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Tre Domande a: Indastria

Se doveste riassumere la vostra musica con tre parole, quali scegliereste e perché?

Audace: spesso nella nostra musica trattiamo temi che possono essere fraintesi o che possono dare fastidio a qualcuno. È il caso per esempio di Bukkake, Orso Polare Droga, La Suora Afrodisiaca, o Non Valgo Niente, per l’appunto. Noi però siamo così, aperti, sinceri. Corriamo il rischio di non essere capiti, ma preferiamo correre questo rischio, piuttosto che non esprimerci.
Goliardica: nelle nostre canzoni c’è sempre qualcosa che ti fa sorridere. La vena simpatica-divertente deve essere sempre presente anche in quei brani che a un primo ascolto sembrano arrabbiati o tristi. Inoltre dal vivo divertiamo un sacco.
Ottimista: dopo aver assistito a un nostro live torni a casa più felice di prima e più speranzoso verso il futuro. Anche canzoni come Non Valgo Niente non ti mettono depressione, ma ti fanno pensare che quando ti sveglierai domani la vita sarà un pochino più bella.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Ci piacerebbe arrivasse un po’ della nostra energia, nel bene e/o nel male.
Vogliamo che chi ci ascolta in macchina, si ritrovi a 10 km/h in più senza accorgersi. Oppure vogliamo che chi ci ascolta dalla parrucchiera il sabato pomeriggio si ritrovi a muovere il culo o fare head-banging senza volerlo.
Spesso la nostra è un’energia di rassegnazione, sia chiaro, ma è pur sempre energia, e anche se recepisci questa ti senti più vicino a noi.

 

C’è un evento, un festival – italiano o internazionale – in particolare a cui vi piacerebbe partecipare?

Beh se dobbiamo sognare ti direi il Coachella, se invece dobbiamo stare con i piedi un po’ più vicini al suolo ti direi il Firenze Rocks, forse il festival rock più importante attualmente in Italia.

Tre Domande a: I Boschi Bruciano

Come e quando è nato questo progetto?

Spiegare come e quando nascono I Boschi Bruciano è una domanda più difficile di quel che può sembrare. Sostanzialmente questa band è nata tre volte ed è morta due. Noi fratelli Brero abbiamo sempre voluto suonare in un gruppo rock e cantare in italiano. Da ragazzini affascinati dai Ministri e i Fask, dai loro live all Hiroshima di Torino e dal pogo selvaggio decidiamo di provarci. Nel 2016 conosciamo Giulio Morra che diventerà la nostra chitarra solista. Facciamo la prima prova la vigilia di Natale dello stesso anno. Nel 2017 incontriamo Luca Mauro e fondiamo la band ma allora decidiamo di chiamarci Qwercia. Dopo un annetto di concerti nel Nord Italia Luca abbandona il progetto e al suo posto al basso e le tastiere subentra Maurizio Audisio ed è con lui che nel 2018 cambiamo il nome in I Boschi Bruciano. Con questa formazione incidiamo il nostro primo disco Ci Pesava che esce nell’autunno 2019 ma a causa dell’emergenza pandemica del 2020 la maggior parte del nostro tour viene annullato. Scoraggiati dalla situazione Maurizio e Giulio lasciano la band per dedicarsi ai loro studi e nell’estate 2020 decidiamo di continuare da soli in formazione power duo.

 

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il vostro modo di fare musica o a cui vi ispirate?

Ce ne sono tanti, tutti ci hanno ispirato in un modo o nell’altro nella creazione del nostro nuovo album Riserve, ascoltiamo una media di quattro ore di musica al giorno! Ma i nostri maestri negli ultimi tempi sono stati: Nothing But Thieves, Cleopatrick, Death From Above 1979, Japandroids, Two Feet, Reignwolf, Royal Blood e Grandson.

 

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

Forse la cosa che amiamo di più del far musica è il far musica! È un’esperienza completa fatta di tanti aspetti, di gioie e soprattutto di sfide collegate tra loro.
È uno stile di vita, una filosofia, una costante lotta tra te, la tua mente e il mondo.
È incredibile come riesca ad unire la passione per il “nerdismo”, l’isolamento ed il lavoro di introspezione tipico dei momenti in cui si scrivono e registrano canzoni alla condivisione del live e all’avventura di un tour. Suonare ti fa conoscere un numero spropositato di persone, ti fa provare tutta una serie di emozioni di cui nella vita di tutti i giorni difficilmente potresti fare esperienza, ti mette nelle situazioni più assurde, ti fa sorridere, piangere, ti stanca da morire e ti da un motivo per alzarti al mattino.

Tre Domande a: Valentina Polinori

Come e quando è nato questo progetto?

La musica è sempre stata parte della mia vita, ho studiato pianoforte sin da piccola da quando avevo sette anni, poi sono entrata per un anno al conservatorio di Santa Cecilia e in seguito ho abbandonato. Quando mi sono trasferita a Parigi per gli studi universitari mi sono comprata una chitarra e da lì ho iniziato a studiare delle cover da autodidatta. Mentre mi trovavo in Olanda in Erasmus ho iniziato a pensare che avrei voluto provare a scrivere dei brani miei. L’ispirazione me l’ha data una mia amica facendomi leggere una lettera che aveva scritto ad una sua ex, le parole mi sembravano così belle e musicali che ho pensato di partire da lì è così nata la prima canzone Testo Vero.
Tornata a Roma, ho iniziato ad arrangiare i brani prima con un chitarrista, Matteo Cona, e poi in band, con cui abbiamo registrato il primo disco Mobili, uscito nel 2017. Dopo questo disco ne è uscito un altro nel 2020 e con questi due dischi ho iniziato a suonare live sempre più spesso.
A Marzo di quest’anno è uscito il mio terzo disco che si intitola Le Ombre.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Scrivo in modo molto onesto, per esigenza emotiva, nelle canzoni spesso c’è quello che non riesco a dire nella vita di tutti i giorni. Spero di far arrivare queste emozioni a chi mi ascolta o comunque smuovere qualcosa. Cerco l’essenzialità sia nei testi che negli arrangiamenti, che con quest’ultimo disco sono molto minimali. Mi piace cantare con discrezione, vorrei rivendicare la potenza delle cose dette piano. 

 

Progetti futuri?

Provare a suonare in giro il più possibile e continuare a scrivere con entusiasmo nonostante il mondo della musica sia un ambiente complesso.

Tre Domande a: Laurino

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto è nato quando ero più ragazzo, mi piaceva tanto scrivere canzoni e cercare di creare dei piccoli mondicini con la musica. Produrmi è partito da un’esigenza di creare qualcosa da zero che mi piacesse ed è partito anche dal fatto che non avessi mezzo euro per permettermi di continuare a scrivere e produrre musica in studi di registrazione di altri. Ed è stata una fortuna perché mi ha permesso ancora di più, successivamente, di mettere a fuoco le persone con cui collaborare e con cui condividere la piacevolezza e il viaggio di fare musica.
Non sarei nulla e non riuscirei a fare nulla senza le altre persone con cui collaboro, e lo dico con gioia!

 

Progetti futuri? 

Vorrei già mettermi a fare un altro disco ma voglio andare anche un po’ con calma, permettermi il lusso di poter scrivere nuova musica con un po’ di disinteresse anche perché è solo così che mi diverto e scrivo qualcosa che non fa troppo schifo.
Ho un’idea ma voglio anche lasciarmi trasportare dal flusso delle cose, non voglio controllo, voglio sentire qualcosa e basta.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

L’incontro con le altre persone, la partecipazione e allo stesso tempo l’isolamento che solo la musica può dare. Quel momento di meditazione quasi che ti esterna da tutto il resto e tutte le cazzate. Come dicevo prima amo fare musica con disinteresse, preferisco più farmi usare che usare la musica stessa.

Tre Domande a: clavco

Come e quando è nato questo progetto?

Il mio progetto clavco nasce con il mio primo singolo SOFT PORN ATMOSFERA grazie a Rebecca (rebtheprod) di talentoliquido, che mi ha messo in contatto con Mark Meccoli, produttore del pezzo. A Mark è piaciuta subito l’idea di calcare una sonorità lo-fi, con qualche aggiunta particolare fatta in corso d’opera. Diciamo che il brano subisce una vera e propria evoluzione dall’inizio alla fine. Niente di tutto ciò era stato programmato, come la scelta di coinvolgere Mercvrio per il ritornello: il suo timbro si sposava perfettamente con il mood del pezzo. A questo punto il gioco era fatto, tra un piano lo-fi, un 808 distorto e una cassa dritta, dove il caldo incontra la pelle e il vento scalfisce le labbra, prende vita SOFT PORN ATMOSFERA.

 

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

A livello musicale ammiro i lavori di Lausse the Cat, artista inglese non molto ascoltato in Italia, penso sia estremamente innovativo nonostante la semplicità dei suoni. Tra gli artisti italiani, Franco 126 e Mattak (è svizzero ma scrive in italiano) sono sicuramente dei punti di riferimento importanti: il primo per come descrive gli scenari nei suoi brani e per l’estetica delle parole che usa, il secondo per gli argomenti che tratta e per la cura della metrica nei suoi testi. A quest’ultimo sono particolarmente affezionato per il suo modo di fare musica, ed è probabilmente quello che in primis mi ha fatto avvicinare alla scrittura. 

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

A chi mi ascolta vorrei far arrivare pezzi di me, anche se in maniera un po’ celata. Nei miei testi racconto quello che mi succede, ma anche situazioni che vivo dall’esterno. Nella maggior parte dei casi, prendo un’emozione o una sensazione che provo in un determinato momento e la esaspero al massimo. È una cosa che faccio in automatico, penso sia terapeutico. Spero che chi ascolta la mia musica possa in qualche modo immedesimarsi in quello che dico. 

Tre Domande a: Martino Adriani

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

La mia musica è colma di contaminazioni ma non ci sono artisti da cui si lascia influenzare in maniera importante. Certo è che molti dei mie ascolti hanno lasciato il segno nella mia vita: i Beatles e John Lennon mi hanno aperto un mondo; i Nirvana mi hanno sconvolto l’adolescenza; Nick Cave è l’artista di riferimento; gli Swans (scoperti tardi), i Beirut, Yo La Tengo le band che riescono sempre a catturarmi l’anima. Del panorama italiano amo i mostri sacri del cantautorato (su tutti Paolo Conte, Franco Battiato, Giorgio Gaber), e sono legato visceralmente a tutto ciò che è stato CCCP/CSI/PGR.

 

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare/condividere il palco?

Questo desiderio in parte si è già avverato perché negli anni ho avuto la fortuna di condividere il palco con artisti di cui ero grande fan, come i Marlene Kuntz, i Diaframma, il Bugo di una volta. Se ora dovessi sceglierne uno con cui avrei la voglia e la curiosità di collaborare, direi Andrea Laszlo De Simone, cantautore che apprezzo tantissimo.

 

Se dovessi riassumere la tua musica con tre parole, quali sceglieresti e perché?

Malinconia, ironia, sincerità. Scelgo queste tre perché sono le stesse che userei se dovessi descrivere me.

Tre Domande a: Martina Di Roma

Come e quando è nato questo progetto?

Qualche anno fa ho iniziato a pensare di voler fare uscire qualche mio brano e farmi scoprire come compositrice e autrice. L’idea dell’EP è arrivata subito dopo: negli anni ho collezionato testi e musiche ed è stato evidente che dovessi fare un lavoro più grande. Nell’EP, che uscirà tra poco, ci sono canzoni scritte tanti anni fa, canzoni che ho stravolto più volte e canzoni nate di getto come Bittersweet che è anche il mio singolo di esordio.

 

Progetti futuri?

Tra qualche mese uscirà il mio primo EP, che è stato preceduto dal mio primissimo singolo Bittersweet. Non vedo l’ora di condividerlo con tutti!

 

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

Creare qualcosa di mio e nuovo senza alcun giudizio. Fare musica mi permette di esprimermi, lasciarmi andare ed entro in uno spazio in cui esisto solo io con la mia musica e le mie parole ed è un flusso continuo di idee.

Tre Domande a: Black and Blue Radio

Come e quando è nato questo progetto?

Questo progetto è nato nel 2017. Avevo realizzato delle demo in precedenza, senza mai però andare fino in fondo. Nell’estate del 2017 in preda a una sorta di crisi personale, sono partito andando un mese da solo a New York. Era la mia prima volta in America e tutto quel tempo in solitaria mi ha permesso di conoscere tanta gente, raccogliere storie e fare un punto personale della situazione. Avevo in mente la realizzazione di un EP ma non pensavo potesse interessare a nessuno. Alla fine interessava a me. E quello bastava. Tornato da New York sono entrato in sala a registrare. Non avevo aspettative, solo voglia di suonare, scrivere, fare. Realizzai Out Of Time, un EP che portava per la prima volta il nome di Black And Blue Radio. Questo EP fu realizzato a Torino e ci divertimmo tantissimo, sia a registrarlo che a suonarlo dal vivo. Nel video di Untitled Black And Blues si trova lo spirito di questo lavoro. Mentre il primo singolo Monsters fu preso in anteprima dal sito della rivista Rollingstone. Per me una sorta di medaglia al valore. Lo so, è esagerato, ma fu davvero un bel riconoscimento. Fu tutto molto difficile, non arrivarono risultati concreti ma per fortuna non mi tirai indietro e arrivai fino in fondo. E da lì, Black And Blue Radio è rimasta l’armatura con la quale ho deciso di andare in giro.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

In questo nuovo album, This Order, c’è una canzone che potrebbe essere una sorta di mia personalissima carta d’identità. Il brano in questione è Mirror e questa cosa l’ho pensata nel momento in cui alcuni tra amici e conoscenti, scelti random per un ascolto in anteprima, hanno reagito tutti allo stesso modo. Senza parlarsi tra loro, hanno tutti immaginato che questa fosse la canzone portante del disco non tanto per la qualità finale del brano ma per il modo in cui questo arrivava e per il modo di raccontare. Il disco è stato scritto, registrato e masterizzato in tempi diversi, con musicisti diversi. E in città diverse. Da qui il titolo This Order che si rifà a una sorta di caos artistico e umano che hanno caratterizzato la realizzazione di quest’album.
Mirror è una canzone che ho scritto parecchi anni fa e, inizialmente, non doveva far rientrare nell’album in quanto troppo vecchia per farne parte. Risuonandola in un paio di occasioni, invece, ho pensato che, data la modalità di lavorazione del disco e del viaggio che volevo raccontare, poteva essere un buon pezzo di storia da raccontare. Nella fase torinese del disco Mirror fu scartata, considerata poco valida e già sentita.
Successivamente, nelle sessions romane, è stata completamente rivalutata. E per quanto forse possa suonare come un qualcosa di già sentito, rappresenta al meglio l’idea che ho di musica e di come una storia così personale vada raccontata.
Sonorità semplici, un folk tradizionale con un testo diretto e raccontato in prima persona. E quale parola meglio di Mirror poteva rappresentare una canzone così diretta?

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Non penso a un evento in particolare. Ma mi piacerebbe partecipare a quei festival folk/blues che si svolgono a Nashville, in modo da poter vedere in azione chi con quella roba ci è cresciuto a contatto diretto. Magari anche qualche vecchio guitar hero del posto, sarebbe fantastico. Alla fine il blues viene da lì e per imparare al meglio una materia bisogna studiarla nel posto dov’è la storia è cominciata.
So che è molto settoriale come scelta, ma credo sia fondamentale imparare e conoscere quelle che ritengo essere le mie radici. Ovviamente sarei un pesce fuor d’acqua lì in mezzo, ma vuoi mettere quanto possa essere incredibilmente formativa come esperienza?
Per rimanere più con i piedi per terra e nelle vicinanze, mi piacerebbe partecipare a qualche festival italiano per portare un sound più classico che difficilmente si sente, soprattutto in questi ultimi anni. Mi è capitato spesso di partecipare a eventi indie dove con il gruppo eravamo lasciati in coda perché non in target. E puntualmente la gente si fermava ad ascoltarci anche se eravamo gli ultimi ad esibirci. Vorrei potesse succedere lo stesso con numeri possibilmente più grandi. 

Tre Domande a: Macadamia

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il vostro modo di fare musica o a cui vi ispirate?

Certamente, ci sono un sacco di artisti che a loro modo influenzano il nostro processo creativo! Sono veramente tanti…qua ne citiamo alcuni:
Tame Impala, album consigliato Currents per synth, atmosfere psichedeliche, trattamento del suono;
Radiohead, album consigliato In Rainbows per sperimentazione, mondo elettronico, impatto emotivo, ricerca del dettaglio, continua evoluzione, voci eteree;
Mac DeMarco, album consigliato This Old Dog per Lo-Fi, indie, immediatezza, detune;
Alice Phoebe Lou, album consigliato Glow per spazialità e leggerezza;
…poi tanti altri come UMO (Unknown Mortal Orchestra, NdR), Man I Trust, MGMT, Beach Fossil, ecc.
Ma anche tutta la scena cantautorale italiana: Dalla, Vasco Brondi, Calcutta, Levante, Verdena, Battiato, De André

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Emozioni e semplice spensieratezza! Ma ogni canzone ha la sua storia… per esempio Pollock in alcuni suscita una malinconica solitudine mentre in altri una fresca e sognante leggerezza; e poi c’è Prendi Fiato che nonostante la sua apparente caoticità suscita evasione e vibes inaspettatamente intime.
Rimaniamo veramente incantati ogni volta che un nostro ascoltatore ci racconta le emozioni che abbiamo suscitato con uno dei nostri brani perchè ci fa capire che il messaggio arriva, e questo non è mai scontato nell’arte! 

 

C’è un artista in particolare con cui vi piacerebbe collaborare/condividere il palco?

Ce ne sarebbero parecchi… sicuramente fra gli italiani sarebbe un sogno incredibile collaborare coi Verdena perchè hanno delle idee musicali e dei suoni che ci mettono i brividi ad ogni ascolto! Per quanto riguarda gli stranieri, invece, sarebbe impagabile anche solo andare nelle sale di registrazione di Radiohead o Tame Impala per assistere al loro processo creativo in un meditativo silenzio.

Tre Domande a: Starving Pets

Ci sono degli artisti in particolare che influenzano il tuo modo di fare musica o a cui ti ispiri?

Per No Shake, No Feels sicuramente un mix ben bilanciato dei Wilco più sperimentali (A Ghost is Born con le sue trame acustiche mentre sotto si scatenano temporali elettrici) e i Low; ma se penso ad un brano come Bag Full of Leaves, lì possiamo spingerci verso i Flaming Lips, o su territori molto più psichedelici e storti, cari ai Deerhunter. Quando ci siamo trovati in studio a lavorare sulle demo che avevo prodotto a casa, un nome che è venuto fuori e che ha in qualche modo accomunato tutti è stato Jim O’Rourke, sia come musicista che come produttore. In questo senso Indoors è un perfetto esempio.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Senza dubbio Bag Full Of Leaves, non a caso scelta come singolo di anticipazione. È stato il primo pezzo su cui abbiamo messo mano, un po’ perché l’ho sempre percepita come pezzo di apertura. Lavorando in studio con Manuel Volpe ha poi preso una piega inaspettata, diversa dall’idea iniziale. Sicuramente questo approccio ha in qualche modo condizionato in positivo tutta la lavorazione del disco.

 

C’è un evento, un festival – italiano o internazionale – in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Beh sicuramente giocando in casa verrebbe da dire Todays Festival. L’ho sempre vissuto da spettatore in tanti anni ed ha sempre avuto uno spirito speciale. Quasi un rito di fine estate.
Spostandoci fuori regione penso all’Hana Bi a Marina di Ravenna e ai suoi concerti sulla spiaggia o sotto la tettoia. Location uniche, come quella dell’Ypsig Rock o di Sexto Unplugged. Fuori dai confini italiani sicuramente poter portare questo disco su palchi come Primavera Sound (magari Porto che è immerso nel verde ai confini con l’oceano) o l’End of the Road Festival sarebbe un traguardo bellissimo. Ma andiamo per gradi, un passo alla volta.

Tre Domande a: Romeo & Drill

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto nasce nel 2019 dall’incontro tra Drill e Mr.Brux, il nostro produttore, inizialmente in occasioni remote ma creando poi con tutti e due una grande sintonia sia musicale che umana. Noi ci conosciamo da anni, viviamo nello stesso quartiere, prima di iniziare a collaborare abbiamo alle spalle entrambi una carriera da solisti ma Romeo, oltre ad essere autore, è anche musicista.
Il primo brano a cui abbiamo lavorato insieme, nell’autunno del 2019, è stato Chissenefrega e da quel momento in poi è stato un crescendo graduale fino ad oggi!

 

Se doveste riassumere la vostra musica con tre parole, quali scegliereste e perché?

La nostra musica la potremmo riassumere in queste tre parole: autentica, intima e motivante.
Usiamo questi tre aggettivi perché l’autenticità nasce dal momento in cui cerchiamo costantemente e continuamente di creare qualcosa di originale, che riconosca unicamente noi stessi; la dichiariamo intima perché cerchiamo di trasmettere intimità sia tra noi ed il brano sia nell’anima e nelle corde emotive di chi l’ascolta facendo in modo che chiunque possa sentirla propria; infine motivante per una questione passionale nei confronti della musica: vogliamo far capire a chiunque che una passione, qualunque essa sia, deve essere motivante a prescindere da come vanno le cose. 

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

A questa domanda non è facile rispondere, non abbiamo una canzone in particolare per far sì che ci conoscano meglio. Diciamo che ogni canzone è importante per conoscerci, ognuno sente emozioni e sensazioni diverse con canzoni diverse. Un brano può influenzare una persona come un altro brano può influenzarne un’altra in maniera diversa. Bisogna ascoltare ogni canzone per conoscerci bene e far in modo che ogni persona scelga il brano che reputa giusto per conoscerci. La soggettività è la parte più importante di ogni ascoltatore, troviamo chi si rispecchia di più in una canzone piuttosto che in un’altra e così via…
La bellezza di far musica è questa, farsi conoscere per ciò che le persone vogliono sentirsi dire.

Tre Domande a: Nebbia

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

È sempre una buona domanda questa, a cui non so bene rispondere perché sono consapevole di quanto la musica cambi a seconda di chi l’ascolta. Mi piacerebbe mostrare un mondo interiore che spero sia condiviso da molti, e spero di far entrare chi ascolta in questo mondo, farlo sedere con me in cima a una vetta come in Cime, oppure in un giapponese all you can eat in Texas Ravioli. Insomma credo molto nella musica come dialogo, per questo quello che voglio fare ora è suonare molto dal vivo per trasmettere in maniera diretta alle persone tutto questo.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Dal mio EP Altrove sceglierei forse Vortex per rappresentare un certo mio modo di fare musica: un po’ dark, anni ottanta, new wave, ma anche cantautorale e rappresentativo del mio mondo interiore. Dentro quella canzone c’è molto di me ed è forse quella più vecchia che ho scritto di questo EP. Mi piace pensare di creare un’atmosfera coerente con il mio nome, Nebbia, e con quello che avevo nella testa quando l’ho scritta.

 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

Il fatto che sia un modo di essere, più simile al respirare che ad una attività conscia. Il fatto che non mi faccia mai stancare di farlo, e che debba sempre trovare nuovi modi per saziare questo meraviglioso Leviatano. E il piacere nel vedere quando tutto questo arriva agli altri, quando vedo che ci si riconoscono e che lo amano.