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Tag: tre domande

Tre Domande a: Dragoni

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Quando ho scritto la maggior parte delle canzoni presenti nel disco ascoltavo molto Sufjan Stevens, Phoebe Bridgers e Big Thief. Sicuramente sono stato ispirato da loro, anche se poi nell’arrangiare i pezzi è venuto fuori qualcosa di differente.

 

Progetti futuri? 

Prima dell’estate vorremmo pubblicare una delle canzoni presenti nel disco, Propaganda, insieme a una serie di remix a cura di Lorenzo BITW e di alcuni producer che ruotano attorno all’etichetta Big Lakes Records. Dragoni è un progetto solista, ma credo che la musica migliore nasca da esperienze comunitarie e con una release più corale vorrei restituire questa esperienza di comunità.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Incagli: c’è un synth anni Ottanta a un certo punto che mi dà soddisfazione.

Tre Domande a: mt/solo

Come e quando è nato questo progetto?

mt/solo è nato da una casa in disordine. La casa è la nostra sala prove, uno studio improvvisato nella campagna fuori Firenze, il luogo dove abbiamo iniziato a suonare, a scrivere canzoni e registrarle.
Il disordine è ciò che restava della nostra band precedente giunta al capolinea: strumenti, microfoni, amplificatori, ma anche fotografie, pagine scritte e hard disk con registrazioni e idee mai portate a termine.
Fare ordine ci ha fatto scoprire mt/solo, abbiamo raccolto quelle idee che non eravamo stati capaci di capire, le abbiamo trasformate e provate fino a che non ce le sentivamo bene addosso e ne abbiamo fatto delle canzoni.
mt/solo è stato una scoperta che abbiamo fatto sul finire del 2018, ma in realtà stava crescendo nel disordine da molto prima e aspettava che anche noi crescessimo per venir fuori.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Tutti i brani del disco in uscita sono pagine di una sorta di diario emotivo, dove le storie sono patchwork di esperienze vissute che si mischiano all’ambiente che le circonda.
Abbiamo raccontato queste storie di desideri, fallimenti, amori pericolosi e fugaci soddisfazioni come fossero delle favole.
Nascondendole in delle istantanee di personaggi e situazioni surreali, le abbiamo staccate dall’esperienza strettamente personale per farle diventare simbolo di quel particolare stato emotivo.
Non ci interessa la morale, ci interessa trasmettere la forza del sentimento per avere indietro una reazione ad di là del giusto, dello sbagliato e del socialmente accettabile.
Per vedere come va il mondo anziché dire come dovrebbe andare.

 

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia?

Abbiamo sempre pensato che mt/solo appartenesse più al palco che non allo studio, quindi questa domanda ci sta molto a cuore.
Ce lo immaginiamo emozionante come un nuovo inizio, adrenalinico e liberatorio al contempo. Onestamente non vediamo l’ora di recuperare questo aspetto della musica, di scambio vivo, organico, da bocca ad orecchio senza intermediari, anche di sbagliare se vuoi, ma mettersi in gioco in una situazione dove quello che succede esiste solamente in quel momento ed in quel tempo.
In ultimo di scoprire un pubblico nuovo da molto a digiuno di musica dal vivo, sicuramente più desideroso che mai di rendersi partecipe.    

Tre Domande a: Caron Dimonio

Come e quando è nato questo progetto?

Giuseppe: Alla fine del 2012 mi ero ritrovato con una decina di canzoni, preparate in “dimensione casalinga”: voce/testi, chitarra ed electribe Korg, niente software, avevo chiuso da più di un anno con il mio primo progetto musicale, mi serviva quindi un bassista per svilupparle, così ho chiesto a Filippo di aiutarmi. Ci eravamo conosciuti suonando in un gruppo nato in quel periodo, che però ebbe breve vita. Lorenzo è entrato come turnista alla batteria a inizi 2018, in tour si è intensificato il nostro rapporto, non solo personale, ma anche a livello artistico, così gli abbiamo proposto di entrare in pianta stabile nel progetto, che adesso quindi è un trio. Ci segue come produttore fin dagli inizi Gianluca Lo Presti.

Filippo: Sono stato coinvolto da Giuseppe nel 2013, suonavamo insieme in un’altra band. Lui aveva già pronti dei brani e gli serviva un bassista. Sono rimasto piacevolmente intrigato dall’idea di suonare in una band che unisce sonorità post punk ed elettronica con cantato in italiano. Da quel momento abbiamo stipulato questo matrimonio (o questa condanna direbbero alcuni ahaha) che è diventato a tre con il piacevole inserimento di Lorenzo, e macinato date e chilometri.

Lorenzo: Il mio viaggio con Caron Dimonio è iniziato in autostrada durante un tour nel 2018. In quella occasione ero semplicemente un accompagnatore. I miei amici mi proposero di fare qualche live assieme in futuro,allestendo una sezione ritmica non convenzionale che si aggiungesse a basso e chitarra nella parte di scaletta più rumorosa. Poco dopo siamo partiti per l’Inverno slovacco e al ritorno dal grande freddo facevo parte anche io del gruppo.

 

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

Giuseppe: Drammatica, potente, eterea. Perchè lo è 🙂

Filippo: E come si fa a in tre parole? È complicatissimo, me ne vengono in mente almeno un decina. Direi che la nostra musica è ossessiva, come ogni rituale che si rispetti la preghiera deve entrare in testa. Cinematografica, se chiudo gli occhi la trovo estremamente evocativa. Crying on the dancefloor, ok non è una parola sola ma passatemi il temrine. È quella canzone che ti fa ballare perché danzereccia, però nello stesso tempo ha un che di stretta al cuore.

Lorenzo: FANTASMI – Durante i numerosi lockdown, anche se lo sospettavo da tempo, ho infine avuto la certezza che nel mio vecchio appartamento convivessero con me alcuni fantasmi. Presone atto, nel momento in cui stavo partendo con gli strumenti per la prima sessione di registrazione, appena prima di chiudere la porta di casa, li ho invitati a venire con me in studio. Mi hanno sussurrato ottimi consigli e spero potrai apprezzare il loro contributo, specialmente in alcune parti di synth.
MONTAGNE – Sempre durante un lockdown ho lasciato il mio appartamento a Bologna per trasferirmi in un piccolo paese dell’Appennino, popolato da poche anime. L’attenuarsi del perpetuo drone cittadino mi ha permesso di creare alcuni buoni paesaggi col sintetizzatore.
DISCOTECA – Pubblicando questo album il nostro sogno sarebbe farti piangere con qualche accordo melanconico di dolce euforia cupa, ma se riusciremo subito dopo a farti anche ballare con la lacrima non ancora asciugata sulla tua guancia, sarebbe proprio il top.

 

Quanto puntate sui social per far conoscere il vostro lavoro?

Giuseppe: Mi occupo io dei social, gli altri li guardano a malapena (e fanno bene 🙂 ). Li uso (credo) nella giusta misura, principalmente per promuovere nuove uscite, recensioni, interviste o date tour.

Filippo: Ultimamente più di prima. Per anni ho ignorato cose come le storie su Instagram, o altre dinamiche social, per manifesta incapacità informatica più che per spocchia. Col tempo mi sono reso conto che sono fondamentali per arrivare ad una quantità di pubblico maggiore, li trovo persino divertenti. Chissà che per me non sia l’inizio di una lunga carriera da boomer.

Lorenzo: Probabilmente i social puntano su di noi per tamponare l’emorragia di iscritti che si cancellano sempre più numerosi perché sempre più soli.

Tre Domande a: YTAM

Come e quando è nato questo progetto?

Dopo una serie di esperienze con alcune band, ho iniziato a pensare che forse avevo bisogno di poter esprimere le mie emozioni in modo indipendente e senza dover chiedere conferma ad altri membri come funziona nei gruppi appunto. Cercavo un nome semplice, immediato e che suonasse anche un po’ internazionale, siccome prendo molto ispirazione da artisti al di fuori dell’Italia. Quattro anni fa è nato il mio progetto YTAM anche se è negli ultimi due anni che le cose si sono fatte serie!

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Il mio obiettivo è quello di trasmettere un’emozione a chi ascolta le mie canzoni, metto quasi sempre al primo posto il sound di un pezzo più che il testo. Attraverso le canzoni racconto delle esperienze, o degli stati d’animo che mi hanno colpito e che non riuscirei ad esprimere normalmente.

 

Progetti futuri?

Al momento non ho ancora spoilerato cosa ci sarà dopo GBYE (il mio primo singolo), però posso anticipare che in primavera succederà qualcosa di super! Abbiamo lavorato al mio progetto per tanto tempo e adesso non vedo l’ora di condividere con tutti il materiale che abbiamo preparato. Tenete d’occhio la mia pagina Instagram!

Tre Domande a: Alice Robber

Come e quando è nato questo progetto?

È nato nel 2019, ma in realtà mi viene da dire che questo progetto c’è sempre stato, dentro la mia testa, da quando ho iniziato a scrivere le mie canzoni. Ora sta crescendo e sta trovando la sua forma giorno dopo giorno. Quando ho iniziato a scrivere ero solo io e il mio pianoforte, oggi invece ci sono anche i miei produttori, Studio Corrente, che lavorano con me e con cui stiamo creando un immaginario ben preciso. A Marzo uscirà il mio primo EP e sono molto emozionata di poter presentare finalmente l’intero progetto. 

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Vorrei che chi ascoltasse le mie canzoni si sentisse parte di qualcosa. Vorrei che si sentissero meno soli, nel bene o nel male.
Alla fine proviamo tutti, chi più o chi meno, emozioni simili. La paura, la gioia, la sofferenza, il dolore per un amore perso. Io alla fine parlo di questo nelle mie canzoni, parlo delle mie esperienze, e sapere che qualcuno ci si possa ritrovare e sentire compreso mi rende felice.
In questi nuovi brani c’è la me più fragile, ho scritto queste canzoni nel modo più sincero possibile e spero che questo arrivi, in un modo o nell’altro. 

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Ad oggi, sarebbe senz’altro Keep On Dancing. Ho iniziato a scrivere questa canzone quando avevo 19 anni e non l’ho mai finita, fin quando non me ne sono dimenticata. L’ho ritrovata 2 anni fa dentro vecchi progetti. Mi sono resa conto di quanto mi sentissi triste e sola, mi sono tornate in mente tutte le sofferenze, i brutti pensieri, la paura di vivere e di crescere, i miei attacchi di panico in posti troppo affollati. Ho deciso di finire la canzone, le strofe sono rimaste le stesse, ho aggiunto il ritornello e lo special.
Non avrei mai immaginato quando ho iniziato a scrivere questa canzone che sarei stata capace di ballare di fronte a tutto quel dolore, ma soprattutto non avrei mai immaginato che ora chiunque può ascoltarla.
In questa canzone c’è tutto quello che sono stata e che sono, le mie paure e le mie sofferenze, ma anche la voglia di non smettere mai di combattere e di crescere nella versione migliore di me. E come dico nel ritornello, “Keep on dancing till the sun comes out”, sempre.

Tre Domande a: Bouganville

Come e quando è nato questo progetto?

I Bouganville sono nati nell’estate del 2017: io (Luciano Zirilli) e Luca Grillo ci conosciamo già da anni, entrambi villeggiamo a Salina da quando siamo nati. Ci siamo accorti presto di avere gusti musicali affini: quando ai falò finiva il momento Albachiara / Wonderwall ci mettevamo a suonare gli Strokes o i Pixies. Roba da hipster.
Da lì a formare una band il passo è stato breve: Luca G. si è trasferito a Roma e abbiamo iniziato a buttare in pasto alle piattaforme digitali i nostri primi singoli. Dopo vari avvicendamenti, abbiamo raggiunto la formazione definitiva con Gianluca Fraddosio al basso nel 2018 e Luca Taurmino alla batteria, nel 2019. Da quel momento sentivamo che eravamo completi e pronti per andare in studio.

 

Progetti futuri? 

Possiamo dirvi che uscirà il nostro album nel 2022. È un disco che ha subito molti slittamenti a causa della pandemia: per questo siamo molto contenti di pubblicarlo, l’attesa è stata a tratti snervante ma alla fine siamo molto soddisfatti del risultato. Non vediamo l’ora di suonarlo dal vivo, speriamo al più presto. Per ora ci stiamo concentrando sulla scrittura di nuovo materiale.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Crediamo che Investigazioni Private sia la canzone manifesto della nostra musica. Abbiamo condensato in questo pezzo tutto quello che ci ha ispirato nella scrittura dell’album: la musica soul, l’indie rock, il pop degli anni ’60. Ha un linguaggio che sentiamo nostro.

Tre Domande a: Marta Arpini

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare?

Sarebbe un sogno collaborare con Andy Shauf, un po’ in qualsiasi forma — co-scrivendo una canzone, o vedendo da vicino come registra e produce i propri album, cantando insieme… c’è qualcosa nella sua voce, e nel suo suono come artista in generale, che mi affascina enormemente, mi emoziona e a cui mi sento affine, e ovviamente amo anche moltissimo come scrive e come arrangia. Ogni volta che ascolto qualcosa scritto o registrato da lui, lo riconosco immediatamente, e mi punge il cuore. Sarebbe un’enorme fonte di ispirazione poter lavorare con lui.

 

Progetti futuri? 

Vorrei continuare a percorrere la strada che ho intrapreso con questo mio disco I Am a Gem: immaginare, scrivere e arrangiare musica per un organico ampio quanto flessibile, anche differente per ogni canzone. Più di tutto vorrei iniziare a produrre la mia musica da me; finora ho sempre collaborato con produttori, che è una cosa molto bella e intelligente, perché può dare un apporto fresco e originale al materiale. Lavorando sulle mie demo in maniera anche ossessiva, ho capito però che ho le idee molto chiare riguardo certi aspetti della produzione, e mi piacerebbe sviluppare il più possibile questo aspetto del processo creativo. Al momento sto scrivendo molte canzoni che prevedono la presenza di voce, chitarre, molti flauti e clarinetti. Vorrei raccoglierne un po’ e pubblicare presto un EP, o comunque una prima parte di un lavoro che può diventare molto più esteso. Mi è piaciuta un sacco l’idea dei Dirty Projectors, che nel 2020 hanno pubblicato 5 EP poi racchiusi in un unico, lungo album. Vorrei prendere ispirazione da questo.
Ad aprile 2022 poi uscirà il primo EP di tiigre, la mia band dream pop indie rock, e di sicuro andremo avanti a lavorare su nuove canzoni, per registrare e pubblicare il nostro primo album alla fine del 2022 / inizio 2023.

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Più che un evento o un festival in particolare, c’è una venue ad Amsterdam dove sogno di potermi esibire un giorno. Si chiama Paradiso, ed è una ex chiesa che oggi ospita concerti importanti. Lì ho visto alcuni dei miei artisti preferiti, tra cui i Big Thief nel 2020, poco prima che tutto chiudesse per la pandemia. La serata era sold out, la sala era pienissima e l’atmosfera incredibile. Il Paradiso è un’istituzione qui in Olanda, e poterci fare uno show da headliner un giorno… sarebbe bellissimo.

 

Foto di copertina: Teresa Costa

Tre Domande a: Milano Shanghai

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

È stato strano aver pubblicato i nostri primi due EP in questi ultimi due anni, con tutte le difficoltà che riguardano la musica live.
Inevitabilmente in questo periodo ci stiamo concentrando sulla fase più creativa del progetto, sulla scrittura e sulla produzione. Avendo la possibilità di trovarci in studio, non ci facciamo frenare dal periodo incerto. Alla fine, scrivere musica è un ottimo modo per non pensare a quello che sta andando male….

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?
Il sound del nostro ultimo EP Vetro e Plastica è stato accostato, in alcune recensioni, ai Bluvertigo nel periodo di Zero, ai Subsonica e ai Coma Cose. Queste affinità ci fanno molto piacere: in effetti veniamo da mondi musicali differenti e ognuno mette le vibes del proprio passato, presente e futuro.
Artisti nuovi che sicuramente ci hanno influenzato sono alcuni esponenti della nuova scena jazz UK, come Yussef Dayes o Joe-Armon Jones. La musica italiana di Cosmo e dei Coma Cose.
Per il resto siamo amanti di un certo tipo di musica underground che ispira le nostre produzioni. Dal trip hop inglese (Massive Attack) a quello italiano (Casino Royale), dalla dub music all’hip hop coi campioni. Siamo sempre alla ricerca della ricetta perfetta che unisca questi ingredienti.

 

Progetti futuri? 
Sicuramente vogliamo portare live il nostro nuovo EP Vetro e Plastica appena sarà possibile farlo. È un lavoro molto variegato: alcuni pezzi, tipo Taoismo, sono stati registrati praticamente in presa diretta grazie alla loro forte attitudine live, mentre altri (ad esempio Gessate) hanno sperimentato un lavoro di produzione più stratificato. Mettere tutto insieme in un live set sarà divertente e stimolante, richiederà soluzioni creative. Stiamo anche lavorando a nuova musica: ci troviamo in studio ogni settimana. Il 2022 per noi è un anno speciale: siamo molto felici di lavorare con una squadra compatta e forte quale è Bradipo Dischi. Verso primavera, se non prima, ci saranno altre sorprese.

 

Foto di copertina: Ferruccio Perrone

Tre Domande a: Lili

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

È un delirio assoluto per tutti e tutte le categorie, il nostro settore non è mai riuscito a ripartire del tutto. Gli ultimi due anni di incertezze hanno sicuramente influito duramente sulle nostre scelte anche da un punto di vista artistico, abbiamo incominciato a scrivere maggiormente a distanza, quindi anche le nostre dinamiche di composizione e produzione sono cambiate, ma siamo felici che nonostante tutto non ci siamo perse d’animo e abbiamo continuato a lavorare, in un certo senso anche più forti di prima.

 

Come e quando è nato questo progetto?

Lili è una costola di Lilies on Mars, il primo progetto che ci vede come songwriters in duo. Il nostro è stato un percorso lungo di sperimentazione nato a Londra, attraversando progetti musicali ed esperienze che ci hanno sempre viste insieme, in un’evoluzione che ci ha coinvolte sempre di più nella produzione di musica elettronica e per la prima volta sperimentando il canto in lingua italiana.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

È una domanda difficile a cui rispondere perché tutte le nostre canzoni ci rappresentano, ognuna per motivi diversi. Ma in questo preciso momento indicherei sicuramente Ritornare la terza traccia del nostro primo EP. È un pezzo a cui teniamo molto, che coinvolge la maggior parte degli elementi che ci rappresentano e che ci piacciono nella musica, in questa fase della nostra sperimentazione: dalle atmosfere dreamy su cassa dritta in quattro, al testo onirico e allo stesso tempo emblematico, all’utilizzo di synth e strumenti elettronici e della chitarra distorta. 

 

Foto di copertina: Stefania Anetti

Tre Domande a: Loren

Come state vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Per prima cosa un grande ciao a tutti. Questi non sono tempi difficili, sono tempi impossibili. Stiamo cercando di restare calmi. Ci facciamo forza a vicenda. Mai come in questo momento c’è bisogno di buoni amici e di parlare di quello che ci sta succedendo. C’è bisogno di non disperdersi, di non isolarsi, di restare Uniti. Non è un caso che abbiamo chiamato così il primo singolo di questa nuova avventura con Garrincha Dischi e Sony Music.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

In questo nuovo album che stiamo facendo uscire piano piano, il secondo singolo Stendhal è uscito su tutte le piattaforme qualche giorno fa, ci siamo concentrati tanto sul fare un lavoro musicale largo ed eterogeneo. Ci piacerebbe far arrivare il messaggio che con la musica si può giocare; anzi di deve. C’è troppa omologazione in questo momento storico. Ci piacerebbe riuscire a dimostrare che si può uscire dalla strada che tutti percorrono. La rincorsa alle playlist di Spotify sta rendendo il panorama veramente troppo piatto. Quasi soffocante. 

 

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia?

Lo immaginiamo pieno di vita. Pieno di Energia. Come un’esplosione dopo che ti sei tenuto tutto dentro per troppo tempo. Lo immaginiamo a Firenze che è la nostra città. Lo immaginiamo in un mondo che si è messo alle spalle questa brutta storia della pandemia e, soprattutto, lo immaginiamo presto. Questa primavera. Subito dopo l’uscita del nostro disco. Lo immaginiamo con tutti voi presenti.

 

Un abbraccio 

LOREN 

Tre Domande a: Gabriella Martinelli

Come e quando è nato questo progetto?

Tutto Dacccapo, il mio nuovo disco, è nato durante il primo lockdown. Ho sfruttato il tempo a disposizione alimentando la mia creatività tra scrittura e pittura. È un disco molto vario, trasversale, carico di sfumature. Mi sono divertita sperimentando il più possibile con il sound e la scrittura e lavorando nell’ottica di superare i miei confini. È un progetto che parla di libertà, di fragilità, di necessità di appartenere ad una società migliore.
Nel disco ci sono delle collaborazioni per me preziose, quella con Erriquez della Bandabardó e con la mia conterranea, Erica Mou. Il brano con Erriquez si chiama Si Può Essere Felici ed è un inno alla serenità e a non smettere mai di cercare il bello anche dove sembra impossibile.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Tutto Daccapo è un invito ad alzarsi la mattina e affrontare il mondo in maniera positiva apprezzando se stessi e gli altri e questo è il messaggio più importante che mi piacerebbe far arrivare con la mia musica.
L’abbattimento delle differenze di genere e la necessità di resistere al dolore sono i colori di un mondo sonoro che abbraccio e che spero arrivi come coraggioso e capace di prendere posizione infrangendo le barriere del pop.
Mi piace scrivere canzoni come fossero poesie e lasciare a chi ascolta la possibilità di tradurle come vuole.
Questo disco rappresenta per me una rinascita, una nuova sfida, un altro passaggio e spero di dare forza a chi mi segue, con l’augurio di risollevarci da un momento buio come quello che abbiamo vissuto. Ci auguro inoltre di vivere sempre da visionari, con le mani sul mondo, perché ogni momento può essere quello giusto.

 

Progetti futuri?
Partirò con un tour in Primavera e mi auguro di suonare il può possibile, ovunque. Nell’attesa mi dedico alla promozione, alla pittura e altre novità nel cassetto 😉

 

Foto di copertina: Enrico Luoni

Tre Domande a: Elisa Erin Bonomo

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Li vivo in maniera altalenante: sono reduce da un lungo lavoro sui social per promuovere i vari singoli usciti da Sinusoide (Nuvola, Altrove, Maleducata e Tempesta) attraverso una pianificazione editoriale di contenuti fotografici, video e copy e una campagna crowdfunding per finanziare tutte le spese connesse a questo lavoro. Mi sento un po’ svuotata… Per tanto tempo ho lavorato a questo disco investendoci emotivamente, fisicamente ed economicamente. Mi manca un po’ la restituzione a livello umano del pubblico, che arriva attraverso i live e gli ascolti dei fan.
Questo periodo ha aumentato molto le distanze, anche quelle emotive e dove prima – anche se difficilmente – c’era una sorta di “scambio” di energie avverto una certa rigidità. Sono ovviamente preoccupata in primis della salute pubblica del nostro Paese, ma dall’altra parte preoccupata anche di come si evolverà e muterà il nostro performare live.
Quindi… Sì, quello che ti posso dire con certezza è che vivo con incertezza e incapacità di previsione quali saranno i prossimi mesi. E questo un po’ mi destabilizza.

 

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare?

Forse, nel futuro… O non troppo futuro… Cristina Donà. Per me è un grande esempio di umanità, di grandezza e di fedeltà artistica. Cristina ha scritto un disco allucinantemente bello (deSidera) e ha scelto come modalità di finanziamento il crowdfunding su Produzioni dal Basso, proprio come me. Ha utilizzato l’elettronica per creare disordine, riesce sempre a superarsi nella sua scrittura e non credo certo per la smania di dimostrare quanto sia profonda la sua ricerca… Ma semplicemente perché ha una maturazione di pensiero tale da riuscire a creare dentro di sé un universo di intuizioni e illuminazioni geniali.
Ha creato mattoncino su mattoncino la sua credibilità artistica e ha un pubblico pronto a sostenerla sempre con grande affetto. Sicuramente avrebbe tante cose da insegnarmi, sullo stare in ascolto, sull’essere forti e presenti anche stando fermi e zitti… Insomma sarebbe un bellissimo incontro 🙂

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro?

Punto molto sui social per far conoscere il mio lavoro, senza però venirne fagocitata. È giusto conoscere il mezzo e utilizzarlo per veicolare il proprio messaggio, che sia “ascolta la mia musica” o “sposo questa causa perché”… Insomma creare uno storytelling che faccia in modo di creare un rapporto di fiducia tra il fan e l’artista. E per me basta così.
Rifuggo da ogni altro uso – a volte può capitare, ma molto raro – che sia la spettacolarizzazione della mia vita privata o l’utilizzo a fine edonistico. Credo che il rapporto di dipendenza che si viene a creare attraverso una richiesta di continua approvazione digitale eroda il pensiero critico e la stimolazione di un pensiero creativo.
Per carità, c’è chi con i reels fa delle cose artistiche clamorose… Ma si tratta sempre di content creator, non di meri fruitori del mezzo.
Per me il social è un mezzo di amplificazione wordwide, ma il pubblico va conquistato e fidelizzato attraverso i live se sei un cantautore, hai bisogno della quarta parete, altrimenti rischi di diventare puramente un influencer.

 

Foto di copertina: Susanna Iovene