, un film che ancora mi porto dentro. Ho anche potuto conoscerne i protagonisti, non solo gli attori, ma anche chi ha composto la colonna sonora, che per me è stata epocale. Inoltre, oggi mi trovo a vivere in una casa che si affaccia su uno dei luoghi in cui è stata girata una scena del film, e quando l’ho comprata non lo sapevo. In qualche modo è un film che mi accompagna sempre. Quindi se mi chiedi cosa rappresenta la pornostalgia ti direi Santa Maradona, oppure la trattoria, andare allo stadio con mio padre. Quella è secondo me la pornostalgia.” 

 

Alma Marlia

Simple Minds @ Pistoia Blues

Ma suonano ancora? Assolutamente sì, e non solo suonano, celebrano i loro 40 anni di hit con un tour mondiale dove Celebrating 40 Years of Hits diventa un vero e proprio motto. Questi sono i Simple Minds, che finalmente, dopo due anni di rinvii a causa della pandemia, hanno fatto tappa il 15 luglio al Pistoia Blues Festival 2022, scegliendo il palco toscano per esibirsi in una serata che ha abbracciato musicalmente i 42 anni della loro carriera con una formazione diversa da quella degli esordi, ma sempre capitanata dalla voce di Jim Kerr e dalle corde di Charlie Burchill.

Provenienti dalla Scozia, terra di musica raffinata tra cui troviamo anche artisti come i Franz Ferdinand e Mogwai, i Simple Minds provengono dalla scena punk della Glasgow anni ’70 per poi addentrarsi negli anni ’80 con una serie di singoli di successo come Promised You a Miracle del 1982 o Waterfront del 1983. Tuttavia, è con la pubblicazione di Don’t You (Forget About Me) nel 1985 che diventano una delle più grandi band mondiali e tra la fine degli anni ’80 e dell’inizio degli anni ’90 vendono circa 60 milioni di dischi in tutto il mondo. Ma è proprio negli anni ’90 che per il gruppo inizia un lento declino e per un po’ la band si riduce a un duo formato da Jim Kerr e Charlie Burchill. Sono gli anni 2000 che vedono i Simple Minds riprendere forza pubblicando non meno di sette album in studio, tra cui l’ultimo, Walk Between Worlds del 2018, che ha raggiunto la quarta posizione nella classifica degli album del Regno Unito, e andare in tournée con l’arrivo dei nuovi membri Cherisse Osei alla batteria, Berenice Scott alle tastiere, Ged Grimes al basso.

Con questi ricordi in mente, mi avvicino alla piazza dove vedo file serpentine di un pubblico eterogeneo, accomunato dall’aver passato l’adolescenza in pieni anni ’80, e pronto, per una sera, a tornare indietro nel tempo, con un po’ di nostalgia per il tempo passato, e la voglia di catturarlo per una qualche ora di nuovo nel presente. Il concerto è sold out, la piazza è piena di sedie pronte ad accogliere il pubblico, ma nei dintorni c’è anche chi, non avendo potuto comprare il biglietto, aspetta trepidante ai margini, oltre le transenne, nella speranza di catturare qualche nota, un pezzo di strofa, chissà, magari quello che li ha fatti innamorare tanti anni fa. 

Il concerto inizia senza un’esibizione di una band di supporto, su un palco che si accende di luci e colori vivi e forti, che infuocano subito la piazza con le prime note e un Jim Kerr ansioso di concedersi al pubblico con la sua voce e sonorità sintetiche hanno trascinato il pubblico presente in un sound di pieni anni ’80. Kerr si muove sul palco con voglia di divertirsi e disinvoltura e anche se l’aspetto tradisce gli anni che sono passati, la sua energia sembra non essere stata toccata dal tempo. Parla in un italiano stentato ma efficace con il pubblico, l’impatto emotivo è alto, mentre Glittering Prize si muove su uno sfondo di paillette scintillanti che salgono verso un cielo indefinito insieme alla sua voce e neppure l’inciampo di qualche parola scordata di Promised You a Miracle lo ferma: Kerr chiede scusa e ricomincia, tra gli applausi di tutti, perché solo chi ama davvero ciò che fa può cadere senza abbattersi, e rialzandosi sempre. 

Dalla leggerezza di Promised You a Miracle, l’aria si riempie delle iniziali sfumature più cupe di Book of Brilliant Things dove la voce calda e profonda di Sarah Brown incanta il pubblico, mentre la musica lo scuote con la deriva rock che esplode successivamente, e da un canto evocativo, con l’arrivo di Kerr passa a vera grinta. La Osei fa scalpitare il pubblico con il suo assolo di batteria, lei che sta con i suoi strumenti al centro del palco, in alto, come una dea che abbraccia e sorveglia la band e il pubblico, si muove con forza e decisione, i capelli che si sono raffiche di battiti nell’aria, e le bacchette che sembrano l’estensione del suo corpo. Ed è in quel momento che sai che da grande vorrai diventare una tosta batterista. 

Mi guardo intorno e vedo che il pubblico ormai si è alzato, pochi sono quelli rimasti seduti, i più temerari vanno sotto il palco a scattare una foto per cui sono pronti a rischiare tutto, anche il rimprovero del servizio di sicurezza, e scappare felici come se avessero rubato un attimo di gioia. C’è chi balla e canta, come ballava e cantava il pubblico di giovanissimi del concerto di Ariete della serata precedente. Negli occhi la stessa voglia di musica e di libertà. Li immagini nella loro quotidianità, nella varietà dei mille lavori, magari seri professionisti, madri e padri attenti e preoccupati di ogni inquietudine dei propri figli, e poi li vedi lì, lontani dai pensieri per il momento di un concerto. Mentre l’immaginazione cavalca, Kerr incita tutti ad avvicinarsi al palco ed è il delirio, vengo travolta di ondate di persone che scendono dagli spalti per prendere un posto in prima linea, che si fanno spazio tra le sedie, le allontanano per vivere il concerto come deve essere vissuto: con tutto il proprio corpo. Magnificamente indisciplinati. Con l’attesissima Don’t you (Forget About Me) si raggiunge l’estasi e il delirio esplodono, e tutto è lecito, anche ballare come se non ci fosse un domani con passi che il tempo sembra aver scordato ma che la musica, solo per noi, riporta. Il brano viene interpretato con una sezione di canto extra-lunga, Kerr porge il microfono al pubblico per farlo partecipare e il pubblico non se lo fa ripetere due volte, anzi, non vedeva l’ora e canta a loop un “Lalala” per un tempo che sembra infinito. 

Il bis di rito inizia con un “Non vogliamo andare a casa! Vogliamo suonare più musica!” gridato da Kerr al microfono, in cambio di un boato di voci e applausi. Berenice Scott lascia le tastiere per duettare con la Brown in Speed Your Love to Me che diventa dolce ed evocativa, delicata, quasi una pausa che apre all’attesissima Alive and Kicking, decisa e potente. Il concerto si chiude con Sanctifying Yourself, il kick potente della batteria incalza le persone a ballare, la voce di Kerr invita a perdersi per una volta oppure per sempre su uno sfondo rosso dove volano sagome di colombe bianche. C’è il rock nell’aria, la voglia di scrollarsi i problemi via di dosso, barattarli per un po’ di bellissime note. 

Vado via dalla piazza con adrenalina nel cuore e nelle gambe, ma tra tutte le canzoni che hanno infiammato la serata, ripenso alla ballata Belfast Child, che ha ammutolito la piazza in religioso silenzio, per poi riempire l’aria di synth e batteria, con l’abbraccio della chitarra elettrica di Burchill. Una pausa surreale con il timbro di Kerr che riesce sempre a librarsi nell’aria, anche se il tempo gli ha donato delle sfumature a volte più basse, ma non per questo ne ha intaccato l’intensità. Mi vengono alla mente alcune critiche che ho letto per esibizioni per altri gruppi e cantanti a cui il tempo ha inevitabilmente cambiato un po’ la voce. Più che critiche, vendette musicali. Eppure questi artisti continuano a fare musica da anni, continuano a far provare emozioni, sensazioni che altrimenti rimarrebbero chiuse lì, in qualche parte di noi che neppure conosciamo. Questa è per me l’arte, non mantenere le corde vocali dei vent’anni, che poi, alla fine, l’età passa anche per il pubblico, ed è bello vedere che viaggiamo verso il futuro insieme. 

 

Alma Marlia

The Smile @ Piazza Trento Trieste

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• The Smile •

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FERRARA SOTTO LE STELLE | FERRARA SUMMER FESTIVAL

Piazza Trento Trieste (Ferrara) // 15 Luglio 2022

 

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Foto di Lucia Adele Nanni
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Interpol “The Other Side of Make-Believe” (Matador Records, 2022)

“C’è sempre una settima occasione per una prima impressione”. Ci dice così Paul Banks, frontman e cantante degli Interpol, alla viglia dell’uscita di The Other Side of Make-Believe, settimo disco della band newyorkese. A quattro anni dall’ultimo lavoro –  Marauder (Matador Records, 2018) – gli Interpol si riscoprono la band indie rock che erano ai tempi del mai troppo amato Antics (Matador Records, 2014),  proponendo un album vivace, ispirato e preciso.

Quello che ha sempre contraddistinto la produzione degli Interpol è l’attenzione alla composizione, sempre sobria ed elegante, dei pezzi dove la chitarra dialoga sapientemente con la parte ritmica. Come è diventato un marchio di fabbrica la distorsione tagliente delle corde, inimitabile è anche la voce di Banks, seria, compunta e mai fuori posto. The Other Side of Make-Believe fa pensare ai primi dischi con pezzi come Fables o Renegade Hearts, anche se l’ispirazione si coglie nel vivo con i riff di Mr Credit, un pezzo squisitamente alla Interpol ma con una marcia in più. La vena darkwave non manca e si fa possente in brani come Greenwich o Into The Night, il cui giro di basso ammicca ai Joy Division.

Banks e soci sono sempre stati affini al post punk evocativo e nostalgico, senza perdere mai l’occasione di ricordare a chi ascolta la tragedia del vivere. Nota di merito va al pezzo di chiusura, Go Easy (Palermo), breve ma intensa ode alla malinconia.

Tornando alle parole di apertura, il nuovo modo di scrittura del disco – scritto e composto in isolamento per cause note sui monti – ha portato un’ispirazione diversa alla band, una vena compositiva che guarda al passato per riscoprirsi nel presente.

Il disco piacerà alla vecchia guardia dei fan, contenti di ritrovare le origini della band ma, non di meno, accontenterà anche chi si avvicina per la prima volta, forse per sentito dire. Con The Other Side of Make-Believe, l’oscurità si mette giacca e cravatta e sfila accanto ai suoi interpreti, gli ultimi veri gentlemen dell’indie rock.

 

Interpol

The Other Side of Make-Believe

Matador Records

 

Fernando G. Maistrello