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VINTAGE VIOLENCE – il 1 marzo a Bologna presso il Mercato Sonato per presentare il nuovo singolo “Sono un casino”

Venerdì 1 marzo a partire dalle ore 22:00 presso il Mercato Sonato torna a Bologna una band culto del panorama punk e garage rock italiano: I Vintage Violence in concerto per presentare il loro nuovo singolo “Sono un casino” pubblicato lo scorso 26 gennaio da Maninalto! Records.

Sono un casino” ha un testo di ispirazione filosofica e autoriflessiva sopra un fill di batteria incalzante, da subito protagonista del brano.
Veloce, diretta e schietta – non solo musicalmente – “Sono un casino” è «la confessione scritta di una coscienza bipolare, un’ammissione arresa, resa davanti allo specchio, di quanto l’io non sia affatto, per dirla come Freud, “padrone in casa propria”», come spiega Rocco Arienti, chitarrista del gruppo e autore dei testi. La canzone è quindi una sorta di confessione, nella quale l’apparente catarsi finale porta con sé lo stesso “bastimento carico carico di autoindulgenza” che autodenunciava all’inizio e suggella ironicamente il definitivo trionfo di quell’io polarizzato, manicheo e inafferrabile che da solo “ripara e rovina” e che di ciò, da solo, si accusa e si assolve.

Un concerto imperdibile quello della band lombarda che a Bologna proporrà una selezione dei migliori brani della propria discografia, in particolare dall’album “Senza Paura Delle Rovine” di cui proprio nel 2024 cade il decennale della pubblicazione. Ad aprire le danze la band emiliana de I Trillici, fresca di pubblicazione del nuovo singolo “Piadina”.

A chi acquista il biglietto in prevendita su Dice in omaggio il “Canzoniere 3.0” dei Vintage Violence, contenente i testi e gli accordi per chitarra di tutte le loro canzoni (incluso l’ultimo singolo “Il Nuovo Mare” e il nuovo singolo “Sono Un Casino”) scaricabile in versione digitale direttamente la sera del concerto.

Operativi dai primi anni 2000, i Vintage Violence hanno oltre 400 concerti sulle spalle, 4 album all’attivo, 26 videoclip, una raccolta acustica e un greatest hits uscito in occasione del ventennale della band. Numerose le collaborazioni negli anni tra cui Zen Circus, Afterhours, una media settimanale di 25.000 ascolti su Spotify e un documentario appena uscito su YouTube che racconta la loro storia e la loro amicizia.

Vintage Violence in concerto
Venerdì 1 marzo

Mercato Sonato, Via Tartini, 3  – Bologna

Opening: I Trillici
Apertura porte: ore 22.00
 
Inizio live: ore 22.30
 
Ingresso 10€ con tessera Arci 2023/2024
Biglietti disponibili su Dice
Evento FB

Link band:
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Instagram
Official
 

Press, info e materiali stampa
press@sferacubica.com

TANGK

No god / No king / I said love is the thing
No crown / No ring / I said love is the thing

TANGK è il rumore delle corde della chitarra.
È, a detta degli IDLES, un sigillo onomatopeico di una vita dedicata all’amore. Il bacio delle corde di Bowen sulle liriche di Talbot, ma anche una nota a piè di pagina sulla copertina, inusuale ma doverosa: questo album non urla (sempre), trasuda vita e amore e ha financo un messaggio salvifico.

Pare che gli IDLES abbiano deciso di virare dal politico all’evangelico o, più semplicemente, sperimentano qui il potere del bello e dell’amore, sigillato in riff di prima qualità, un nuovo produttore e una idea tutta matta di stupire chi si aspetta un altro album fatto di muscoli, slogan e barbe sudate.

Del resto i vecchi dischi erano dritti come un pugno in faccia (Ultra Mono lo esplicitava direttamente in copertina) e i ragazzi hanno impiegato quattro album per iniziare a elaborare una risposta alla rabbia che ha segnato i primissimi lavori. Se inizialmente i temi trattati erano l’omofobia, il ruolo (tossico) del maschio (tossico), la Brexit, lentamente si è arrivati a un quarto album, Crawler, che portava in nuce nuovi temi. Azzardo: quel disco ha permesso alla band di scalare di marcia e magicamente il panorama si è riempito di dettagli.

TANGK rallenta ancora di più. Sia chiaro, ci sono sempre momenti di crescendo, buoni per timidi e privati moti di violenza interna, ma l’architettura dei brani, e quindi dell’intero disco, è in qualche modo fiorita. Dal brodo primordiale dei primi lavori, dai petti sudati e dalle barbe incolte, si è passati a un ambiente più civile, ricercato, che ha una grammatica non più solo basata sul grugnito e sul testo usato come un guantone da boxe. Siamo a una degustazione di vini in cui si sputa per terra, giusto per mantenere un minimo di legame col passato, ma le bottiglie stappate sono di qualità superiore.
Fine delle metafore.

È possibile che uno dei colpevoli del cambiamento in atto in TANGK sia uno dei suoi produttori, quello che, a leggere bene nei crediti, fa saltare sulla sedia: Nigel Godrich. Forsenontuttisannoche questo nome si lega a quasi tutta la discografia dei Radiohead, dei progetti solisti di Yorke, del primo album de The Smile, qualche lavoro sparso con Beck, R.E.M., Arcade Fire (anche se la vera perla è il suo esordio: 1990, assistente tecnico del suono per Gianna Nannini ai tempi di Scandalo).

È noto che il produttore abbia seguito gli IDLES negli ultimi due anni, tanto che la prima traccia è figlia dell’incontro tra Bowen e Godrich nel 2022. Il titolo della canzone, IDEA01, non è cambiato da allora. È testimonianza di un’eleganza inattesa, inaspettata, che alza moltissimo l’aspettativa per i brani che seguono. Il testo è un elenco dei traumi infantili di Talbot, inanellati in una Gymnopédies elettrificata, cupa e psicanalitica. Siamo nel sogno, nell’inconscio del leader degli IDLES, accompagnati da un pianoforte e un cantato quasi sussurrato.
Segue Gift Horse, che toglie ansia a chi pensa che la band sotto Godrich sia diventata una versione steroidea de The Smile. Nella seconda traccia infatti siamo in pieno paradigma IDLES. Una poesia futurista, che nasce da zoccoli cromati e termina con una incoronazione della propria figlia a centro e baricentro del proprio mondo interiore.
POP POP POP sembra nata attorno a un tavolo da tè con gli Sleaford Mods. Suona come un pezzo del duo di Nottingham, è un loop ipnotico, figlio anche dell’amore di Talbot per l’hip hop più retrò. Testo geniale, una catena di parole che si srotola a partire dal primo anello, chiave di tutto: la freudenfreude, la gioia per la gioia altrui.
Roy è un elegantissimo pezzo sull’amor cortese, anzi, sulle corti d’amore, divertente passatempo del passato in cui si giocava di ruolo, processando, letteralmente, il nobile sentimento. Qui gli IDLES sposano la visione dantesca: l’amore eleva, l’amore rende immortali.
Gospel è di nuovo un passo laterale, con piano e violino, figlio di un disco che sta cambiando colore davanti a noi. Amore che vieni, amore che vai: dopo aver celebrato la potenza dell’amore, Talbot ci presenta subito il lato oscuro, la fine di un rapporto, magistralmente accompagnato da un piano struggente e da un lento che rimane lento, perché è il canto di una fine. Senza urla, senza esplosioni.
Ma i papà hanno vite anche fuori della sfera genitoriale e lontano da concetti stilnovisti. Ecco allora una Dancer, collaborazione con gli LCD Soundsystem, uno dei singoli che hanno accompagnato l’uscita del disco, e in cui il nostro paroliere torna adulto, torna sporco, torna sboccato. È un ballo sudato, fatto di corpi, c’è molto poco amore e sentimento, e molta dinamica dei fluidi.
Grace torna a mettere al centro l’amore (ripetuto in questo album 29 volte in quaranta minuti), mettendo politica e religione ai gradini più bassi del podio. Amore che viene citato quasi in ogni strofa della seguente Hall and Oates: siamo all’apoteosi, al trionfo in salsa hardcore, in un pezzo che vede gli IDLES tornare a sonorità più muscolari e decisamente meno raffinate.
Ennesima virata con Jungle, che suona come un inno sulla perdita di identità sull’autodistruzione che Talbot ha assaggiato nel suo vissuto. Niente paura, abbiamo anche un lieto fine.
C’è anche una Gratitude a ricordarci questo percorso di perdita di sé e di salvezza, condito da visioni del proprio funerale. Talbot forse vede una trama, un messaggio, o quantomeno un racconto degno di essere ascoltato. È sì una storia di speranza, ma è anche il racconto di un uomo che sta facendo pace con un passato piuttosto cupo.
Non chiamiamola redenzione o peggio ancora resilienza.
Del resto “c’è una crepa in ogni cosa e da lì entra la luce”.
Lo sosteneva un certo Leonard Cohen.
TANGK ci congeda con Monolith, un testamento finale accompagnato da uno straziante sassofono. 

Questo album è fatto di capitoli sparsi che portano all’incoronazione della figlia come nuovo centro di gravità. C’è molta meno politica e molto più vissuto. C’è il concetto di amore già presente nel disco precedente, che qui però assume i ruoli di fine, mezzo, tramite e motore primo.
È una confessione, un flusso di coscienza un po’ schizofrenico e recitato da attori diversi che indossano la stessa maschera.
Troverete meno esplosioni di rabbia, e molte più sfumature. Gli IDLES ci raccontano che la persuasione è più efficace della forza, il che sembrerebbe un primo passo fuori dalla loro adolescenza musicale. Muscoli e barbe incolte iniziano a lasciare il posto per una nuova ricerca, musicale e di contenuti, che prende vita nelle nostre orecchie che suona quasi inaspettata. Quello con Godrich è un incontro fortunato, lo testimoniano undici tracce che diventano undici scorci di quello che gli IDLES sanno creare e di quello che potranno essere.
Dalla tossicodipendenza alla paternità, dalla perdita di sé alla freudenfreude, dalla rabbia all’amore panico.
Tutto ciò che sta in mezzo è musica.

BAY FEST: ANNUNCIATI I PRIMI NOMI DELL’EDIZIONE 2024!

Il Bay Fest è tornato!

Prende definitivamente forma l’edizione 2024 del festival punk rock più importante d’Italia e con un ottimo successo anche tra il pubblico proveniente dall’estero.

Il festival, che si svolge nella splendida cornice della località balneare di Bellaria Igea Marina, torna nell’estate 2024 per ben cinque giornate ; si partirà il 15 giugnosul palco a due passi dal mare del Beky Bay con i leggendari Descendents. La storica band di punta della scena punk americana sarà headliner della giornata “Road to Bay Fest ”, la preview del festival che già a giugno ci farà assaporare l’atmosfera unica che si respira al Bay Fest. Milo Aukerman e soci tornano dunque 5 anni dopo l’ultimo concerto in Italia e porteranno sul palco del Beky Bay tutto il meglio della loro carriera.

Altro nome annunciato della giornata sono i Fernandhell, nuovo progetto di Livio Montarese, co-fondatore dei Peawees.

Il 6 agosto tornerà, per il terzo anno consecutivo, il Pool Party al Mapo Club: l’apprezzatissima ed esclusiva festa in piscina vedrà protagoniste sul palco dello storico club nel cuore di Bellaria Igea Marina due band: gli headliner Strung Out, band hardcore punk di Simi Valley conosciuta per il loro stile musicale unico che ha fuso aspetti del punk rock e dell’heavy metal, in uscita  il prossimo 5 aprile con il nuovo album ‘ Dead Rebellion’, e i Belvedere, leggende dello skate-punk canadese in attività da oltre 25 anni, i quali coglieranno l’occasione per presentare al pubblico del Bay Fest il loro ultimo album “Hindsight Is The Sixth Sense” (2021). Non mancheranno dj set e altre sorprese targate Bay Fest.

Svelato anche il nome degli headliner del DAY 1, il 12 agosto al Beky Bay : si tratta degli Alkaline Trio, che tornano in Italia dopo 10 anni di assenza, con un nuovo album ‘Blood, Hair, And Eyeballs’, pubblicato lo scorso 26 gennaio. Dopo l’esperienza con i blink-182, Matt Skibatorna alla voce della sua band originale, alternandosi al microfono con il bassista Dan Andriano in undici brani potenti, incisivi e mai banali.

Annunciati anche i primi tre nomi del DAY 2 (13 agosto al Beky Bay): gli headliner, Millencolin, che tornano in quella che in Italia per loro è una seconda casa. La band svedese, infatti, è stata la prima a calcare il palco del Beky Bay come headliner della prima edizione del festival; i Less Than Jake , che tornano ad un anno di distanza dalla straordinaria performance allo Slam Dunk Festival Italy e sappiamo già che per il palco del Bay Fest non si risparmieranno; ultimo nome annunciato per il DAY 2 sono gli italianissimi Shandon, che nel 2024 festeggeranno 30 anni di carriera.

Per la giornata di chiusura, il primo nome svelato è quello di Naskaheadliner sul palco del Beky Bay il 14 agosto. Artista rivelazione degli ultimi anni, considerato apripista di un nuovo movimento pop punk italiano, Naska – al secolo Diego Caterbetti – ha dimostrato, con le sue performance dirompenti ed energetiche, un’attitudine da vero rocker, un’energia live unica e una capacità di entrare in relazione con il pubblico fuori dal comune.

In ogni giornata del festival, come da tradizione, non mancheranno dj set e tante altre sorprese che verranno annunciate prossimamente.

I biglietti, abbonamenti e pacchetti campeggio a prezzo speciale in vendita su Ticketmaster dalle ore 10.00 di venerdì 16 febbraio.

Di seguito tutti i dettagli del festival.

BAY FEST 2024

15 GIUGNO, 6-12-13-14 AGOSTO 2024

BELLARIA IGEA MARINA – RIMINI

LINE-UP

15 GIUGNO – ROAD TO BAY FEST – BEKY BAY, BELLARIA IGEA MARINA (RN)

DESCENDENTS – FERNANDHELL + more T.B.A.

Prezzo: 20€ + d.d.p.

6 AGOSTO – POOL PARTY – MAPO CLUB, BELLARIA IGEA MARINA (RN)

STRUNG OUT – BELVEDERE

Prezzo: 10€ + d.d.p.

12 AGOSTO – DAY 1 – BEKY BAY, BELLARIA IGEA MARINA (RN)

ALKALINE TRIO + more T.B.A.

Prezzo: 20€ + d.d.p.

13 AGOSTO – DAY 2 – BEKY BAY, BELLARIA IGEA MARINA (RN)

MILLENCOLIN – LESS THAN JAKE – SHANDON

Prezzo: 20€ + d.d.p.

14 AGOSTO – DAY 3 – BEKY BAY, BELLARIA IGEA MARINA (RN)

NASKA + more T.B.A.

Prezzo: 25 + d.d.p.

ABBONAMENTI

FULL FESTIVAL PASS 5 DAYS (15 giugno, 6 agosto, 12/13/14 agosto)

Prezzo: 75€ + d.d.p.

BAY FEST 3 DAYS PASS (12/13/14 agosto)

Prezzo: 60€ + d.d.p.

BAY FEST 3 DAYS PASS (12/13/14 agosto) + CAMPING (4 notti 11/12/13/14 Agosto)

Prezzo: 120€ + d.d.p.

Estragon Club presenta EUROPAVOX: 8 e 9 marzo a Bologna, CRISTINA DONÀ (IT), POMME (FR), ADA ODA (BE) e RUMBA DE BODAS (IT) tra gli artisti in lineup.


EUROPAVOX 2024

ADA ODA (BE)
AOIFE NESSA FRANCES (IE)

CRISTINA DONÀ (IT)
POMME (FR)
ALO WALA (DK)
LA PEGATINA (ES)
RUMBA DE BODAS (IT)
VENGA VENGA (PT)

Per la la prima volta ad Estragon
il festival che riunisce il meglio della musica europea

8 e 9 marzo – Estragon Club, Bologna

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Estragon Club presenta EUROPAVOX. Il festival nato con l’intento di arricchire e promuovere la diversità della scena musicale europea torna in Italia e per la prima volta allEstragon Club, in due imperdibili appuntamenti l’8 e il 9 marzo 2024: ADA ODA (BE), AOIFE NESSA FRANCES (IE), CRISTINA DONÀ (IT), POMME (FR), ALO WALA (DK), LA PEGATINA (ES), RUMBA DE BODAS (IT) e VENGA VENGA (PT) sono gli artisti della due giorni di musica bolognese. La musica sarà accompagnata dalla mostra espositiva di Richard Bellia, fotografo francese.

L’8 e il 9 marzo Europavox, per la prima volta ospitato da Estragon Club – co-organizzatore dell’evento europeo – torna in Italia: il festival che ogni volta riesce a portare il meglio della musicale europea
Europavox è nato nel 2006 come progetto culturale e civico per promuovere la ricchezza e la diversità della scena musica europea. Dal 2016 ha il sostegno della Creative Europe program, della Commissione Europea. La formula segue la tradizione dei grandi festival europei: due giorni di musica che vi accompagneranno alla scoperta di sonorità diverse, vere e proprie culture, tutte animate dagli stessi valori universali.
Ma non solo musica, sarà presente la mostra espositiva di Richard Bellia: fotografo francese specializzato in music photography, nel 2016 ha pubblicato “Un oeil sur la musique 1980 – 2016” 5.6 kg di libro che raccoglie più di 1000 foto.

A salire sul palco l’8 marzo ci sarà POMME (FR),talentuosa cantautrice, compositrice e produttrice francese, che nel 2021 è stata premiata come Female Artist of the Year ai French Music Awards (Victoires de la Musique) e nel 2023 si è esibita per la prima volta in Italia, a Milano, in una data sold out. Ha già pubblicato tre album, acclamati dalla critica, “A peu près” (2017), “Les Failles” (2019) e “Consolation” (2022) e il più recente EP “Saisons” (dicembre 2023). Quest’ultimo è nato durante la preparazione di una serie inedita di concerti orchestrali durante il suo “Consolation tour”; ADA ODA (BE), con il loro rock up-tempo che evoca sia l’aplomb post-punk che i voli melodici di cui il varietà italiano è il segreto. Progetto nato nel 2020 da César Laloux (The Tellers, BRNS, Italian Boyfriend) e Victoria Barracato alla voce. César descrive la sua visione dell’amore e delle persone che lo circondano. I suoi testi sono stati prima tradotti in italiano e poi adattati da Victoria, figlia di un immigrato siciliano; CRISTINA DONÀ (IT), prima punto di riferimento, poi figura ispiratrice della scena musicale italiana, che ha aiutato a definire una nuova stagione del rock di matrice mediterranea reinventato il modello di interprete e autrice di questo genere; infine il folk seducente di AOIFE NESSA FRANCES (IE), fatto di melodie lussuose ingannevolmente serene e un approccio al lirismo sorprendente, messo in mostra fin dall’esordio e nel suo ultimo album “Protector” (2022).
Il 9 marzo invece si esibiranno LA PEGATINA (ES), dopo dieci anni di assenza di nuovo a Bologna una delle band musicali più internazionali della Spagna. Per l’occasione presenteranno il loro ultimo album “Hacia otra parte” e l’ultimo EP in catalano “La meva gent”. Dal 2008 i RUMBA DE BODAS (IT) fanno ballare il mondo. Il gruppo che ha fuso ska, funk, ritmi latini e afro in un sound in grado di far vibrare ogni palco; e ancora VENGA VENGA (PT), il progetto multidisciplinare degli artisti portoghesi Ricardo Don e Denny Azevedo, per la prima volta in Italia. Entrambi producer, cantanti, DJ e visual artists, hanno partecipato ai più importanti festival brasiliani e tour europei, passando per Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Svezia, Finlandia, Belgio, Croazia e Turchia. Una fusione di suoni tropicali, musica elettronica e arte queer si uniscono alla ricerca e al progetto musicale autoriale. A chiudere Europavox ALO WALA (DK), che con il suo inconfondibile ibrido di influenze provenienti da rap, elettronica e world music incarna perfettamente lo spirito del festival, proporrà un concerto ricco di sonorità del nuovo mondo e di un nuovo modo di pensare all’appartenenza reciproca in una società globale interconnessa.

Questi gli artisti che si esibiranno l’8 e il 9 marzo all’Estragon Club, in occasione di Europavox.

Le prevendite sono già disponibili
8 Marzo 
https://www.mailticket.it/evento/40875/europavox-2024-bologna
super early bird 10 euro + ddp (tariffa esaurita)
2nd release 15 euro + ddp
9 Marzo 
https://www.mailticket.it/evento/40876/europavox-2024-bologna
super early bird 10 euro + ddp (tariffa esaurita)
2nd release 15 euro + ddp
Abbonamento:
8 + 9 Marzo
https://www.mailticket.it/manifestazione/YO37/europavox-2024-bologna
super early bird 15 euro + ddp (tariffa esaurita)
PROMO 2nd release 20 euro + ddp

https://www.instagram.com/estragonclub/
https://www.instagram.com/europavoxmedia/

Deerhoof @ Locomotiv Club

Sono otto, forse dieci gli anni trascorsi dall’ultima visita in Italia dei Deerhoof. O così almeno sostiene Greg Saunier, in una delle sue sortite al microfono, probabilmente un escamotage per “tirare il fiato” tra una sessione e l’altra dalle furibonde scorrazzate dietro alla sua batteria minimale. 

È un Locomotiv pieno ma non pienissimo quello che accoglie la band di San Francisco nella sua tappa bolognese di un intenso tour europeo, a presentare, ma anche no in realtà, il diciannovesimo disco in studio, in quasi trent’anni di carriera. 
E, per inciso, il primo cantato totalmente in giapponese.
Il che fa un po’ strano, essendo Satomi Matsuzaki, voce e basso, nella band praticamente dal giorno zero.

In effetti però di ordinario, prevedibile, canonico, scontato, pronosticabile, nella carriera dei Deerhoof c’è poco o nulla. E dal vivo la sostanza non cambia. Anzi, se possibile si amplifica.

I quattro (oltre ai già citati Greg Saunier e Satomi Matsuzaki ci sono le chitarre di John Dieterich ed Ed Rodriguez) portano sul palco un’ora e mezza letteralmente debordante. Ed il termine non è usato a caso perché veramente il suono dei Deerhoof si fatica a contenerlo, ad indirizzarlo, un profluvio di note, parole, rumori, arpeggi, accordi, ritmi da uscirne pazzi. 
È un tumulto di squilibrio e instabilità, in certi momenti l’impressione è di sentire, racchiuse in un’unica portentosa entità (tipo Goku che si fonde con Vegeta), Captain BeefheartDon Caballero e boh, dico i Boredoms.

Il mio sguardo inebetito dalla bellezza del baccanale che sta andando in scena, si sposta da una parte all’altra del palco, dall’indemoniato Saunier, tarantolato e inesauribile sulla destra, al lato opposto, dove alberga la misura e la compostezza di Satomi.

Nel mezzo Ed e John in una sorta di trance, regalano passaggi di difficoltà clamorosa, ora intrecciando a velocità inimmaginabili scale ed arpeggi ora dedicandosi a feedback e distorsioni prettamente noise.

Difficile trovare qualcosa che non vada in una serata così, ed infatti non c’è.
C’è la gratitudine per esserci stati, quella sì.
E la curiosità per vedere come potrà il prossimo concerto che vedremo essere migliore del precedente.
Che è ciò che anima la nostra voglia di live.

Alberto Adustini

Turnstile – la band di Baltimora, riferimento della scena hardcore mondiale, torna in Italia per un’unica imperdibile data il 19 Giugno al Circolo Magnolia (Milano)

All Things Live Italy presenta Turnstile. Torna in Italia per un’unica data uno dei progetti più innovativi della scena hardcore punk degli ultimi anni, mercoledì 19 giugno al Circolo Magnolia di Milano
Biglietti disponibili solo sulla piattaforma di ticketing e discovery DICE. 

La musica dei Turnstile, in continua evoluzione, ha l’intento di abbattere barriere sia da un punto di vista sonoro che ideologico. Dopo l’Ep d’esordio Step 2 Rhythm (2013) e il primo album Nonstop Feeling(2015), la band originaria di Baltimora (Maryland) dimostra il desiderio di ampliare i propri orizzonti nel 2018 con Time & Space, che li posiziona sotto i riflettori della critica: la prima collaborazione con Roadrunner Recordsviene inclusa tra i migliori album dell’anno da testate come The New Yorker, il New York Times, Rolling Stone, NPR, e GQ.
La vera e propria consacrazione a progetto di riferimento del movimento post-punk arriva nel 2021 con GLOW ON. Nel loro terzo LP, i Turnstile fondono il classico sound hardcore newyorkese, fatto di riff incendiari che pompano il sangue nelle vene, ritmi trascinanti, parti cantate viscerali, con influenze più morbide e nitide, influenzate dall’alternative rock, e una produzione più dreamy e riverberata. GLOW ON è il disco più ricco di sfumature e versatile, che vale alla band 3 nomination alla 65esima edizione dei Grammy Awards, seguiti da altrettanti intensi anni di tour come apertura per My Chemical RomanceBlink-182, e nei principali festival e palchi di tutto il mondo (Primavera Sound, Glastonbury Festival, Lollapalooza, Camp Flog Gnaw, Rock am Ring 2023, Coachella).
L’ultimo lavoro discografico, uscito lo scorso agosto, si intitola “New Heart Designs” ed è realizzato congiuntamente con i BADBADNOTGOOD: contiene versioni rielaborate di “Mystery”, “Alien Love Call” e “Underwater Boi”.

I Turnstile ti aspettano mercoledì 19 giugno al Circolo Magnolia di Milano.

Metalitalia.com è Media Partner ufficiale dell’evento.


Biglietti solo su DICE
19.06.24 – Circolo Magnolia, Milano
https://link.dice.fm/fae5409fa3b5


Turnstile
https://www.instagram.com/turnstileluvconnection/

All Things Live Italy 
https://www.instagram.com/allthingsliveit/
https://allthingslive.it/

Ufficio Stampa All Things Live_Astarte

Tre Domande a: Laura Masotto

Come e quando è nato questo progetto?

Ho iniziato a suonare il violino quando avevo cinque anni con la musica classica che era l’unica strada per studiare questo strumento. Crescendo ho iniziato ad ascoltare musica ben diversa dalla classica, tutti i suoni elettronici mi ipnotizzavano e mi era nato il desiderio di sperimentare con il mio strumento. Così ho iniziato a suonare in una band rock e piano piano il suono del mio violino si trasformava, prima provando i pedalini del chitarrista del gruppo, poi comprando un violino elettrico e ormai la mia voglia di musica sperimentale era sempre più forte. In quegli anni componevo le parti degli archi per vari cantautori e nei due gruppi in cui suonavo.
Mai avrei pensato di fare un progetto di violino solo, ma un giorno del 2018 qualcosa si è mosso dentro di me. L’incontro con una persona a Berlino mi ha portato a fare qualcosa che ancora non avevo immaginato. Tornata da quel viaggio ho comprato una looper, ho iniziato a registrare layers e poi inventare melodie. In due mesi avevo preparato il mio primo album per violino solo e looper: Fireflies. Volevo ripartire da capo, dal suono puro del violino e poi album dopo album integrare le altre parti di me con i sintetizzatori, la sperimentazione del suono con gli strumenti ad arco, le campane tibetane, il tamburo sciamanico e il gong. 
Ora sono al terzo album, si chiama The Spirit of Things, è nato con il brano Dark Horse che di getto ho scritto dopo un viaggio sciamanico, che possiamo descrivere come una viaggio onirico alla ricerca del nostro animale guida. Questo album mi ha portato fino in Guatemala e ora non vedo l’ora di condividerlo.

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Amo emozionarmi con la musica e condividere questo stato con le altre persone, penso sempre che i concerti si facciano insieme, tra chi sta sul palco e il pubblico. A volte quando suono dal vivo sento delle scosse che mi attraversano il corpo, a volte i giorni che seguono ho male alle gambe come se avessi corso una maratona. Le vibrazioni che emana il violino sono molto forti e il fatto che sia appoggiato al collo, in contatto con la mandibola fa si che le ossa entrino subito in risonanza, a volte mi sembra di essere un tutt’uno con lo strumento. 
Amo dedicare il tempo anche a suonare altri strumenti come i sintetizzatori, le percussioni, il sitar, la viola, in particolare quando lo faccio con alcuni miei amici musicisti, quando andiamo in sala prove e colleghiamo tutto e per ore ci sconnettiamo dalla vita reale. 

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare/condividere il palco?

Ci sono diversi artisti con cui mi piacerebbe sia collaborare che condividere il palco.
Mi piacerebbe arrangiare i brani per archi di Björk, per me lei è un’artista che si è contraddistinta per originalità, sensibilità e intensità. Mi piacerebbe inoltre stare sul palco con lei per capire meglio la sua arte visuale e vivere uno dei suoi sogni che mette in scena nei suoi spettacoli.
Con Thom Yorke mi piacerebbe scrivere un brano perché ho una grande stima per il suo gusto nella ricerca dei suoni, in particolare dei sintetizzatori.
Con Benjamin Clementine vorrei suonare il violino con un quartetto d’archi perché la sua voce e pianoforte si impastano perfettamente con il suono degli archi e creano una vera magia.
Se dovessi scegliere una band con la quale salire sul palco sarebbero gli LCD Soundsystem perché creano un muro di suono che fa stare bene gli spettatori.
Tra gli artisti italiani con cui mi piacerebbe collaborare sicuramente sceglierei Daniela Pes per la sua purezza e intensità.

Foto di copertina Francesca Serotti

Studio Murena, il jazzcore italiano che vuole superare i confini

Lo Studio Murena è una delle realtà più interessanti emerse in questi ultimi anni in Italia. Sono in sei (Carma – MC, Matteo Castiglioni – Piano e Synth, Marco Falcon – batteria, Giovanni Ferrazzi – elettronica, Maurizio Gazzola – Basso, Amedeo Nan – Chitarra), vengono da Milano e suonano una personalissima rilettura del jazz, declinato a piacere come jazzcore o come preferite, base sulla quale trova terreno fertile il rap di Carma (all’anagrafe Lorenzo Carminati).

Li abbiamo raggiunti per chiacchierare un po’ sul loro club tour, sul loro ultimo disco Wadi Rum e sui loro progetti futuri.

Ciao ragazzi, bello vedervi tutti e sei e grazie della disponibilità.

SM: “Grazie a voi!”

Partiamo dal vostro nuovo album anche se risale ormai al maggio dello scorso anno, Wadi Rum. Come mai questo titolo e perché la scelta è ricaduta su questo luogo così evocativo? E curiosità mia, ci siete stati per caso?

Carma: “No nessuno di noi ci è mai stato. Poi per il resto è partito tutto da come hai detto tu, ci è sempre piaciuto scrivere musica riferendoci a luoghi lontani, o a non-luoghi che ci aiutasse un po’ a descrivere la realtà. Già nel primo disco avevamo scritto un brano, ripensando ad un brano degli Isotope 217, Utonian, che racconta di un mondo immaginario, un altro pianeta da cui osservare la terra.

Per questo disco invece abbiamo pensato appunto alla Valle della Luna in Giordania con la stessa ottica appunto, partendo da alcune foto scattate da un nostro amico poco prima del lock down, e da queste abbiamo iniziato a ragionare e a sviluppare questa sorta di concept sull’aridità di Milano.”

Prendo spunto da quanto avete appena detto perché la scelta di un posto così antipodico rispetto a Milano, che è presente nel disco, la si avverte come sfondo alle storie che raccontate. La domanda quindi che vi volevo fare è quale ruolo ha Milano nel disco e per voi personalmente.

Carma: “Beh, Milano è sicuramente la città che ha dato il via al nostro collettivo ed è anche una metropoli dalla quale hanno origine e si formano un sacco di realtà, idee, progetti, quali è anche Studio Murena. Milano poi da un lato si contrappone all’idea di deserto, dall’altro si accomuna ad esso, se si parla di “deserto mentale, interiore”, quindi c’è questa forte dicotomia in tutto il disco”.

A livello di composizione dei brani come procedete? I testi vengono aggiunti in un secondo momento o a volte create il brano su di qualcosa di già esistente? E a livello di suoni, quanto ha influito l’aver lavorato con Tommaso Colliva? E ultima, quanto è cambiato il disco da quando siete entrati in studio a quando è finito masterizzato e “confezionato”?

Carma: “Per quanto riguarda testi e musica nascono praticamente sempre insieme, è sempre stato così. Poi negli anni il metodo è cambiato molto, è aumentata l’intimità tra noi sei, si è affinata, ma il modus operandi è rimasto lo stesso diciamo”.

Giovanni: “Per quanto riguarda i suoni, diciamo che tutto è cambiato con Tommy, che è produttore e quasi direttore artistico del disco. In realtà già in fase iniziale, su un paio di brani (Corri e Marionette) che erano ancora dei demo, ci ha dato delle dritte, dei consigli, delle indicazioni. In studio poi si è adoperato molto sui suoni di chitarra e pianoforte principalmente, ha ampliato il ventaglio timbrico in tutte le direzioni. In realtà appunto già in fase embrionale, parlare con lui su quale direzione prendere, cosa volevamo fare, ci ha aiutato molto per poi scrivere i pezzi. È stata sicuramente una figura fondamentale”. 

Vi siete fidati. E affidati.

Matteo: “Beh sì, e lui si è fidato di noi. Quando ci aveva mostrato interesse per il nostro progetto non abbiamo fatto altro che accettare e fidarci, perché conosciamo bene il suo lavoro”.

Nel disco ci sono parecchie collaborazioni. Voi siete già al secondo disco ma siete ancora relativamente giovani, eppure nel vostro disco trovano spazio mostri sacri come Fresu, Danno del Colle der Fomento, Ghemon. Come sono nate queste collaborazioni e come è andata per la scelta dei brani? Sono stati in qualche modo “assegnati”?

Carma: “Sono state esperienze super arricchenti per tutti. Poi ovviamente ognuno c’ha il suo santino, tipo per me Danno è stata un’esperienza magica e super importante. Però tutte le collaborazioni sono nate da interessi dimostrati dai collaboratori, molto prima rispetto alla stesura dei brani. Cioè Ghemon è stato il primo nostro supporter, non inteso come supporter con la spunta blu, ma il primo vero che ha iniziato a scriverci “continuate così””.

Giovanni: “Poi alcune collaborazioni sono nate durante il tour, come con Laila Al Habash e Arya. Con Fresu addirittura forse lui ci ha seguito su Instagram, e si è dimostrato subito interessato e vero, e gli abbiamo mandato in tempo zero la strumentale, ci ha registrato sopra un paio di cose e con l’aiuto di Tommaso l’abbiamo inserito in diversi punti. Come siamo contentissimi di aver lavorato con Gabrielli (Enrico, Calibro 35 tra le varie cose, NdA)”. 

Voi siete ormai ininterrottamente in tour da quasi due anni, quindi vi chiedo, anche in relazione alle collaborazioni e agli endorsement di peso che avete ricevuto, che tipo di facce si vedono ai vostri live? Perché mi aspetto sia quello che ascolta hip hop come l’appassionato di jazz.

Giovanni: “Per quanto riguarda il pubblico siamo stati davvero mega contenti, specialmente per le date nei club, in quanto siamo partiti con tanta ansiamo ma ne stiamo uscendo, chi più chi meno, molto felici. Poi ogni tanto vedi tra il pubblico gente che sembra avere degli enormi punti di domanda mentre guardano l’esibizione, ma in generale abbiamo avuto un sacco di sale piene, dai cinquantenni e diciassettenni che erano lì per noi e la nostra musica”.

Siete già al lavoro su del nuovo materiale?

Carma: “Sì, di brutto. Abbiamo un bel po’ di carne al fuoco. Ci sono un sacco di belle demo ma non siamo ancora andati studio da Tommy per fargliele sentire e partire “ufficialmente” coi lavori per il disco nuovo però ci siamo vicini ecco”.

E lavorare in sei com’è?

Maurizio: “Avrei un sacco di parolacce da dire. Vai tu Carma che sei più diplomatico (si ride…)”

Carma: “È complicatissimo lavorare con tante teste, specialmente su un processo creativo e soprattutto quando tutte e sei ci tengono tanto. È un lavoro di mediazione costante tra le varie pulsioni creative, non smettiamo mai di scornarci tra di noi, ma se vi sono piaciuti i dischi prima, che abbiamo fatto pure quelli scornandoci, vuol dire che sta diventando proprio il nostro modus operandi”.

Avete mai preso in considerazione, o tu Carma in particolare, di rappare in inglese?

Carma: “Ci abbiamo pensato, ci abbiamo ragionato su, per ora però l’idea è quella di fare qualcosa di figo, potente, in italiano, cercando di portarla anche fuori dai confini”.

Va bene ragazzi, direi che vi abbiamo rubato già abbastanza tempo, per cui vi ringraziamo e a questo punto speriamo davvero di riuscire a sentirci per il prossimo disco.

Carma: “Assolutamente, grazie a voi!”