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Mese: Luglio 2022

Superorganism “World Wide Pop” (Domino, 2022)

La storia dei Superorganism non è decisamente quella canonica che abbiamo sentito milioni e milioni di volte, degli amici dell’infanzia che passavano ore ed ore a suonare nel garage di qualche zio e si esibivano alle feste del liceo. I nostri beniamini infatti provengono non solo da Paesi diversi, ma proprio da emisferi differenti (UK, Giappone e Australia) e sono entrati in contatto grazie a diversi forum online di musica, coltivando una sincera amicizia basata su scambio di canzoni e meme. Il legame virtuale diventò così profondo che nel 2017 si trasferirono quasi tutti (la cantante giapponese Orono Noguchi all’epoca studiava negli USA ma mandò la registrazione della sua voce ovviamente online) a Londra nello stesso appartamento per lavorare sulle loro produzioni psychedelic indie pop e postandoli ovunque nel mondo del web, finchè non arrivarono alle orecchie della Domino, che decise di scritturarli immediatamente. Così nel 2018 uscì il primo disco omonimo dei Superoganism che li impegnò in una tournèe mondiale e milioni di dischi venduti. 

Ora, a distanza di quattro anni, tornano con un secondo attesissimo disco, in uscita sempre con la stessa etichetta. La band ha subito alcune variazioni nella composizione ma lo spirito è rimasto invariato. La forza di questo gruppo sta tutta nell’estetica peculiare che li caratterizza, ricca di uno stile hipster un po’ sfigatino ma che oggi risulta cool, accompagnato da balletti che spopoleranno su TikTok e video musicali pieni di meme, unicorni ed arcobaleni. In tutto e per tutto figli di internet e la loro musica trasuda questo stile caleidoscopico ad ogni nota. 

Il nuovo disco, infatti, è farcito di basi pop prettamente stroboscopiche, autotune e chitarrine sghembe che lo rendono un ascolto piacevole e leggero, ricordando degli acerbi Tame Impala. Il primo singolo Teenager è un’ottima anteprima del mood di tutto l’album: sound melodioso ed orecchiabile con un video colmo di galassie iper colorate, delfini, e la band che cavalca un hot dog gigante mentre l’attore Brian Jordan Alvarez (ve lo ricordate in Will and Grace?) balla come se nessuno lo stesse guardando. 
Non fatevi ingannare dagli arcobaleni e dagli animaletti pucciosi, i testi della band spesso raccolgono alla perfezione i momenti di confusione e di solitudine che la nostra generazione sta attraversando, basti ascoltare Black Hole Baby oppure Everything Falls Apart, dove la sensazione che il mondo faccia acqua da tutte le parti è descritta con ritornelli soavi e post su instagram.  

Questo secondo disco conferma l’anima pop psichedelica della band senza cadere nello scontato e nel ripetitivo, pronto a diventare un trend glitterato da un momento all’altro.

 

Superorganism

World Wide Pop

Domino

 

Alessandra D’Aloise

Deaf Havana “The Present Is A Foreign Land” (SO Recordings, 2022)

I Deaf Havana tornano con un nuovo album, l’atteso The Present Is A Foreign Land, dopo quattro anni dall’ultimo disco Rituals, con un nuovo volto che vede la line up ufficiale ridotta ai due fratelli James e Matthew Veck-Gilodi.

I cambi di formazione sono stati frequenti per questa band, tanto quanto i loro cambi di stile all’interno del macro cosmo Rock.

Hanno iniziato da giovanissimi con un impetuoso Post Hardcore – Screamo che li ha portati a farsi le ossa sui palchi europei e facendosi piacere ai più.

Dopo l’abbandono da parte dello screamer Ryan Mellor (2005-2010) è quindi James a prendere completamente posto sotto il riflettore. Qualche anno dopo verrà finalmente introdotto suo fratello Matthew, tassello fondamentale per una sterzata decisiva, dando la chance alla band di vertire su un genere più melodico, iniziando le prime sperimentazioni di ibridazioni con il Pop, ma mantenendo comunque un forte carattere alternativo.

Negli anni, le parole sudano copiose tra chitarre che dialogano armoniose attraverso delay e riverberi, un loro trademark fondamentale, ed emozionano il pubblico che non può non rivedersi in scene quotidiane di relazioni complicate, di amicizie profonde suggellate negli anni, e rivalutate nel tempo che passa.

Il tema del tempo che passa per James è molto ricorrente e serve spesso come retrospettiva per confrontarsi sulla propria maturazione, ciò che il tempo gli ha portato via o ciò che nel tempo è riuscito a conquistare.

È proprio in Kids, uno dei singoli estratti dall’album, in cui possiamo notare questo aspetto di malinconia nel rivedere in maniera critica eventi passati e con la volontà di non voler perdere quella leggerezza del vivere tipica dei giovani, leggerezza persa nell’esorabile presa di coscienza di divenire adulti.

“Was it all in my mind? (we were just kids)
‘cause everyone else grew older in time (we were just kids)
I’ll be alone forever (we were just kids)
together (we were just kids)”

In Going Clear i Deaf Havana sviscerano il problema della dipendenza da stupefacenti, più volte trattato da James in maniera alle volte sottile, alle volte più esplicita.
In questo brano viene descritto l’aspetto della dipendenza  attraverso impatti fisici e psicologici descritti così limpidamente tanto da procurare i brividi a chi ascolta.
La sofferenza e il senso di alienazione è palpabile, come la sensazione di arresa o di conseguente rassegnazione.

“I don’t know what’s happening to me
I wake up soaking in my sheets
I do lines on the weekend
I do lines with my real friends
don’t you say a prayer for me
sometimes I pray I die in my sleep”.

Il carattere più forte e personale che ne emerge è l’ammissione di quanto sia difficile uscire da certe situazioni, e che ricaderci costantemente sia quasi un sintomo, alla fine, di rendersi conto di non essere del tutto convinti o pronti a seguire un percorso atto alla svolta conclusiva di distacco dalle sostanze 

“I fall back behind my lies
maybe I don’t wanna be sober”.

Non mancano in questo album, come in quelli precedenti, brani acustici o produzioni più introspettive alimentate dall’ausilio di un sempre più presente utilizzo di elementi derivanti dall’elettronica, come Nevermind, Trying-Falling e Somewhere (ft. IDER).

Il sound prevalente tende verso un orizzonte decisamente più Pop ma con radici salde nella cultura Rock dalla quale proviene, testimone principale la ricorrenza di riff decisi e assoli che danno quel kick in più di colore ai brani donandogli carattere.

A tratti si sentono comunque suoni ripresi da Rituals e dal meno recente All These Countless Nights, quasi a presagire di aver saputo già da anni quale fosse la nuova rotta per i nuovi lavori e di voler scommettere nuovamente sulla stessa formula.

L’alternanza tra brani con una buona dose di potenza e brani dai bpm più contenuti e sound prevalentemente acustici, ne bilancia uno scorrimento che porta all’ascoltatore sino alla fine dell’album senza mai annoiare. E si sa che la scelta della scaletta dei brani all’interno di un album è probabilmente uno degli ultimi lavori di post produzione con un carico elevato di responsabilità.

Negli scritti, come nel sound, i Deaf Havana registrano un livello di maturità dove i due elementi si comportano con un andamento inversamente proporzionale: se in passato le casse proponevano ruggenti chitarre e batteria acida e spezzata, accompagnando testi più superficiali e talvolta meno diretti, ora i pezzi suonano più introspettivi a favore di una comunicazione decisamente più diretta e consapevole.

Sono lontani i tempi di quando erano Smiles All Around o In Desperate Needs of Adventure ad accompagnami tra le fredde strade d’inverno tra Yonge Street e Victor Avenue di Toronto, ormai 12 anni fa.

Ma il bello di essere affezionati ad una band che ha saputo tenere vicini vecchi fan e nuovi (in Germania di recente stanno collezionando fans come margherite a primavera), sta proprio nel guadagnarsi la fiducia di lasciare agli utenti di potersi creare nuovi ricordi da legare a nuovi canzoni, piuttosto che continuare ad esaltare solo i grandi classici.

Nel complesso The Present Is A Foreign Land è uno spiraglio di speranza perché questo progetto continui e che non si strascichi ulteriormente, poiché ad oggi i Deaf Havana non hanno mai deluso.

 

Deaf Havana

The Present Is A Foreign Land

SO Recordings

 

Roberto Mazza Antonov

Ariete @ Pistoia Blues

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• Ariete •

Piazza Duomo (Pistoia) // 14 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Ritrovare tutto come sembra di averlo lasciato dà sempre la sensazione che il tempo non passi così velocemente come si dice, e così, dopo aver appena chiuso gli occhi dopo un concerto, ecco che Pistoia Blues Festival 2022 li riapre per ospitare un’altra protagonista del progetto Storytellers: la giovane cantautrice Ariete. Nata ad Anzio, classe 2002, l’artista, al secolo Arianna Del Giaccio, fa parte della corrente indie pop del panorama musicale italiano di cui in poco tempo è diventata protagonista con decisione e semplicità, passando dalla partecipazione a X-Factor del 2019 dove la sua eliminazione non è stata per lei un ostacolo, bensì un’esperienza che l’ha fatta crescere fino a portarla, ora, a calcare i palchi di tutta la penisola. 

Le strade di Pistoia sono questa volta riempite da un pubblico molto più giovane rispetto a quello di serate precedenti. All’inizio, sono circondata da vari adolescenti da soli, altri accompagnati dai genitori che, come me, si avventurano all’interno della piazza. Ci sono ragazzi anche più grandi, alcuni poco più che ventenni, che mi guardano con la stessa curiosità mista a divertimento con cui anche io e i miei amici, molti anni fa, guardavano i coraggiosi “zii” che si mescolavano alla nostra generazione. Quanto ci vuole poco, giusto qualche anno, per capire che l’amore per la musica non ha età. Altri non ci fanno caso, mentre qualcuno vede il pass e mi chiede informazioni pensando che sia della sicurezza. 

La serata si apre con l’esibizione dei BNKR 44, più che un gruppo, un collettivo musicale di sette ventenni della provincia di Firenze che scaldano il pubblico con il loro rap italiano, battute, il loro occupare ogni spazio libero del palco che trasmette la loro la voglia di divertirsi ed essere protagonisti della scena per tutto il tempo che gli è concesso. Nel frattempo, piazza del Duomo si popola sempre di più, l’età degli spettatori si alza, diventa più eterogenea, e anche se ormai lo sai, ogni volta è bello vedere come la musica riesca ad unire le generazioni, quelle che un po’ si amano e si scontrano nella vita di tutti i giorni, ma che per qualche ora si scorda dei conflitti per costruire un nuovo ricordo da condividere. 

Durante la pausa tra gli opener e l’esibizione di Ariete, i ragazzi sotto il palco applaudono, chiamano a gran voce l’artista, fanno commenti fisici e sentimentali, la voglia di ascoltarla e vederla si può quasi toccare. Improvvisamente, mi trovo in un bosco di cellulari alzati in attesa di cogliere l’attimo tanto atteso in uno scatto, forse in un video da far diventare una storia, il futuro ricordo del concerto. Finalmente, Ariete sale sul palco! Sono circondata da uno scroscio di applausi, gridolini di esultazione mentre guardo quella ragazza acqua e sapone, con il corpo esile perso dentro a un jeans e una camicia extra large, gli occhi che guardano tutti sotto la tesa di un cappello che lascia sfuggire qualche ricciolo bruno: l’anti-divismo fatto persona. E con la stessa semplicità con cui è salita sul palco, abbraccia la chitarra e lascia che le note di Specchio si diffondano per la piazza, per andare oltre lo sguardo serio dei palazzi, superare le transenne e girare per le strade della città. L’impatto emotivo esplode, subito, senza se, senza ma. 

Ariete canta molti dei suoi successi, che, anche se rispetto ad altri artisti più esperti possono non sembrare molti, racchiudono un percorso artistico e personale di rilievo, come Quel Bar, il suo primo singolo, che diventa parte del cuore musicale della serata con il suono morbido e fluido della sola chitarra acustica. In canzoni come Giornate noiose oppure Cicatrici, scritta a quattro mani con Madame, oppure Tatuaggi, l’artista non racconta la sua generazione come un narratore venuto da lontano, lei la rappresenta nelle sue dolcezze, nei disagi profondi e incerti, nelle certezze che sbaragliano molti quarantenni, nell’allegria e nella leggerezza dei vent’anni che non può e non deve essere condannata. La sua voce è dolce, ma non per questo non possiamo definirla decisa e consapevole di ciò che sta esprimendo, la musica arriva, ma non è aggressiva neppure quando dal semplice accompagnamento della chitarra si passa al supporto della band. I testi sono belli, c’è scrittura, voglia di comunicare parlando il linguaggio della propria età.  E poi c’è lei, che riesce a creare un legame emotivo con tutto il pubblico, quello venuto ad ascoltarla perché già la adora, ma anche quello che è lì per curiosità o perché trascinato da qualche figlio. Quella ragazza di appena vent’anni riesce a catturare l’emozione, sì.  Si muove sulla scena senza esitazione, ma non per questo scorda di essere lì, davanti a tanta gente, e ne senti tutta l’adrenalina, quella che forse abbiamo tutti a quell’età quando raggiungiamo qualcosa di bello, quella che alcuni artisti con tanti anni di esperienza alle spalle sembrano aver scordato, e che, per quanto tecnicamente bravi, hanno barattato per un qualche porto sicuro. 

Su quel palco, lei non canta e basta, parla, dialoga, scherza con chi ha davanti come un’amica, raccoglie i pupazzi e i reggiseni che le vengono lanciati, racconta del difficile periodo del Covid19 e della distanza sofferta da molti di noi, decide che quella distanza è l’ora di annullarla partendo proprio da quelle assi che la sorreggono e fa salire sulla scena tre fan, tre ragazze che con le loro storie di forza e fragilità si aprono a quella piccola parte di mondo pronta ad ascoltarle. Eccola la “generazione di imbecilli” che parla di sé, racconta abissi e superfici della gioventù, e non vedo e non sento niente che non abbia visto e sentito quando quell’età ce l’avevo anche io, e qualcuno guardava alla mia generazione col ghigno da primo della classe. Perché in fin dei conti “Essere giovani fa schifo/ e non poter decidere fa tanto male”, canta Ariete dal suo microfono, e il ritornello diventa un unisono, un canto comune, forse uno sfogo di una gioventù che ha il dito degli esperti di vita puntato addosso. I ragazzi cantano, cantano come fossero all’uscita di scuola, in attesa di un bus che li porterà chissà dove, e in fondo quello che sognano è solo la musica e un po’ di libertà. Lasciamogli vivere quei vent’anni, o quei quindici, quei venticinque, senza caricarli del peso dei quaranta, o anche oltre, delle responsabilità di un futuro che è ancora nelle nostre mani. Non condanniamoli solo perché quell’età non l’abbiamo più. 

Un commento a parte va a L’ultima notte, commissionata prima da Netflix come colonna sonora per la serie Summertime e diventata poi quella dello spot di un famoso gelato, e, ammetto, il brano con cui ho davvero conosciuto l’artista. La canzone colpisce per come rievoca l’allegria e la nostalgia di morbide sere d’estate passate tra amici, falò e sguardi innamorati, pesca tra i ricordi emotivi di un’età dove tutto sembra possibile e la vita la vivi in punta di labbra. Ariete colpisce per tutta l’emozione che riesce ad esprimere nelle sfumature della voce, nella sua interpretazione semplice e i sorrisi che senti su ogni parola. Questo ci mostra come con il famoso “sistema” musicale, quello più ampio, il mainstream, si possa collaborare rimanendo però, al tempo stesso, coerenti con le proprie scelte artistiche. Ariete lo dimostra, si può fare!

Il concerto si chiude con il rituale bis, dove l’artista canta la più recente Castelli di lenzuola e chiude con la più vecchia 18 anni, storie autobiografiche che arrivano al cuore e a qualche lacrima di chi le ascolta. Lei come sempre la interpreta l’ultima traccia con la sua naturale semplicità, ma il testo è spietato, ha in sè lo squarcio profondo in una vita adolescente che dovremmo ascoltare di più, forse conoscere un po’ meglio, e a volte chiederle anche come sta. Dicono che l’arte debba allontanare dalla banalità e scuotere, beh, Ariete lo fa, se glielo permettete e non la allontanate dalle vostre playlist solo per la sua giovane età. 

 

Alma Marlia

foto di Aurora Ziani

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Pistoia Blues 2022

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 Pistoia // 7 Luglio – 16 Luglio 2022

 

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7 Luglio 2022

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The Tallest Man On Earth

foto di Letizia Mugri

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12 Luglio 2022

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Manuel Agnelli

foto di Letizia Mugri
testo di Alma Marlia

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13 Luglio 2022

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Willie Peyote

foto di Aurora Ziani

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14 Luglio 2022

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Ariete

testo di Alma Marlia
foto di Aurora Ziani

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15 Luglio 2022

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Simple Minds

di Alma Marlia

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16 Luglio 2022

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Paolo Nutini

di Alma Marlia

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Tre Domande a: Rough Enough

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Ci sono tantissimi artisti a cui ci ispiriamo, più o meno direttamente. Diciamo che per questo disco l’influenza principale è stata tutta nella corrente dell’alternative rock anni ’90 e inizio anni 2000, in particolare a band come Queens of the Stone Age e Shellac. Fabiano apprezza moltissimo Jack White, io invece mi sono molto ispirato in particolare a Dave Grohl per lo stile della batteria del disco, anche se poi ha fatto molto il lavoro in fase di produzione di Franz Valente, batterista de Il teatro degli orrori, altra band che adoriamo e il cui ascolto ci ha molto ispirato in tutti questi anni.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Principalmente il messaggio testuale delle canzoni e dell’ultimo disco, l’idea che viviamo in un periodo storico in cui il culto della perfezione e della competitività sociale smette di essere credibile e che ogni persona combatte con sé stessa e non deve sentirsi inferiore agli altri solo perché non raggiunge gli stessi obiettivi o lo fa con più tempo. Siamo esseri imperfetti e dobbiamo accettarlo, cercando di mostrarci fragili per quello che siamo in realtà.

 

C’è un artista in particolare con cui vi piacerebbe collaborare?

Beh, se parliamo di featuring musicali la scelta è ampissima. In questo disco abbiamo già collaborato con nomi importanti del panorama musicale italiano come Franz Valente e Ufo de The Zen Circus. Penso che ci piacerebbe continuare su questa scia e collaborare con qualche artista che stimiamo e seguiamo da tanto tempo, come ad esempio i Verdena. Più realisticamente ci piacerebbe davvero tanto un giorno lavorare a un disco la cui produzione sia affidata a Steve Albini; stimiamo molto il suo lavoro e pensiamo sarebbe la persona perfetta per far emergere al meglio la nostra musica.

Willie Peyote @ Pistoia Blues

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• Willie Peyote •

Piazza Duomo (Pistoia) // 13 Luglio 2022

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foto di Aurora Ziani

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BOnsai Garden 2022

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Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 29 Giugno – 21 Luglio 2022

 

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clicca sulle immagini per vedere tutte le foto del concerto
click on the images to see the full gallery

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29 Giugno 2022

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Rancore

foto di Alessandra Cavicchi

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1 Luglio 2022

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Fulminacci

foto di Roberto Mazza Antonov

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2 Luglio 2022

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Guè Pequeno

foto di Luca Ortolani

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3 Luglio 2022

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Ernia

foto di Luca Ortolani

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Leon Faun

foto di Luca Ortolani

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6 Luglio 2022

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Fast Animals And Slow Kids

foto di Lucia Adele Nanni

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13 Luglio 2022

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POP X

foto di Roberto Mazza Antonov

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CONSEGNATI I RICONOSCIMENTI DEL PREMIO INTERNAZIONALE CINEARTI LA CHIOMA DI BERENICE XXIII EDIZIONE

CONSEGNATI I RICONOSCIMENTI DEL

PREMIO INTERNAZIONALE CINEARTI LA CHIOMA DI BERENICE

XXIII EDIZIONE

 

Si è tenuta ieri sera lunedì 11 luglio presso il Teatro 1 degli studi Cinematografici di Cinecittà la XXIII edizione del Premio Internazionale Cinearti La Chioma di Berenice, promosso da CNA Benessere e Sanità e CNA Cinema e Audiovisivo e dedicato, sin dalla sua nascita nel 1998, alla valorizzazione dell’opera dei maestri artigiani del cinema italiano.

 

La cerimonia di consegna si è svolta alla presenza del presidente nazionale di CNA DARIO COSTANTINI, dei presidenti di CNA Benessere e Sanità MASSIMILIANO PERI e CNA Cinema e Audiovisivo GIANLUCA CURTI, del presidente del Premio Graziella Pera,  del direttore artistico Antonio Flamini e di molte personalità del cinema e della cultura italiana.

 

La serata è stata condotta da CAROLINA REY e ROBERTO CIUFOLI, e hanno partecipato i membri di giuria, presieduta da GIANNI QUARANTA, tutte le maestranze e gli artisti premiati; alcuni di loro, come ALESSANDRO GASSMAN (miglior film) MATILDA DE ANGELIS (miglior attrice tv) e MASSIMILIANO GALLO (miglior attore cinema) hanno inviato un videomessaggio, impossibilitati per impegni lavorativi ad essere in sala.

 

Sono stati consegnati anche i premi alla carriera per PUPI e ANTONIO AVATI, NINETTO DAVOLI, NANCY BRILLI, ricordata un’icona come MONICA VITTI, e il centenario dei registi PIER PAOLO PASOLINI, CARLO LIZZANI e MAURO BOLOGNINI e degli attori ADOLFO CELI, VITTORIO GASSMAN, UGO TOGNAZZI; un ricordo è andato anche alla recente scomparsa di JEAN-LOUIS TRINTIGNANT.

 

Le categorie in concorso sono state dodici per i film e dodici per le serie TV. Questo l’elenco dei premiati con la Chioma di Berenice:

 

MIGLIOR TRUCCO

 

TRUCCO TV – MAURIZIO NARDI (ANNA)

TRUCCO CINEMA – DIEGO PRESTOPINO (FREAKS OUT)

 

MIGLIORI ACCONCIATURE

 

ACCONCIATURE TV – MARTA IACOPONI (ANNA)

ACCONCIATURE CINEMA – MARCO PERNA (FREAKS OUT)

 

MIGLIORI COSTUMI

 

COSTUMI TV – CATHERINE BUYSE (ANNA)

COSTUMI CINEMA – MAURIZIO MILLENOTTI (I FRATELLI DE FILIPPO)

 

MIGLIORI MUSICHE

 

COMPOSITORE TV – CRISTINA DONÀ (ANNA)

COMPOSITORE CINEMA – PASQUALE SCIALÒ (ARIAFERMA)

 

MIGLIOR ATTRICE

 

ATTRICE TV – MATILDA DE ANGELIS (LEONARDO)

ATTRICE CINEMA – ANNA FERRAIOLI RAVEL (I FRATELLI DE FILIPPO)

 

 

 

 

MIGLIOR ATTORE

 

ATTORE TV – SALVATORE ESPOSITO (GOMORRA)

ATTORE CINEMA – MASSIMILIANO GALLO (IL SILENZIO GRANDE)

 

MIGLIORE SCENOGRAFIA

 

SCENOGRAFIA TV – GIULIANO PANNUTI (VITA DA CARLO)

SCENOGRAFIA CINEMA – GIANCARLO MUSELLI, CARLO RESCIGNO (QUI RIDO IO)

 

MIGLIORE FOTOGRAFIA

 

FOTOGRAFIA TV – GIAN ENRICO BIANCHI (ANNA)

FOTOGRAFIA CINEMA – LUCA BIGAZZI (ARIAFERMA)

 

MIGLIORE REGIA

 

REGIA TV – NICOLÒ AMMANITI (ANNA)

REGIA CINEMA – ROBERTO ANDÒ (IL BAMBINO NASCOSTO)

 

MIGLIOR MONTAGGIO

 

MONTAGGIO TV – CLAUDIO DI MAURO (A CASA TUTTI BENE)

MONTAGGIO CINEMA – JACOPO QUADRI (QUI RIDO IO)

 

MIGLIOR PRODUTTORE

 

PRODUTTORE SERIE – RAI FICTION (LEONARDO)

PRODUTTORE CINEMA – ARTURO PAGLIA, ISABELLA COCUZZA (IL SILENZIO GRANDE)

 

MIGLIORE SERIE TV – SPERAVO DE MORI’ PRIMA (LUCA RIBUOLI)

 

 

http://www.premioberenicecna.it/

 

 

UFFICIO STAMPA E PROMOZIONE PER IL PREMIO CINEARTI LA CHIOMA DI BERENICE:

BIG TIME – Tel. 06.5012073

CLAUDIA FELICI 329/9433329

FABIO TIRIEMMI 329/9433332

GERTRUDE CESTIE’ 340 586 1768

[email protected]

POP X @ BOnsai Garden

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• POP X •

Parco delle Caserme Rosse (Bologna) // 13 Luglio 2022

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foto di Roberto Mazza Antonov

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THE SMILE (Thom Yorke, Jonny Greenwood e Tom Skinner) in concerto venerdì 15 luglio a Ferrara Sotto Le Stelle

FERRARA SOTTO LE STELLE 2022

XXVI edizione

Dopo il successo delle date alla Nuova Darsena di Ferrara

Un nuovo appuntamento imperdibile

venerdì 15 luglio

THE SMILE

(Thom Yorke  e  Jonny Greenwood  dei  Radiohead  Tom Skinner  dei  Sons of Kemet)

opening ROBERT STILLMAN
in collaborazione con Ferrara Summer Festival

Posto unico: € 45,00 + diritti di prevendita

Biglietti: https://www.livenation.it/show/1361270/the-smile/ferrara/2022-07-15/it

Dopo il successo dei concerti alla Nuova Darsena di Ferrara – protagonisti Venerus, Cosmo, The Jesus and Mary Chain, La Rappresentante di Lista, Matilde Davoli, Whitemary, Marta Del Grandi e Ibisco – Ferrara Sotto le Stelle si prepara a ospitare un nuovo straordinario live.

Venerdì 15 luglio in piazza Trento e Trieste, un grande evento speciale in collaborazione con Ferrara Summer Festival: l’imperdibile concerto dei The Smile, la band composta da Thom Yorke e Jonny Greenwood dei Radiohead e Tom Skinner dei Sons of Kemet.

Una band che è “qui per restare”, come scrive Rolling Stone. “Uno degli spin-off musicali più interessanti degli ultimi tempi” secondo l’Evening Standard, che si prepara a conquistare ancora una volta Ferrara, città con cui si è creato un legame davvero speciale, partendo dal live dei Radiohead nel 2003 e passando per quello di Thom Yorke nel 2019.

Il concerto di The Smile sarà preceduto dal live di Robert Stillman.

La tappa ferrarese del tour organizzato da Live Nation sarà occasione preziosa per ascoltare dal vivo l’album di debutto del gruppo A Light For Attracting Attention (XL Recordings), che sta riscuotendo gli entusiasmi di pubblico e critica: “un disco eccezionale, che abita un mondo sonoro tutto suo”(Wall Street Journal), con “alcune delle migliori musiche della loro carriera” (Sunday Times), che “combatte gli orrori della vita moderna alternando rabbia e serenità Zen” (Pitchfork), “un approccio più snello ai pensieri di lunga data di alienazione e malessere dei Radiohead e che spinge il ritmo in primo piano” (New York Times) portando “la musica per chitarra al massimo dell’emozione” (The Telegraph).

Prodotto da Nigel Godrich e contenente i singoli You Will Never Work In Television Again, Skrting On The Surface, Pana-vision, Free In The Knowledge e Thin Thing, in A Light For Attracting Attention sono presenti gli archi della London Contemporary Orchestra e un’intera sezione di ottoni di musicisti jazz inglesi tra cui Byron Wallen, Theon e Nathaniel Cross, Chelsea Carmichael, Robert Stillman e Jason Yarde.

Un lavoro che anche live regala performance intriganti e indimenticabili, tant’è che il loro recente concerto al Primavera Sound a Barcellona è stato commentato da Julian Casablancas (The Strokes) così: “Ieri mi è letteralmente esplosa la testa, il miglior concerto che abbia visto dopo anni”.

A ulteriore dimostrazione della loro intensità dal vivo c’è il video recentemente pubblicato sulla loro pagina YouTube di Open The Floodgates suonata durante i concerti di debutto al Magazine di Londra a gennaio 2022, trasmessi anche in livestream. Guardalo qui: https://www.youtube.com/watch?v=Nj1Qu7zOwNM

Ferrara Sotto le Stelle si chiuderà poi venerdì 29 luglio al Parco Marco Coletta con il live gratuito di Giorgio Poi, realizzato in collaborazione con SOLIDO, il coordinamento che riunisce i tre prestigiosi festival emiliano-romagnoli Ferrara Sotto le Stelle, acieloaperto e Arti Vive, e Officina Meca, che si inserisce all’interno del festival CARINO! nell’ambito della rassegna estiva Giardino per tutti.

Media partner FSLS 2022

Rockit

Rumore

Noisyroad

FILO Magazine

Web Radio Giardino

Info

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Kokoroko @ Acieloaperto X

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• Kokoroko •

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A C I E L O A P E R T O  X

Rocca Malatestiana (Cesena) // 12 Luglio 2022

 

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Riccardo, un amico, mi dice “hai mai sentito loro? Sono una bomba”. Mi passa il telefono con Abusey Junction in riproduzione e impazziamo insieme.

Il giorno seguente, appena sveglia, li inserisco immediatamente nella mia playlist e da quel momento sono sempre stati una gran presa bene!

Collettivo Afrobeat di Londra fondato dalla trombettista Sheila Maurice-Grey, i Kokoroko sono Richie Seivwright (trombone e voci), Yohan Kebede (tastiere), Ayo Salawu (batteria), Tobi Adenaike (chitarra), Onome Edgeworth (percussioni) e Duane Atherley (basso). Dopo il grande successo del brano Abusey Junction e del loro omonimo EP del 2019, quest’anno i Kokoroko ci regalano i singoli Something’s Going On, We Give Thanks e Age of Ascent, lasciando tutti con il fiato sospeso in attesa del disco di esordio Could We Be More, in uscita il 5 agosto per Brownswood Recordings.

E oggi finalmente posso vederli dal vivo in questo magnifico posto che è la Rocca Malatestiana di Cesena nel contesto della rassegna acieloaperto.

Per arrivare alla location c’è un percorso in salita che mi fa rimpiangere di aver mangiato troppe pizzette all’aperitivo. La vista però vale assolutamente la pena. La Rocca è illuminata da grandi fari ed è molto suggestiva. Mi guardo intorno e già c’è musica live: Devon Miles Project e Savana Funk sullo stage B. Scaldano la serata e scaldano noi. C’è una bella situazione, familiare, amichevole e raccolta. 

Ore 21 circa la gente si avvicina al palco principale, qualcuno si siede a terra nell’attesa. 

Ed eccoli finalmente! I Kokoroko salgono sul palco. Li applaudiamo timidamente ma loro partono a bomba. Bando alle ciance, qui si fa musica. 

L’apertura è travolgente. La presenza di ognuno dei musicisti si fa sentire. Il sound è ipnotico e complesso, i fiati si intrecciano e poi lasciano spazio alle percussioni e al basso che tirano da morire. E le voci… strumenti anche loro. 

Già all’inizio ho l’impressione che la band non si fermi mai. Siamo talmente trascinati dai ritmi che ciondoliamo, ci culliamo sulle nostre gambe. È un’estasi continua.

Torniamo nel presente solo nell’attimo in cui Sheila annuncia Carry Me Home, un pezzo del 2019 con un incredibile solo di synth anni ’70.

Il bello dei Kokoroko è che sono un collettivo, un gruppo in qualsiasi senso delle parole. Manifestano una grande energia sul palco, trasmettono positive vibes e sono lì per comunicare con gli ascoltatori attraverso il mezzo più potente che possiedono: la musica. 

Così Yohan, che, come ci racconta Tobi, ha studiato per molti anni il piano, vorrebbe farci ascoltare qualcosa. A.O.A è una coccola: le percussioni delicatissime, la dinamica della batteria e la tromba, in un accompagnamento che si rivela romanticissimo sotto la luna piena. 

Il concerto prosegue e ci gasa sempre di più. Integrity e Caribou ci rendono liberi e balliamo a ritmo di samba jazz, battiamo le mani e i piedi. I Kokoroko si godono il palco e noi ci godiamo loro.

Finalmente Onome presenta il gruppo e annuncia Something’s Going On, un pezzo che in molti aspettavano. Il primo singolo pubblicato quest’anno dalla band che preannunciava già qualcosa di eccezionale. 

Siamo alla fine. I Kokoroko si inchinano, salutano e scendono dal palco. Il pubblico li applaude. 

Parte la musica di sottofondo, quella bastarda che ti fa capire che è quasi ora di tornare a casa. Richiamiamo la band sul palco ma siamo già rassegnati e aspettiamo l’accensione delle luci, altra spia malevola di fine concerto. 

E invece…

…Ayo sale sul palco, annuncia un’ultima canzone ma con una richiesta: dobbiamo scatenarci! E che ce lo dici a fare! 

Faremo come il jazz, andremo d’impulso!

 

Cecilia Guerra

Foto di Isabella Monti
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Manuel Agnelli @ Pistoia Blues

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• Manuel Agnelli •

Piazza Duomo (Pistoia) // 12 Luglio 2022

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Pistoia è una città toscana famosa in tutto il mondo per i suoi vivai, per Piazza della Sala con i suoi locali e il cuore pulsante della vita della città, per il suo Duomo dove si incontrano l’architettura romanica e quella barocca. Una città con una buona qualità della vita dove trascorrere del tempo in modo gradevole. Eppure in piena estate, protetta dallo sguardo antico dei suoi monumenti, diventa un crogiolo di musica ed emozioni con il Pistoia Blues Festival. La manifestazione, che dal 1980 si svolge ogni anno nel mese di luglio, è un appuntamento fisso per ogni appassionato di musica che voglia ascoltare i suoi artisti preferiti o scoprirne di nuovi, e una tappa importante per molti musicisti non solo nostrani, ma provenienti da tutto il mondo. Un palco dove esperienza, novità, tradizione e sperimentazione si incontrano, per portare a tutti quel messaggio che non dovremmo mai scordare: la musica è essenza di vita che non si ferma, e sfugge a chiunque voglia trattenerla in definizioni a compartimenti stagni. E ringraziamo chi in quel palco crede ancora, nonostante tutte le difficoltà che negli ultimi tempi sembravano insormontabili, ma non ha mai rinunciato a creare e diffondere la bellezza dell’arte. 

Ieri, come ogni anno, Pistoia ha accolto il pubblico del Pistoia Blues tra palazzi storici e mercatini etnici, nell’armonia del contrasto che fa vibrare nell’aria la voglia di arte e creatività. Entrati in Piazza del Duomo, il campanile sorveglia ogni kick e ogni riff che si librano da un palco che non sembra essersene mai andato, come fosse parte essenziale della piazza stessa, un battistero di musica dove ogni nota è una bellissima benedizione. E sono gli Zagreb, band di alternative rock di Castelfranco Veneto, che aprono questa cerimonia con il loro ritmo deciso e forte, che colpisce e piace ad ogni colpo. La dimostrazione che quelli della musica sono gli unici colpi allo stomaco che non fanno male. Ad assisterli ci sono i primi ascoltatori, gli appassionati veri che amano l’underground, e i fortunati che riescono ad uscire da lavoro in tempo per godersi la serata dal suo vero inizio. Guardandoti intorno, vedi lo sguardo incuriosito e attento di chi non li conosce, ma sa di aver fatto una bella scoperta. 

Agli Zagreb, seguono poi i Bluagata, sempre gruppo alternative rock, ma della più vicina Prato. Potreste dire che giocano quasi in casa, data la vicinanza delle città, ma gli spettatori non lo sanno, e lassù, sotto le luci dei riflettori, l’unica vera identità è la musica con la passione, e loro ce ne mettono tantissima. La prima canzone è Comodità tratta dal loro ultimo progetto Di stanze e Nevrosi. Il brano parla della nevrosi del consumismo, i riff sono potenti e incalzanti, i testi tagliano i compromessi per arrivare lì dove è più scomodo farli sentire, il tutto in un loop nevrotico che scopri e non ti lascia. Proseguono poi tracce che alternano potenza e arie rarefatte, e la performance si conclude con i saluti e i ringraziamenti di rito a un pubblico sempre più partecipe, con una promessa di rivederci, speriamo presto. 

Mentre il buio scende sulla città, e le sedie attorno a me si riempiono gradualmente, l’atmosfera diventa surreale, l’aria si carica di attesa, c’è chi sussurra, c’è chi applaude per incitamento, c’è chi sbuffa dall’impazienza e chi beve birra a tutto spiano con l’avidità negli occhi puntati sul palco. A me sembra ancora tutto scuro quando si sente la voce cantare fuori dal palco. Sembra che le persone stiano per urlare ma il pubblico si blocca, incantato dalle parole “Ora lo so / Se è amore che vuoi/ No, non dipende da quel che fai”, l’effetto è quello di un sogno eppure siamo svegli o forse no. Non importa, dal buio, vestito con solo pantaloni, gilet e la sua voce, esce Manuel Agnelli e l’emozione, prima sospesa, esplode. Al semplice canto si aggiunge la chitarra elettrica e via via tutti gli strumenti. Le luci si accendono, e vediamo l’artista accompagnato da una band di eccezione dove troviamo anche Beatrice Antolini, Giacomo Rossetti dei Negrita e due componenti dei Little Pieces of Marmelade, Frankie e DD. Agnelli è il secondo grande protagonista di Storytellers del Pistoia Blues 2022, con una performance dove ha regalato al pubblico i brani che lo hanno reso celebre come leader degli Afterhours e i suoi nuovi brani da solista.

Molti penseranno che è facile avere una presa emotiva sul pubblico con Non si esce vivi degli anni ’80 oppure Male di miele, eppure le nuove collaborazioni e l’energia vocale dell’artista le rendono un’emozione nuova. Ascoltarle pensando di sapere già cosa succederà in ogni parola e rimanere spiazzati perché ci sono sfumature che ti prendono ancora di più è una sensazione bellissima. A quel punto non si può stare seduti, alcune persone si alzano dalla platea, si mettono ai lati e vivono il concerto con tutto il corpo, muovendosi, a volte a tempo, a volte no, ma non importa, la gioia che vedi sui loro volti rende tutto armonioso. Quello che però capisci è che Manuel Agnelli non lo puoi catalogare tra gli artisti da gusto di mezzo. Piace o non piace. Non è gradevole con riserva, né sgradevole ma potrebbe migliorare. Lui è ciò che è e non vuole mostrare niente di diverso, e sì è un artista divisivo perché c’è chi lo vede ormai omologato al sistema. Ma non è il sistema ad essere sbagliato in sé, è il modo in cui ti ci approcci che conta, e dopo aver cavalcato per anni la scena indie, Agnelli è riuscito ad entrare in una più ampia scena musicale dimostrando che se ne può fare parte rimanendo fedeli a sé stessi e proponendo i propri progetti curati e ben pensati; la sua capacità di scrittura non lascia niente al caso e non si è adeguato al modo semplice e veloce che impera in molte produzioni attuali. Profondità degli abissi, dalla colonna sonora del film Diabolik, è una dimostrazione di tutto questo. Agnelli ne racconta prima la genesi, le critiche che gli sono state mosse, mostra al pubblico il cuore con cui ha composto quella canzone, si mette a nudo ritenendoci persone a cui può fare quella confidenza. La sua interpretazione è da brividi, la canzone è bella, spietata, anche dolce se le permettiamo di raggiungerci. La voce di Agnelli è ferma ma vibra al tempo stesso di ogni emozione che ha messo in quel brano, e lì te ne freghi dei premi che ha vinto, ma non perché non abbiano valore, solo perché è un’emozione che va oltre la ragione, abbatte la logica, e anche dove fa male, ti rende felice. 

Pistoia Blues 2022 ha dato al suo pubblico la possibilità di vivere qualcosa di magico, fuori dalle dinamiche di chi critica solo per il gusto di farlo. Se Agnelli non volete ascoltarlo non ascoltatelo, non fatevi paladini di non si sa cosa facendo la morale su cosa debba fare o non fare, perché la sua onestà intellettuale sta nella musica ben fatta e nella capacità di trasmettere la passione per ciò che fa, in testi e composizioni che sfuggono alla banalità senza per questo ingozzarsi di parole ricercate che alcuni artisti prendono dal dizionario del desueto solo per fare colpo. Decidete se volete essere la piccola iena di cui canta o se volete una pelle splendida. Ma vivetelo, in ogni suo concerto, perché è lì che me capirete la forza e il messaggio. Smettete di picconare solo per il gusto o la moda di farlo e lasciate che l’emozione faccia il resto.

Il concerto si chiude con il bis di rito, che, ammetto, un po’ odio, ma forse anche l’artista condivide il mio pensiero, o così sembra, perché tutti si assentano giusto il tempo di bere un bicchiere d’acqua, e ritornano sul palco con la consapevolezza di dover chiudere, ma senza la voglia di farlo. Rimane nell’aria la loro musica, la voce del mio passato ancora presente, persone felici che escono e popolano di nuovo le strade della città piene di luci. Il silenzio è dietro l’angolo, l’adrenalina lotta con il sonno, gli scuri delle finestre accolgono l’emozione ancora viva. Non puoi fare altro che aspettare, con la promessa di un altro concerto, e la ritrovata spensieratezza delle sensazioni dei vent’anni. 

 

Alma Marlia

foto di Letizia Mugri

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