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Boy Harsher @ NOVA

Nella torrida Bologna estiva non ci si annoia mai.
La quantità di concerti proposti sembra sia direttamente proporzionale all’aumento di gradi percepiti ma noi non ci facciamo spaventare facilmente, quindi armati di ventaglio e borraccia siamo tornati al Botanique, giardino nel cuore della città universitaria, per un’altra serata targata NOVA Festival.
Questa volta, sul palco, abbiamo il duo dark wave americano Boy Harsher, composto dall’ipnotica cantante Jae Matthews e dal produttore Augustus Muller.

La band ha all’attivo quattro dischi, di cui l’ultimo è la colonna sonora del loro autoprodotto lungometraggio, un’estetica da dark anni ’80, e una marea di fan sfegatati. Il giardino è stracolmo di gente, ovviamente tutti vestiti di nero anche se ci sono 50 gradi percepiti, e sembrano tutti o quasi appena usciti da qualche club underground berlinese. Anche perché sono anni che i Boy Harsher non passano dall’Italia, e brucia ancora la data annullata nel maggio dell’anno scorso dovuti a problemi familiari di lei, ma devo dire che ieri si sono fatti più che perdonare.

Si parte con Keep Driving, che apriva il disco del 2019 Careful, con l’intro minimale che prepara il campo per la voce soave di lei. Inizio lento, ma che lentamente ti trascina in un universo onirico e ancestrale. Con Fate abbiamo una base decisamente più ritmata, sempre con quello stile synth pop e post industrial che li caratterizza, e che i fan aspettano con ardore per lanciarsi in balli sensuali e morbidi, come la voce di lei. La cover di Wicked Game, singolo cult di fine anni ’80, con uno stile decisamente più dreamy e minimale, porta il pubblico a cantare a squarciagola. Gran finale col loro singolo ormai diventato immancabile in ogni DJ set underground e che sembra scritto da un incrocio tra i Depeche Mode e i D.A.F., Pain

Seducente e magnetico, aiutato da un ottimo gioco di luci, il concerto aveva un aspetto oscuro ma allo stesso tempo romantico. Non a caso Muller ha scritto ben due colonne sonore per la casa produttrice di film per adulti Four Chambers. Il live, anche se durato a malapena un’oretta, ci ha regalato esattamente quella catarsi goth ma sensuale che ci si aspetta ad un concerto synthwave. Si sentono tantissimi richiami ai Suicide, grazie all’alternarsi perfettamente bassi monotoni da lui ripetuti in maniera ossessiva alle urla acute di lei. 

Insomma, se volete sentirvi come dentro ad un film di Lynch, andate ad un concerto dei Boy Harsher e sarete accontentati.

Alessandra D’aloise

Three Questions to: Sam Burton

What would you like to inspire in the people who listen to your songs?
I’m not trying to inspire anything in people. I just want to do my best making songs. I want to stay as true as I’m capable of to the process. Everyone has their own response or lack thereof to music when they hear it and it makes no difference to me what that is. I’m just happy to be able to write and share my music. 

What do you like the most of making music?
I couldn’t pick what I like most as I couldn’t imagine giving any aspect of it up by choice so I’ll just say that my favorite right now is the writing process. I enjoy the solitude of it or rather the communion with the self. The process of making songs feels much more meaningful than the songs themselves. When I’m able to search my unconscious and trust what comes through it feels akin to a spiritual practice. I enjoy the sense of purpose and mystery. There can be a peace to it and it can also make me very frustrated and self critical but  I like discovering more about myself through the process. 

Is there any event or festival in particular you would like to play?
I would love to play a show in Palestine. It’s where my father is from. It would be very meaningful to me to play there. 

Cover pic: Kathryn Vetter Miller

Moderat @ Sequoie Music Park

Bologna, 12 Luglio 2023

Serata all’insegna della musica elettronica in quel di Bologna.
Siamo al parco delle Caserme Rosse, nella periferia della città felsinea, dove su questo enorme prato si alternano per quasi tutta l’estate una serie di grandi artisti, internazionali e non.

Dal rock alternativo dei Verdena, ieri sono tornata a sentire un trio berlinese che ormai la fa da padrone nel mondo della musica dance elettronica: sto parlando del super gruppo dei Moderat, formato dalla fusione tra il progetto dei Modeselektor, all’anagrafe Gernot Bronsert e Sebastian Szarzy, e Sascha Ring, in arte Apparat

Ad aprire le danze, una combo made in Italy che non vedevo l’ora di sentire dal vivo, dato che il loro disco è stato un vero gioiellino della musica synth pop degli ultimi anni. Sto parlando del Quadro di Troisi, nato dalla fusione delle grandi menti della cantautrice Eva Geist e dell’alfiere della musica elettronica Donato Dozzy. La voce soave della Geist si sposa perfettamente con la base dance minimalista di Dozzy, creando un tributo a tutta la musica cantautoriale italiana degli anni 80, in principal modo Battiato e Matia Bazar. Ieri, però, ho fatto un po’ fatica ad entrare nel mood giusto, sarà per la luce del tramonto e anche per i cartelloni pubblicitari accanto al palco che, con i loro colori sgargianti, mi distraevano in continuazione. Spero proprio di poterli risentire quest’inverno, al chiuso in un club, dove potrò godere dell’atmosfera onirica giusta.

Finalmente è notte, vengono spente tutte le luci e parte la magia.

I tre sono al buio, s’intravedono solo le sagome sul maxi schermo alle loro spalle, dove verranno proiettati visual con richiami ai vari artwork dei dischi per tutta la durata del concerto. Si parte con un pezzo vecchio, forse il più famoso: A New Error, immediatamente riconoscibile dalle note iniziali e infatti scatena immediatamente un grido di ovazione, e tutti, ma dico tutti, iniziano a ballare. Qualcuno intona ovviamente Felicità di Albano e Romina, due canzoni ormai indissolubilmente legate grazie ad un pazzo ma viralissimo remix (se non sapete di cosa parlo cercatelo su YouTube, mi ringrazierete). Si continua con Rusty Nails, sempre dallo stesso disco Moderat del 2009, con la sua techno ritmata ma mai esagerata, accompagnata dalla voce armoniosa di Apparat. Si passa all’ultimo album, More D4ata, anagramma di Moderat 4.

Devo dire che ero abbastanza spaventata perchè, ascoltandolo da casa, mi risultava un disco abbastanza noioso e piatto, ma dal vivo è tutt’altra cosa. More Love, Copy Copy e Fast Land vengono ancora più ritmate e dilatate, rendendole perfettamente in linea con i vecchi dischi e facendomi rinnegare ogni dubbio. Apparat gioca col pubblico, lo saluta, ci chiede come facciamo a sopravvivere con questo caldo torrido, ma soprattutto, si diverte. Un sorriso a 32 denti stampato in faccia dall’inizio alla fine del live, che rende impossibile non sorridere di conseguenza.

Grande finale con Bad Kingdom, accennata dalla band e immediatamente bloccata, solo per poi farla ripartire in grande stile, e permettendo alla folla di sciogliersi in un ballo frenetico.

Uno spettacolo mozzafiato, regalato da professionisti che si vede che macinano concerti da anni e che sono proprio nati per farlo. Anche l’impianto era perfettamente adatto ad un concerto di musica elettronica all’aria aperta, un dato non scontato. Unica cosa negativa: mi hanno dato la birra in un bicchiere di plastica monouso. In eventi così grandi, nel 2023, bisognerebbe adeguarsi per avere materiali riutilizzabili, il pianeta ci ringrazierà.

Bravi tutti, serata che non dimenticherò facilmente.

In copertina foto d’archivio di Simone Asciutti

Ben Harper & The Innocent Criminals @ Circolo Magnolia

Milano, 11 Luglio 2023

Un martedì che sembra come un altro, ma quando c’è la musica ad animarlo, nulla è scontato. 

Arriviamo al Circolo Magnolia di Segrate e non vediamo l’ora di goderci per un’ora quello che sembra sempre uno spettacolo per il corpo e per l’anima: quello di John Butler che si esibisce solo con alcune delle sue ultime canzoni dall’album Home. Ogni sua canzone inizia come un viaggio che prende strade imprevedibili e si ricongiunge con noi, il pubblico, e con le sue chitarre. 

La sua musicalità è come sempre un mix di moltissimi generi ma che nascono dalla sua terra, l’Australia, dove ci racconta che proprio suo nonno gli ha insegnato a suonare la chitarra per poi ringraziare Ben Harper stesso per aver condiviso nel mondo, e reso famoso, quel mondo e quelle tradizioni. 

Non poteva che non finire la session con la sua Ocean, una canzone solo strumentale che è quella che l’ha consacrato come mostro sacro della chitarra. Una canzone che ti trasporta dentro il suo mondo come non lo riesce a fare nessun’altra e che emoziona sempre, tanto. 

L’atmosfera si fa calda, e non vediamo l’ora di sentire Ben Harper & The Innocent Criminals.

La critica lo ha osannato, Rolling Stone ha definito i suoi brani “gioielli di unico e squisitamente tenero rock and roll” mentre Entertainment Weekly ha lodato la sua “profondità casual” e Billboard ha scritto che la sua musica “ci ricorda del potere e della bellezza della semplicità”.

Il concerto sarà l’occasione per ascoltare dal vivo i brani di Bloodline Maintenance, l’ultimo album uscito la scorsa estate e recentemente pubblicato anche in una speciale versione in vinile.

Prodotto dallo stesso Harper – vincitore di tre Grammy Awards – insieme al collaboratore di lunga data Sheldon Gomberg, Bloodline Maintenance è quell’insieme di brani in cui si applica l’inventiva dell’hip hop ai paradigmi classici di soul, blues e jazz.

Nel debutto del tour italiano, intimo e accogliente, ascoltiamo i suoi brani più famosi, per lo più lavori minimali, armonie di chitarre, acustiche o elettrificate, che insieme al suo timbro iconico accompagnato da pochi altri strumenti, incantano il pubblico del Circolo Magnolia, guidandolo lungo un percorso travolgente tanto per gli ascoltatori quanto per Harper stesso.  

Da Better Way a Fading, passando per Mama’s Trippin’, Walk Away, Power of the Gospel, She’s Only Happy in the Sun, più un encore con Please Bleed su richiesta del pubblico e With My Two Hands, Ben Harper si esibisce in una setlist fatta non solo dei suoi più grandi successi, ma anche di intervalli strumentali che mandano il pubblico in visibilio. Il picco di gioia ed emozione arriva con il secondo brano in scaletta, tra i più amati di Harper, un lavoro virtuoso, sensibile e onesto, che proprio per questo riesce a toccare le corde più tese di chiunque lo ascolti: Diamonds On the Inside trasporta anche il pubblico milanese. 

“Make sure the fortune that you seek is the fortune that you need”: così, Ben Harper e la sua storica band, gli Innocent Criminals, ci hanno uniti tutti con un monito universale, per un destino universale, e così, in quel martedì che alla fine non era come un altro, ci ha fatto vibrare il cuore. 

Valentina Carraro

Melvins @ sPAZIO211

Torino, 11 Luglio 2023

L’ultima serata della rassegna T!LT, Turin is Louder Today, è stato un appuntamento storico. Per festeggiare i quarant’anni di carriera sono saliti sul palco dello sPAZIO211 i Melvins, storica formazione proveniente dai sobborghi di Seattle e che al grunge ha mostrato giusto le accordature ribassate di King Buzzo, vero trademark della musica di lassù, parola di Soundgarden e tante grazie anche da parte di Nirvana e Mudhoney. Vere e proprie icone viventi, testimoni di un approccio alla musica fatto di tecnica, sperimentazione, inquieta ispirazione.

Era il 1983 quando Roger “Buzz” Osborne, Mike Dillard e Matt Lukin (quel Lukin che ospitava Vedder in fuga) fondavano i Melvins. Da allora un numero imprecisato di artisti si è alternato sul palco e in studio. Presenti nel primigenio Deep Six, raccolta che presentò al mondo Soundgarden e Green River, tra gli altri, spalla dei Nirvana in tour, prodotti da Mike Patton, che spesso li ha voluti vicini ai suoi Mr.Bungle. Hanno collaborato con Jello Biafra, Pixies, Tool, Novoselic. E chiudo con le referenze. 

Da parte loro i Melvins hanno esplorato ogni declinazione del metal, dell’alt-qualcosa, dello stoner, citando decine di fonti, dai Black Flag ai Black Sabbath, in rigoroso ordine alfabetico.

Ma procediamo con ordine.
I primi a salire sul palco sono stati i Treehorn, trio cuneese in bilico tra blues e stoner, affascinante prodotto delle polverose pianure della provincia Granda. Solidi, di mestiere e assolutamente a tema.
I Melvins si schierano con la seguente formazione: chitarra e voce Buzz Osborne, batteria per Dale Crover e al basso Steve McDonald. I nostri si presentano al pubblico sulle note di Take on Me degli A-ha, giusto per sdrammatizzare e far cantare tutti, da subito.
La chioma fluente di King Buzzo al lavoro è tra i tre fenomeni più ipnotici esistenti in natura. Ormai completamente bianca, quando viene colpita dalle luci illumina a giorno le prime tre fila e fa sanguinare gli occhi ai fotografi. Ma è anch’essa parte dello show, che è di una qualità altissima. I Melvins non sono solo rumore, non offrono uno stoner greve e tombale, ricordano più un Bach strafatto di peyote e che ha dimenticato la melatonina. Nello stesso pezzo si cambia tempo, accento, stile, genere, secolo e financo religione.

Non perdono un solo colpo, non una nota fuori posto. La setlist è composta da quindici brani da otto album (incisi una trentina, sia messo agli atti), ed è un menù completo, che sfama ogni appetito, comprendendo anche un omaggio ai Beatles, con una I Want to Hold Your Hand da applausi.
A quasi sessant’anni d’età King Buzzo e i suoi ci hanno regalato un concerto fatto di talento e mestiere. Un gruppo tecnicamente importante e che è stato seminale per buona parte degli artisti degli anni novanta.

Qualcuno a fine corsa si è lamentato della durata dell’esibizione, ma andrebbe loro ricordato che a volte è la qualità a battere la quantità.

Densi, duri e solidi per un’ora e un quarto di spettacolo, io sono uscito col sorriso. 

Damien Rice @ Teatro La Fenice

Venezia, 11 Luglio 2023

Credo ce l’abbiate in mente tutti il dialogo di Pulp Fiction tra Mia Wallace (Uma Thurman) e Vincent Vega (John Travolta), seduti al tavolo poco prima della sfida di ballo, quando lei fa quella domanda sui “silenzi che mettono a disagio”.

Ora, questo nelle intenzioni è un articolo, racconto, chiamatelo come volete, in merito al concerto che Damien Rice ha tenuto ieri sera (11 luglio) al Teatro La Fenice di Venezia, quindi siamo di fronte ad una combo di una potenza incalcolabile: uno dei più grandi cantautori degli ultimi vent’anni in uno dei più bei teatri del mondo.

E nonostante le insopportabili afose temperature di questi giorni tentino di rendere più faticoso e snervante i quaranta minuti di camminata attraversi i campi e le calli della Serenissima, dalla stazione al teatro, ciò che si inscena alle 21:15 è quanto di più vicino io possa pensare alla definizione di incanto.

Una situazione sospesa, dove tempo e spazio tendono ad annullarsi, diventano irrilevanti ai fini dell’esperienza che si sta facendo, dove le variabili in ballo escono dai canonici piani o sistemi per collocarsi ad un livello superiore, dove ciò che conta è ciò che senti, ciò che percepisci, ciò che sei in grado di percepire.

È un live che vive di vuoti, come gli ampi spazi del palco scarnamente riempiti dalla minima strumentazione a supporto dell’esibizione, una postazione centrale, qualche pedale e una manciata di chitarre, alla sinistra una tastiera, alla destra una sedia e il violoncello di Francisca Barreto, tutto attorno a mò di semicerchio pochi fari.

È un live che vive spesso di silenzi, di sottrazione, Damien stesso pare volersi sottrarre agli sguardi adoranti e bramosi di magia del pubblico, è spesso in ombra o illuminato appena da luci laterali o alle spalle, quando non nascosto da una tenue coltre di fumo. 

Il concerto si poggia su di un delicato equilibrio tra Rice e il pubblico, religiosamente in silenzio durante i brani quanto fragoroso al termine degli stessi. Non mancano ovviamente i boati e gli urli di approvazione alle prime note di Older Chest, Delicate, si ride sonoramente negli intermezzi “colloquiali”, specie se l’argomento di discussione sono le prime erezioni giovanili (ok forse questa si poteva omettere…), o se il massimo complimento che riesce a fare della location è un “pretty pretty place”.

Sono forti e sincere le emozioni che si sprigionano in 9 Crimes, dove la voce di Francisca Barreto si avvicina in maniera magica al timbro di Lisa Hannigan, c’è spazio anche per un duetto “a sorpresa”, quando sul palco viene chiamata Greta Zuccoli a cantare Cold Water.

E pare sinceramente sorpreso Damien quando chiede al pubblico con quale brano terminare il concerto, se qualcosa di più soft o forte. La scelta ricade sulla seconda opzione, per cui è la mia preferita, I remember, a chiudere col suo inizio dolce e il finale (letteralmente) stroboscopico un concerto memorabile.

Un applauso che pare non avere fine “costringe” i due musicisti a tornare sul palco, c’è da mettere la ciliegina, ed ecco che senza microfono, ora sì consegnandosi alla platea, Damien Rice dona la sua canzone più celebre, The Blower’s Daughter.

Perfetto. 

Sarebbe stato tutto perfetto davvero.

Ma.

Ricordate il discorso iniziale, quello di Pulp Fiction e del silenzio? 

Io non lo so se il problema sia stato il silenzio che mette a disagio, o se la motivazione fosse un’altra, sciatteria, ignoranza, genuino irrefrenabile entusiasmo, però aver sentito il bisogno impellente da parte di uno spettatore di applaudire mezzo secondo prima che tutto fosse finito, che quel “’Til I find somebody new” appena sussurrato da Damien Rice suggellasse qualcosa di davvero, davvero bello… lo avverto solo io quel fastidio che fatica ad andarsene?

In copertina foto di Aurora Ziani (Damien Rice @ Pistoia Blues Festival)

The Brian Jonestown Massacre @ sPAZIO211

Torino, 10 Luglio 2023

La quarta serata di T!LT, Turin is Louder Today, rassegna di concerti open air proposti dallo Spazio211, vede salire sul palco la band californiana de The Brian Jonestown Massacre.

In realtà non si tratta di una prima assoluta, perché erano stati ospiti della città già nel 2016, durante i ToDays, nella stessa venue.

La serata viene aperta dai Mother Island, gruppo vicentino dedito al rock psichedelico. Definiscono la loro musica ed il loro stile come “il caldo torrido della psichedelia westcoastiana filtrato da una lisergica nebbia britannica”. Fatto è che sono assolutamente in linea con coloro che saliranno sul palco successivamente. 

TBJM sono soprattutto Anton Newcombe, cantante e leader maximo della formazione di San Francisco, figura carismatica, spigolosa e iper creativa, attorno alla quale, negli anni, hanno ruotato qualcosa come sessanta musicisti diversi, alcuni di gruppi blasonati, come The Dandy Warhols e Black Rebel Motorcycle Club. Tutto iniziò nel ’91, quando Newcombe incide un singolo intitolato Pol Pot’s Pleasure Penthouse e diventa di culto nella scena indie californiana. Dopo il disco di esordio rifiuta le majors che si fanno avanti e procede la sua marcia fatta di libertà artistica e stilistica: nel solo 1996 escono tre album, tre capitoli in cui si passa dallo shoegaze al folk, dai Velvet Underground agli Stones, per finire nel country. Seguirono altri album, storie di alcol e droga, rehab e scioglimenti, che però, nel corso degli anni, non hanno impedito alla band di produrre dischi, arrivati al venerabile numero di venti. The Future Is Your Past, uscito a febbraio 2023 è il motivo che ha spinto TBJM in giro per il mondo. 

Il live è uno spettacolo antico e psichedelico, in cui le chitarre planano in overdrive, è integralista e analogico, con riti che appartengono al secolo passato, come le pause infinite tra un pezzo e quello successivo: la band si prende il tempo per un’accordata, per una mezza sigaretta, per un sorso di vino, spezzando il ritmo della setlist, e mostrando quello che sembra essere una sorta di simulazione di sala prove, dove non c’è elettricità da live, dove il rapporto col pubblico si limita a un “faccaldi” e poco altro. Del resto siamo davanti a un pezzo di storia della musica americana, una band che gira con il pilota automatico. La setlist segue la traccia del tour, quindi ampiamente annunciata, copre tutti gli anni di attività della band e non scontenta nessuno. Sul palco sono in otto, ma diventano dieci sugli ultimi pezzi, quando i roadies imbracciano altre chitarre, arrivando a un totale di sei. Un piccolo wall of sound vecchia maniera, che chiude un live impeccabile.

In copertina foto d’archivio di Francesca Garattoni

Tutto pronto per i Moderat + Il Quadro di Troisi a Sequoie Music Park (Bologna)

MODERAT +
IL QUADRO DI TROISI
11 LUGLIO 2023

Tutto pronto al Sequoie Music Park per l’arrivo dei Moderat. Il supergruppo tedesco, formato dai Modeselektor (Gernot Bronsert + Sebastian Szary) e da Apparat (Sascha Ring) suonerà martedì 11 luglio al Parco delle Caserme Rosse a Bologna. Ambasciatori della musica elettronica berlinese, i Moderat si incontrano per la prima volta nel 2002 e dopo un primo EP, “Auf Kosten der Gesundheit”, pubblicato nel 2003, danno alla luce il primo album “Moderat” nel 2009. I bassi dei Modeselektor, le melodie di Apparat, la loro musica diventa subito di successo, “A New Error” è uno dei pezzi migliori dell’anno. Dopo aver pubblicato gli album “II” e “III” i Moderat si prendono una lunga pausa nel 2017, per poi tornare sulla scena musicale mondiale con More D4ta, ultimo lavoro uscito il 13 maggio 2022.
Nuovo album e di conseguenza nuovo live che si apprestano a portare sul palco di Sequoie Music Park

Il Quadro di Troisi
Il Quadro di Troisi è il progetto nato da Donato Dozzy (pioniere della techno italiana) e la cantautrice Eva Geist. Il nome deriva dalla passione comune di entrambi per Massimo Troisi. Concepito nel 2018, è poi stato portato a termine solo grazie a una fitta corrispondenza durante il periodo di lockdown nel 2020.
Il primo disco, è una riflessione sul mondo contemporaneo fusa con interi decenni di storia della musica, compresi e trasformati nel presente traendo ispirazione dalla eredità italo-disco e synth pop dei due artisti.

Sequoie Music Park fa parte di Bologna Estate 2023, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena

Moderat – Martedì 11 luglio 2023
Sequoie Music Park – Parco delle Caserme Rosse
Via di Corticella, 147 – 40128 Bologna BO
Biglietti su www.ticketone.it e www.boxerticket.it
Lavoropiù Pit Area : 73,60 € + d.p.  – Posto Unico 46,00 € + d.d.p