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Calum Scott @ Magazzini Generali

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• Calum Scott •

 

Magazzini Generali (Milano) // 27 Aprile 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Alessio Angrisano
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Tre Domande a: KAPUT

Come e quando è nato questo progetto?
KAPUT è nato a luglio scorso, con l’uscita del mio primo singolo Caldo Abissale. È un progetto senza alcuna pretesa mainstream ma con la promessa di essere tanto onesto e vero nella scrittura dei brani, cosa che in passato non ho fatto, a dirla tutta. Nel quotidiano sono anche un autore di canzoni per altri artisti e, potrà sembrare scontato da dire, scrivere per se stessi è un lavoro un po’ più difficile ed introspettivo perché bisogna studiarsi con occhi esterni ed accettarsi per quello che si è per davvero bilanciando l’intelligibilità discografica. Ho scartato tanti brani prima di arrivare alle cinque canzoni contenute nel mio EP Bilocale 9/B proprio perché ho desiderato un filo conduttore il più possibile onesto. Sono convinto che, comunicare in maniera spontanea ed onesta superi le performance di ogni tipo di costruzione fatta “ad hoc”.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?
Il mio intero EP Bilocale 9/B parla di diverse sfaccettature dell’affettività e del sesso e l’aspetto del sesso romantico e giocoso che tratto in Verticale (Tempo) penso mi rappresenti più di tutti gli altri. Anche il graphic designer e illustratore Giuseppe D’Alia, che ha accolto la proposta di realizzare un’opera che potesse sintetizzare il mio EP, di sua sponte ha centrato il tutto su Verticale (Tempo). Credo che se il messaggio arriva anche a chi semplicemente recepisce la canzone, la tematica possa accomunare un bel po’ di gente… D’altronde è la mia traccia più ascoltata e ne sono davvero onorato!

 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro? Ce n’è uno che usi più di altri?
Punto abbastanza alla comunicazione. Personalmente preferisco ed uso quasi esclusivamente Instagram (il mio profilo è @kaput.ig) e la cosa che più mi attrae è quella di “misurare” in maniera quasi simultanea quanto la mia musica possa arrivare o meno. Lo uso come uno strumento per analizzare ciò che realizzo e per comunicare con tante persone, dal sostenitore al collega interessato al mio songwriting. Se vi va, scrivetemi anche lì; sono curioso di conoscere il vostro punto di vista.

Coma Cose Club Tour 2023

 

• Coma Cose Club Tour 2023 •

 

17 Marzo – 25 Aprile 2023

Padova – Bologna – Firenze – Napoli – Modugno – Londra –  Roma – Torino – Milano – Senigallia – Parma

 

In questo tour ho avuto l’ennesima conferma che le piccole cose ti migliorano la vita.
Ho capito che sentirsi liberi è bellissimo, che tornare in van con la band dalla location all’hotel con sotto Domination dei Pantera è la cosa più bella che mi possa capitare, che se vuoi una cosa devi chiederla, ho imparato a dire di no, che dire una parola in più o una in meno molte volte può far male, che se a Bari ordini un crudo di pesce te ne portano due, che un abbraccio ti cambia la giornata, che il romagnolo sta simpatico a prescindere, che basta una donna per sciogliere un uomo, ho imparato a mentire, ho imparato a lasciare andare ma anche non mollare, che la gente ti vuole bene, che i tecnici e i tour manager pensano che il fotografo non faccia un cazzo (scherzano ovviamente, credo), ho imparato che l’apparenza inganna, che è bello stare in giro ma ancora di più tornare a casa, ho imparato a riposarmi, ho capito che sono vecchio per fare serata, che se post concerto non saccheggi il camerino di Fausto e Francesca in tempo lo fa qualcun’altro, ho imparato a rispondere su whats….no dai scherzo, che i Gin Tonic mi vengono bene, che Agosto Morsica, che dire grazie è sottovalutato, che se desideri una cosa con tutto il cuore prima o poi arriverà, che i momenti più belli non hanno foto, che la gente è invidiosa, che il pubblico dei Coma Cose è il migliore, che è bello fotografare Mancarsi ma ancora di più cantarla a squarciagola stando abbracciato a qualcuno, ho imparato che ne vale sempre la pena. Ho imparato.

Un grazie di cuore a Fausto e Francesca, alla band (Riccardo, Fabio, Carlo, Gregorio, Giulia), a Filippo, Ambra, Francesca, Michele e tutta Asian Fake, Palace Agency, William, Claudia, Fulvio “Muf”, Lucia, Ciko, Sam e tutti i tecnici.

Mezzosangue @ Estragon Club

Bologna, 21 Aprile 2023

 

Finalmente, dopo tanti anni di silenzio musicale, ritorna sul palco Mezzosangue, all’Estragon di Bologna. Il pubblico è esattamente come mi aspettavo. Sono fedelissimi: poco prima dell’inizio del live si scaldano e gridano in coro “Mezzo – Sangue!”, motto proveniente dalla canzone Sangue, uscita nell’album Soul of a Supertramp del 2016. L’età varia di poco, sono tutti poco più che ventenni, e vestono con felpe larghe, jeans attillati o tuta cargo e scarpe da ginnastica basse. È come se stessero aspettando un amico che è stato in trasferta, lontano, per tantissimo tempo. Hanno voglia di abbracciarlo, parlargli, vedere come sta e com’è cambiato, confidando tanto nello scorrere del tempo, quanto nell’immutevole natura umana del carattere.

Il live è quasi una performance teatrale: diviso in atti, ognuno dei quali anticipato da un piccolo monologo con una maschera dorata che approfondisce temi da sempre cari all’artista, come la decadenza sociale, la debolezza che affligge l’ego e la voglia di rinascita. Gli effetti visivi lasciano a bocca aperta: la scenografia alle spalle dell’artista viene completata, o talvolta addirittura sostituita, da proiezioni su un sipario trasparente poste fra il pubblico e il cantante, in modo da creare un effetto visivo olografico spesso tridimensionale, grazie a disegni caleidoscopici o ritratti naturali o simbolici, come l’albero del disco Tree – Roots and Crown. 

Effetti visivi a parte, la performance è resa viva anche grazie ai musicisti (oltre al rapper) che suonano dal vivo, per cui è necessario scrivere una nota di merito al batterista: folle, geniale, lancia in aria le bacchette e le riprende al volo, pesta sul rullante come se fosse un’incudine, si alza in piedi durante i cambi più impegnativi.

Alcuni brani vedono anche la collaborazione di ballerini, che attraverso la coreografia riportano, danzando, l’anima e il significato del brano.

Il pubblico è coinvoltissimo sempre: canta a squarciagola, balla quando si alzano i BPM e si ferma quando è il momento di un brano più intimo, più emotivo. L’artista è stato capace di trasportarlo in un mondo alternativo, quello dei mezzosangue, dove amore e paura si fondono, dove prevale la voglia di rivalsa nei confronti di un mondo e, spesso, di uno stato che non li ha mai riconosciuti come figli.

È grazie alla scenografia che Mezzosangue fa capire cosa intende per arte: non conta l’artista, quanto il concetto che trasmette. Anche perché, come suggerisce sia la canzone che la scena del concerto, non siamo forse nient’altro che ologrammi?

 

Riccardo Rinaldini

foto di copertina Nino Saetti

 

Grazie a Help Media Pr

Tre Domande a: Gemini Blue

Come e quando è nato questo progetto?

Siamo nati in periodo covid. Appena conosciuti, abbiamo legato e creato un buon rapporto di amicizia, poi abbiamo iniziato a suonare insieme inizialmente senza nome e vista l’intesa abbiamo deciso di rimanere in due!
Eravamo entrambi alla ricerca di qualcosa di nuovo, avevamo idee e voglia di produrre nuova musica così in maniera molto naturale abbiamo iniziato subito a scrivere, condividere ascolti e nuovi artisti che stimiamo.
A inizio 2021 abbiamo pubblicato il nostro primo brano The Mountain, registrato nello studio casalingo di uno dei nostri primi insegnanti poi nel corso dell’estate abbiamo pubblicato If You Change Your Mind che esprime un ulteriore nostro lato artistico.
Nel 2022 invece abbiamo iniziato a collaborare nella produzione con Paolo Blodio Fappani registrando alcuni dei nostri brani che avevamo nel cassetto da un po’ ormai. Abbiamo partecipato a X-Factor 2022, pubblicato tre singoli Alternatives, Bullshit Song e Demons Of The City  che sono anteprime del nostro disco di debutto in arrivo il 21 Aprile. Ora non vediamo l’ora di poterlo far sentire!

 

Se doveste riassumere la vostra musica con un tre parole, quali scegliereste e perché?

Fiume, catarsi e ascolto.
Fiume perché nei luoghi dove siamo cresciuti questo elemento naturale infonde la vita e il suo ritmo, di conseguenza è da sempre un importante posto di pace per noi, sulle sue sponde sono nate le prime composizioni.
Catarsi perché in primis la nostra musica ha come funzione il comunicare quelle sensazioni di disagio o felicità che non riusciamo a esternarne in alcuna altra maniera, ciò ha funzione rituale e ci permette di alleggerirci e di utilizzare il nostro sentire come energia per costruire.
Ascolto perché la nostra musica richiede volontà di ascolto e comprensione, se fra di noi, o tra noi e gli ascoltatori viene a mancare questo elemento, Gemini Blue diviene come un sasso del mare lontano dalle sue acque: grigio e senza colore.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Noi siamo nati come band live e di conseguenza abbiamo cercato di rendere i nostri show il più comunicativi e personali possibili. Vogliamo mostrare le nostre esperienze di vita e sentimentali, portando il pubblico in un contesto quasi mistico spirituale, crudo e naturale, quel contesto in cui in parte siamo cresciuti.

Avril Lavigne @ Kioene Arena

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• Avril Lavigne •

+

Girlfriends

Kioene Arena (Padova) // 23 Aprile 2023

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foto: Luca Ortolani

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GIRLFRIENDS

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Yo La Tengo @ Bremen Teater

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• Yo La Tengo •

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Bremen Teater (Copenhagen) // 21 Aprile 2023

 

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Il Desiderio Che Mi Frega

Accade.

Ogni tanto accade.

E forse è l’unico motivo per cui talvolta mi avventuro ad ascoltare musica nostrana.
Accade che un disco d’esordio solletica territori condivisi, conoscenze, immagini e stupisce per la qualità sia musicale sia di scrittura. Ma se nel primo album si aveva l’impressione che il gruppo avesse l’urgenza di presentare la propria visione del mondo, tritato, masticato e digerito da una profondità di analisi quantomeno notevole, nel secondo lavoro si contano diverse canzoni che iniziano a dare forma a una sorta di visione, di lettura del mondo attraverso il rapporto tra artista e realtà. Accadeva già nell’album di esordio, ma era fenomeno più sporadico. Qui la dualità è il tema. Nel senso più classico ma anche per vie postmoderne.
Con ordine.
Le Viadellironia sono Maria Mirani, Giada Lembo, Marialaura Savoldi e Greta Frera, prodotte dalla Hukapan, dove sono di casa gli Elio e le Storie Tese, tanto che a produrre il disco è proprio (nuovamente) Cesareo. Al disco contribuisce Edda, come già per il primo disco, autore di una intera traccia, Tu Mai, e spicca la partecipazione di Peaches, cantautrice canadese icona dell’electroclash nonché della comunità LGBTQIA+, nel pezzo forse più riuscito dell’album, Sodoma. 

Musicalmente siamo nel secolo scorso, perché le ragazze pescano a mani basse nell’alt rock italiano anni novanta, fedeli alla linea tracciata nel primo lavoro, dove gli echi di Afterhours e soci erano palesi. Sia chiaro, non suona vecchio, suona solo bene. Che vuol dire saper gestire le fonti e il vocabolario, creando un’impalcatura più che stabile per i testi che sono il vero punto di forza della band.
C’è uno spettro di Herman Hesse che si aggira per l’album, fin dalla prima traccia, Boccadoro. Il suo Narciso e Boccadoro, libro uscito nel 1930, torna a dare vita ad un tema archetipico, quello dell’eterno dualismo tra ragione ed emozione, tra razionalità e passione. Boccadoro per le nostre diventa una ragazza, giusto per poter aggiungere alla ricetta nuove sfumature, che, causa machismo inconsapevole, erano assenti tra le pagine di Hesse.
Siamo sul campo di battaglia dell’eterno scontro tra apollineo vs dionisiaco, mentre il tema dello specchio viene evocato per la prima volta, per ricordarci che Narciso era narciso, che Wilde lo ha reso magicamente perfido e che la scatola dei riferimenti è spalancata sul tavolo, vicino alla frutta [cit. di cit. al cubo].
Boccadoro è la nostra Virgilio, ci aspetta alle porte del disco, lei è l’eros, la curiosità per il mondo, è il desiderio che ci frega, prima che il buon Narciso, freddo e razionale, ci riporti con i piedi per terra.
Il dualismo viene cantato con gioiosa consapevolezza nella title track, Il desiderio che mi frega.
Nella seguente Tanqueray i vapori di Baudelaire appannano di nuovo specchi evocati nel testo, mentre lentamente scivoliamo dalla figura letteraria di Narciso al più triviale narcisismo. 
Sodoma mi ha dato una visione, con le ragazze a Sanremo, Peaches decisamente non consona alla fascia oraria e al target, ma l’Ariston in piedi a ondeggiare sulla cassa dritta del pezzo. Pubblico per altro ignaro del testo e del suo significato, perfettamente in linea con quanto narrato poco sopra.
Pezzone, si direbbe, lo candido a secondo singolo dell’album.
Si riposa, nella cinematografica Casablanca, che sa di otium e di sospensione, forse utile alla consapevolezza che sembra arrivare nei brani successivi: Il pianto delle cose e Corallo.  Nel primo la nostra Boccadoro sembra prendere coscienza della propria natura di artista, della condanna all’empatia, al sentire tutto, anche le “cose”, a vedere chiaro e limpido lo Zeitgeist, lo spirito del tempo. Così in Corallo ci si chiede se non si è cercata la verità nel posto sbagliato, con la conseguenza di aver perso la guida, la strada, il filo della realtà.
Edda aggiunge un brano e un punto di vista nel disco, chiuso poi dal singolo uscito a febbraio ’22, Sade Valentino, che anticipa il racconto del dualismo, entrando perfettamente nel tema affrontato, presentando l’affascinante rapporto tra una ragione raffinata e “alta” e un corpo che non disdegna il piacere della carne. La mediazione tra Narciso e Boccadoro passa per il latex. 

Questo è un disco intelligente. Evoca con musica e parole immagini, miti e personaggi. Crea un piccolo mondo abitato da dubbi e citazioni. Ma soprattutto è una piccola lectio magistralis di trenta minuti sulla presa di coscienza della propria fallibilità, della giustamente squilibrata dualità che vive in noi. È l’autocoscienza che passa anche per la via dell’(auto)ironia a creare gli anticorpi più potenti, perché tra Narciso e Boccadoro non vince nessuno se non alla fine del libro di Hesse, quando tutti, ma soprattutto Boccadoro, imparano a leggere l’esperienza della vita senza un rapporto bulimico con la realtà.
Che poi, contorsioni mentali a parte, quel Sade Valentino alla fine del disco mi ha ricordato l’ultima battuta di Eyes Wide Shut.
Mo’ me lo segno. 

Viadellironia
Il Desiderio Che Mi Frega
Hakupan

Andrea Riscossa

Non Credere a Nessuno

Esiste un dolore persistente, un senso di disagio che attraversa generazioni diverse, che incastra le sue radici nelle anime più fragili e l’urgenza di raccontarlo diventa musica: è qui che si collocano i Sick Tamburo e il loro nuovo album Non credere a nessuno.

Era il 2007 quando Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani hanno fondato la band, dopo l’iconica avventura dei Prozac +, continuando a raccontare la vita attraverso un eterno atteggiamento punk che li ha resi dei capisaldi del panorama alternative rock italiano. Dopo la prematura e drammatica scomparsa di Imelio, l’inconfondibile poetica di Accusani ha continuato a dare vita al progetto musicale.

Mentirei se dicessi che ho sempre conosciuto i Sick Tamburo. Certo, il loro nome e la loro fama sono nel mio radar da anni e Spotify, con il suo implacabile algoritmo, mi ha spesso proposto i brani della band. La mia conoscenza era approssimativa fino a poche settimane fa: ma non è anche questa l’essenza dell’underground? Qualcosa scorre silenziosamente sotto la superficie e poi emerge con prepotenza, fa rumore, spacca il terreno e trovi un senso a tutte le tue emozioni complicate e, a volte, insopportabili. 

Arriviamo alle note, dolenti e no. Per sempre con me è la canzone che ha anticipato l’album Non credere a nessuno e vede la partecipazione di Roberta Sammarelli dei Verdena. Il ritornello entra in testa, una dolce melodia fonde le voci di Sammarelli e Accusani, che ci raccontano la storia di una ragazza apparentemente spenta e confusa che ha perso se stessa. Il brano propone una riflessione: “Hai perso la voglia di alzarti / Si parla di libere menti”. Un periodo buio può essere una conseguenza di una mente libera dalle costrizioni della vita? La sensibilità dei testi di Accusani è un varco che ci conduce verso nuove prospettive. 

Il colore si perde, altro singolo dell’album, ci mette davanti ai cambiamenti d’umore. Ogni sensazione che proviamo è passeggera, tutto è in continua evoluzione. È semplice vivere così? Forse sì o forse no, ma a volte è anche normale lasciare scorrere la vita così com’è, come sembra suggerire il brano Piove ancora. Possiamo sentirci impotenti di fronte alle disgrazie, ma possiamo tenerci stretti, farci compagnia e cercare di non sentirci soli. Il cambiamento d’umore è un tema molto presente nell’album e ne è un altro esempio Certe volte: “Certe volte basta poco / Per far venire il sole / Certe volte basta poco / Per farlo scomparire / Certe volte basta poco / Per fare il carnevale / Certe volte basta poco / Per fare un funerale.”

Il mio unico nemico è una canzone che racconta una verità che a tratti sembra scontata, ma che ci dimentichiamo spesso, come accade per tante banalità. “Cerco sempre un nemico cerco / Per non stare solo […] Ma il mio unico nemico / L’ho capito sono io / Non mi serve più cercare / Ho una faccia a cui sputare.” Quante volte, anche ironicamente, abbiamo sentito l’espressione “fare il dramma”? Forse è il dramma che fa noi, ci plasma, ci dà un senso, crea un movimento nella nostra vita e ne diventiamo dipendenti. Qual è la linea da non superare?

Non credere a nessuno è un disco che attraversa le fasi inevitabili della vita: l’abbandono, la perdita, il bisogno di aiuto, la consapevolezza di sé e il commiato definitivo che porta dolore e lascia spazio a nuove persone pronte a confondersi nel mondo. La malinconia è contagiosa, ma ci dà una sicurezza in più: per ogni emozione che ci sembra strana e insopportabile, per ogni cambiamento d’umore, per ogni tunnel buio e apparentemente senza fine e per ogni addio che dobbiamo dire, la musica dei Sick Tamburo è un abbraccio che ci fa sentire compresi. 

Sick Tamburo
Non Credere a Nessuno
La Tempesta Dischi/Believe

Marta Massardo

Turin Brakes @ Locomotiv Club

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• Turin Brakes •

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Dog Byron

Locomotiv Club (Bologna) // 20 Aprile 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]foto di Isabella Monti

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DOG BYRON

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Mourning (A) Blkstar @ Monk

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• Mourning (A) Blkstar •

Monk (Roma) // 20 Aprile 2023

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Foto di Simone Asciutti
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Tre Domande a: Limarra

Come e quando è nato questo progetto?

Sentirmi inadeguato mi ha cambiato la vita. Schiacciato dal peso dei ricordi e delle certezze ho sentito il bisogno di ritrovare me stesso, di riconoscermi in qualcosa di estremamente nuovo ma allo stesso tempo familiare. Avevo perso l’amore per le cose, le abitudini erano diventate i miei obiettivi e le novità soltanto delle scomode paure.
Dopo 16 anni di tour e canzoni con la mia band (i BaciamoLeMani), ho sentito l’esigenza di sperimentare me stesso, provare a proporre un’altra versione di me. Credo che la musica accompagni le fasi della vita di ognuno di noi e la scelta di cosa ascoltare e, nel mio caso, cosa scrivere è dettata dal momento che attraversiamo. Ho scelto di approdare sulle sponde di nuovi generi musicali che un tempo sentivo lontani e, a dirla tutta, mi sono pure divertito. Se in un prima fase il 2020 e la pandemia mi hanno abbattuto più del dovuto (poiché vedevo l’impossibilità di suonare come qualcosa di troppo difficile da digerire), dopo aver fatto pace con me stesso e con la crisi che ogni musicista stava attraversando, mi sono reso conto che avrei invece potuto sfruttare il tempo che avevo a disposizione per indossare una nuova veste: quella del cantautore. Da un bellissimo e casuale incontro con Cesare Mac Petricich (membro storico degli aretini Negrita, il quale si è occupato della produzione artistica del progetto Limarra) sono nate otto canzoni che raccontano otto storie diverse, legate tra loro da un unico filo conduttore: la rivalsa dei vinti.

 

Se doveste riassumere la vostra musica con un tre parole, quali scegliereste e perché?

Primordiale, selvaggia e diretta.
È primordiale perché soprattutto nella stesura dei testi ho preferito veicolare messaggi che riguardano l’uomo e la sua natura, spesso, insieme alla modernità, autrice del nostro oblio. Ho dato risalto alle emozioni che le nostre paranoie di tutti i giorni ci rimandano sotto forma di ostacoli che sembrano insormontabili. Un ritorno alle origini non equivale allo spogliarsi di ciò che siamo e che abbiamo costruito, ma sicuramente potrebbe darci l’autorità di scegliere se seguire il flusso di questi tempi o virare verso orizzonti meno complessi ma più autentici.
È selvaggia perché è dettata da ritmi lenti ma allo stresso tempo incalzanti, in una danza che non ricorre a classici schemi musicali moderni e in cui, istintivamente (proprio come la nostra più profonda essenza), ogni personaggio descritto si risolleva per rimediare al suo declino. Dire di no ai condizionamenti che ci impone la società di oggi rappresenta  l’atto più selvaggio che l’uomo contemporaneo può e deve permettersi.
È diretta perché non usa mezzi termini, ogni parola è un pugno allo stomaco che vuole atterrare chi ascolta dandogli allo stesso tempo gli strumenti per rialzarsi. Ho preferito una scrittura più leggera senza rinunciare mai alla forza della sintassi. Ho cercato di scegliere bene le parole alle quali, nel mio processo di trasformazione artistica, ho dato un duplice ruolo, quello della vittima e del carnefice, proprio perché se da un lato leggere alcune cose ci spaventa dall’altro illumina la direzione.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Riconoscersi è stata la miccia che ha acceso la collaborazione con Cesare. Un canovaccio di sonorità elettronica e canti dal sapore popolare accompagnano un testo per metà in italiano e per metà in dialetto siciliano, in cui l’impossibile storia tra due donne diventa il pretesto per raccontare il dramma di chi non riesce a riconoscersi. Se davanti ad uno specchio provassimo a vedere il riflesso di ciò che veramente siamo e non di ciò che vorremmo essere, troveremmo la pace che inseguiamo per tutta la vita, quella pace con noi stessi che sta alla base della nostra effimera esistenza.
Citando la canzone: “quel giorno davanti al mare c’eravamo giurati amore, perché nei luoghi eterni tutto è lecito per gli amanti”, non importa se abbiamo tutto il mondo contro, è di fondamentale importanza  invece pensare che l’unica cosa che conta siamo noi e il nostro giudizio.
Riconoscersi, accettarsi per poi essere accettati.