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VEZ5_2024: Andrea Riscossa

Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.

Fontaines D.C. Romance

Sarò breve, il 23 agosto scrivevo quanto segue, è ancora valido.
Questo è un disco sull’amore alla fine del mondo.
Di come l’amore viene vissuto, raccontato e mostrato. Non è Romantico, è la sua versione distorta che abbiamo deciso di accettare.
Uno Sturm und Drang nato nelle periferie del mondo, in cui possiamo ammirare i cieli di Turner da un oblò di un volo low cost, in cui siamo dei Viandanti sul mare di nebbia, che però, se guardi bene, è lo smog del nord di Londra. 
Ha senso essere romantici nel nostro mondo, alla fine del nostro mondo?

Traccia da non perdere: In The Modern World

Beth Gibbons Lives Outgrown

Solenne. E dovrei fermarmi qui, dopo aver trovato l’aggettivo adatto all’album della cantante dei Portishead. Possiamo aggiungere elegante, forse anche malinconico, ma era, come dire, prevedibile. Quello che spiazza e che attrae è la sua incredibile complessità e qualità. Splendido e scelta obbligata. 

Traccia da non perdere: Floating On A Moment

The Smile Wall of Eyes + Cutouts

Mi prendo una licenza poetica e nella mia top 5 inserisco un gruppo che ha pubblicato due album in sei mesi. Wall of Eyes e Cutouts sono sullo stesso gradino del podio, perché figli dello stesso genio e perché simili e diversi, così ordinato e dritto il primo e così caotico e sperimentale il secondo, sono il demone bifronte de The Smile, sono il frutto di una vena creativa che non sembra trovare pace. Per fortuna.

Traccia da non perdere: Bending Hectic

King Hannah Big Swimmer

Miele e chitarroni, così scrivevo pochi giorni fa dopo il loro concerto di Torino. Commento sintetico, adolescenziale e immaturo, ma questo è quello che mi suscitano, perché nella loro musica è possibile perdersi sia tra ricordi melliflui sia tra labirinti di chitarre che crescono, si moltiplicano e ti strappano un ebete, ma sempre sincero, sorriso di approvazione.

Traccia da non perdere: Suddenly, Your Hand

Idles Tangk

Nigel Godrich porta ordine e un po’ di pace tra gli Idles e il risultato è divisivo. Aggettivo ormai usurato tanto quanto “seminale”, ma, in fondo, questo è davvero un disco diverso.
Elegante e sperimentale, è un nuovo percorso o semplicemente una nuova grammatica, un lessico più “civile” per la band di Bristol?
Ai posteri, come sempre, ma io questa volta prevedo solo cose buone.
E poi c’è il deep fake di Chris Martin

Traccia da non perdere: Grace

Honorable mentions

Nick Cave & The Bad Seeds Wild God
Una liturgia laica e quasi profana, o forse i Bad Seeds al cubo, stupendo.

The Cure Songs of a Lost World
Un album che profuma di canone, e, soprattutto l’album in cui c’è Alone.

Jack White No Name
Non so se sia una splendida crisi di mezza età, ma qui si sentono canzoni belle fatte come si facevano una volta. 

Porridge Radio Clouds In The Sky They Will Always Be There For Me
É la mia quota guilty pleasure, non il loro miglior lavoro, ma basta che ci sia.

VEZ5_2024: Massimiliano Mattiello

Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.

English Teacher This Could Be Texas

Captando spunti da tutto l’universo alternativo, il prodotto confezionato dal quartetto è stato in grado di regalare continui colpi di scena durante tutta la durata di questo corposo documento musicale. Non da meno la maturità di testi che analizzano la banalità del quotidiano ma che finiscono per toccare temi politici, più profondi e intimi.

Traccia da non perdere: The World’s Biggest Paving Slab

The Decemberists As It Ever Was, So It Will Be Again

La carne al fuoco è tanta e decisamente ben condita dall’arsenale di strumenti messi in tavola (fisarmoniche, trombe, banjo, tromboni, flauti, steel guitar, ecc.): il giusto compromesso tra la spinta propulsiva di ottimi polistrumentisti e un brillante songwriting.

Traccia da non perdere: Oh No! 

Rafael Toral Spectral Evolution

Una meravigliosa sintesi tra il lato più ambient che sublima in una chitarra trattata e liquefatta in ermetici droni, la decostruzione del jazz inabissato nel lavorio minuzioso di molteplici strumenti e la fase recente che è di fatto avanguardia sonora senza limitazione alcuna.

Traccia da non perdere: Spectral Evolution

Tapir! The Pilgrim, Their God and The King of My Decrepit Mountain

Tapir! ci regalano un disco pregno di contenuti e dalle musiche camaleontiche. Inafferrabili ma decifrabili come una dolce fiaba per bambini, i Tapir! raccontano di un paese delle meraviglie localizzato in un’epoca illusoria, non iperconnessa e preindustriale, dove creatività e umanità regnano ancora sovrane.

Traccia da non perdere: My God

Oneida Expensive Air

Gli Oneida sono uno di quei gruppi che si presentano da soli. Quasi trent’anni di carriera, diciassette dischi di inediti all’attivo, ma soprattutto una creatività espressa non solo nell’incisione su un disco ma anche nelle esibizioni dal vivo.
Questa creatività è frutto anche dell’immenso bacino di riferimento, che spazia dai primi vagiti del garage anni ’60 al krautrock e al noise.

Traccia da non perdere: Here It Comes

Honorable mentions

Gastr Del Sol We Have Dozens of Titles
Vecchie registrazioni inedite? Ben venga allora questo tuffo nel passato.

Ex-Easter Island Head Norther
Affascinanti sperimentazioni e umori tra la disciplina dei King Crimson e l’esotismo dei Necks.

Duster In Dreams
Un chitarrismo disidratato dal rumore. Ne rimane il sogno, sconfortato e malinconico.

Nilüfer Yanya My Method Actor
Affascinante dualismo tra rock alternativo e cantautorale contemporaneo.

Humpty Dumpty Et cetera 
La quota italiana: non emergano mai margini per negoziare coi meccanismi produttivi standard. 

I Hate My Village @ Bronson

Ravenna, 14 Dicembre 2024

Se nella mia città, Ravenna, c’è un evento a cui cerco di non mancare mai, è proprio Passatelli in Bronson, la rassegna che guarda alle nuove proposte che si stanno facendo notare nel territorio locale e nazionale. Siamo ormai alla 14esima edizione per il festival proposto da Bronson Produzioni e il quarto anno in collaborazione con Futura Rumore. 

Il programma di quest’anno vanta nomi già affermati e nuove proposte che avevo già avuto il piacere di vedere sui palchi di alcuni eventi regionali. Vi parlerò della seconda serata, che si è tenuta al Bronson Club sabato 14 dicembre 2024. 

Questo è il mio secondo appuntamento del 2024 con gli I Hate My Village.
Per descriverli la stampa li identifica con il termine “superband”, il risultato che deriva dalla commistione di alcuni membri di altre band già ampiamente navigate: Alberto Ferrari voce dei Verdena; Fabio Rondanini, batteria dei Calibro 35 e Afterhours; Adriano Viterbini, chitarra dei Bud Spencer Blues Explosion e altri; Marco Fasolo, qui al basso, frontman dei Jennifer Gentle

L’opening è affidato a Sara Parigi, musicista e cantante toscana. Da subito, ascoltando i primi brani ho pensato ad un matrimonio fra Carmen Consoli e i Verdena. Propone una scrittura in italiano condita da chitarre distorte, vocalizzi ripetuti quasi ovattati ed esasperati, lunghe sessioni vocali che spesso sfociano in urli sguaiati. La sua performance è caratterizzata da forte espressività facciale e vocale: esprime autoironia nei concetti (“nessuno mi fotte meglio di me”) e nel suono delle risatine randomiche. L’ho trovata molto più godibile e convincente negli arrangiamenti più marcatamente rock e con un coinvolgimento maggiore della band, rispetto alle ballate intime da solista.

Dopo una breve pausa, ritroviamo con fatica una posizione strategica da cui assistere allo show, tanto è gremito il locale. 

I protagonisti fanno il loro ingresso sulle note di Tramp, dal primo disco omonimo del 2019: pare una marcia irriverente, come camminassero con catene ai piedi e intanto si liberassero attraverso riff di chitarra impazziti. 

La chicca che però aspetto io con trepidazione – e che mi ha accompagnato per tutta l’estate – è Water Tanks da Nevermind the Tempo, secondo album del gruppo, uscito a maggio 2024. Un po’ più fresca ed estiva come traccia rispetto alle altre, ma comprende tanti tratti tipici: poliritmia, afrobeat, voci distorte e psichedelia.  

Me la sono ballata dall’inizio alla fine, ma purtroppo ero sola. Diversamente dallo spettacolo del Locomotiv, attorno a me la gente era immobile con mia totale meraviglia e delusione. Solo verso gli ultimi brani si è infranto finalmente questo muro invisibile fra pubblico e band, in particolare quando Alberto Ferrari inizia a urlare ripetutamente “Con la band!” per invitare i più temerari a salire sul palco e unirsi all’irresistibile ballo tribale di Tony Hawk of Ghana. È stata un po’ una ventata d’aria fresca e forse sarei salita anche io se il concerto fosse stato un po’ più partecipato, come quello di Bologna.

In ogni caso, per me anche questo live li riconferma una delle realtà più interessanti della scena alternative sperimentale attuale. La prossima volta punto al palco!

Setlist 

Tramp
Italiapaura
Acquaragia
Water Tanks
Presentiment
Elvis
Fame
Jim
Come una poliziotta
Eno degrado
Erbaccia
Bahum
I ate my village
Mauritania Twist
Fare un fuoco
Broken Mic

Chennedi
Tony Hawk of Ghana
Artiminime

Foto in copertina Andrea Fiumana

VEZ5_2024: JP Molloy

Today’s life is fast bite sized noise. Fucking YouTube shorts. Fucking tweets, and insta posts. Fucking tik toks and short attention spans.

Fucking stop.
Take a breath.
Throw on an album (vinyl preferably)
Have a drink.
Relax.
Repeat.

Or don’t. Up to you.

Here’s my recommendations:

Jerry Cantrell I Want Blood

Brighten was a solid album with a couple of great tracks but I Want Blood is a step up with some great throwback moments and some new ideas in the mix. I expect this one to grow on me more in time.
Check out It Comes a song that wears its Black Sabbath influences on it sleeve but features some amazing harmonies and temp changes. Hopefully Jerry will take his tour to my neck of the woods in 2025.

Must hear track: It Comes

Judas Priest Invincible Shield

Bloody legends with some new classics to add to the mixtape. Enough said

Must hear track: Crown of Horns

The Warning Keep Me Fed

Now this is my kind of “Pop” music. Ever since hearing the 3 Villarreal sisters do an interesting take onMetallica’s Enter Sandman, I have followed their rising star.
While I had some issues with the production of the album (seek out live versions: so much better) each track is a banger. Hopefully they continue to expand on their rock influences and not lean into the more mainstream pop elements their sponsors would hope for (Pepsi? Really? FFS)

Must hear track: MORE

Zeal&Ardor Greif

A Frankenstein’s monster of an album and a glorious one at that. The death metal vibes are dialled back a bit, and we get ballads, Queens of the Stone Age type slabs of awesome and most things in between.

Must hear track: To My Ilk

Bear McCreary The Singularity

Movie score fans will probably know Bear McCreary well for TV shows like Battlestar Galactica, movies like Godzilla and his monumental scores for the God of War games are amazing.
The Singularity is a different beast. A concept album of sorts, it is a roller coaster of music styles with the composer working with the likes of Corey Taylor of Slipknot, Rufus Wainwright, Eivør and Serj Tankian.
And yes, it has plenty of Hurdy-Gurdy for you Bear purists. Great stuff.

Must hear track: Type III

Honorable mentions

BABYMETAL and Electric Callboy RATATATA
Big dumb fun and my fav song of the year

David Gilmore Luck and Strange
A return to form with some decent songs

Blood Incantation Absolute Elsewhere
Is David Gilmore in this Death metal band as well? Sounds like it.

High on Fire Cometh the Storm
Doom highlight of the year and solid live band

VEZ5_2024: Marta Musincanta

Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.

Shellac To All Trains

Ci lascia Steve Albini a ridosso dell’uscita dell’ultimo album Shellac. Non servono molte parole, il ricordo sarà per sempre con la sua storia musicale.

Traccia da non perdere: I Don’t Fear Hell

Kim Gordon The Collective

Kim Gordon va avanti sulla sua strada di sperimentazioni e provocazioni. Non ha mai voluto arruffianarsi il pubblico dei Sonic Youth.  Applausi.

Traccia da non perdere: Psychedelic Orgasm

Nick Cave & the Bad Seeds Wild God

Che sia protetto da un’aura benedetta o che lui stesso si difenda dall’inferno che periodicamente lo insegue, quell’uomo, those wild man Nick Cave, dà lezione. Nonostante l’abbondanza di cori, never mind, never mind.

Traccia da non perdere: Song of the Lake

The Cure Songs of a Lost World

Dall’oscurità, da lontano, in pochi giorni verso la fine di ottobre, la deflagrazione: i Cure e un nuovo album. Presentato con un generoso live in streaming mondiale, Robert Smith colpisce diretto, ancora e sempre, nell’anima.

Traccia da non perdere: Endsong

Primal Scream Come Ahead

Altro caso tra i vincenti della generazione X in questo 2024. Bobby Gillespie e i suoi Primal Scream con questo album impregnato di riflessioni sull’attuale stato della società, sempre con stile patinato e fulgido. “Questa nave sta navigando / In acque profonde e oscure / Tutti i sistemi stanno fallendo / Andiamo come bestiame al macello / Al macello…”Balliamo.

Traccia da non perdere: Deep Dark Waters

Honorable Mentions

Maverick Persona In the Name of
L’elettronica autorale e culturalmente militante creata da Amerigo Verardi e Deje (Matteo D’Astore). 

Moin You Never End 
L’ombra della mente che partorisce nuova materia musicale.

The Smile Wall of Eyes

Tindesticks Soft Tissue

Molte altre uscite interessanti sono presentate nei podcast di Musincanta, dopo la messa in onda radiofonica, su Mixcloud

VEZ5_2024: Marta Bandino

Anche quest’anno VEZ Magazine ci ha chiesto coraggiosamente di esprimere la nostra scelta per i migliori 5 album di questi 365 giorni passati. Dall’idea (certezza) che avrei nominato 5 best album di molti altri e da un’affermazione nata per scherzo, eccomi qui signori giudici ad elencarvi i peggior album del 2024.

DISCLAIMER: sono solo miei gusti e considerazioni, da prendere o non prendere sul serio.

Fast Animals and Slow Kids Hotel Esistenza

Ho comprato i biglietti per il tour a scatola chiusa, senza sapere nulla di questo album… e forse un pochino me ne pento. Purtroppo avevo ancora un briciolo di speranza di risentire qualche pezzo che mi riportasse a suoni più adatti all’idea che ho della loro musica. Sciocca che sono, perché mi hanno massacrato anche l’ultima cosa buona che trovavo sempre nei loro pezzi: i testi. Se negli album precedenti mi emozionavo, oggi ho fissato il vuoto pensando “perché sei ancora qui a sentirle questo album?”. VENDESI BIGLIETTI!

Traccia da perdere (solo perché è l’inizio della fine): Una Vita Normale 

Linkin Park From Zero

Band dell’adolescenza, di quando i genitori non potevano nemmeno portarti ai concerti perché non era roba loro. Inizialmente ero curiosa di capire come Shinoda intendesse riportare in strada la band, curiosità acutizzata da quel nome From Zero che mi faceva sperare veramente in un nuovo inizio. E INVECE NO. Un revival di vecchi pezzi, tutto molto vecchio e pieno di polvere. Non aggiungo nulla su Emily Armstrong, che fa il suo e non mi sento di criticare.

Traccia da perdere: Over Each Other

Imagine Dragons Loom

Con gli ultimi album avevano portato a sé tanti nuovi fan, con questo forse no. Un album che tenta di essere sperimentale ma che porta dietro sempre le stesse tendenze cicliche: pop-rock (forse più pop), synth a palla, cori con strane voci e una epica voce a coprire tutto. Lo prendo come album sperimentale, quindi non come un totale no.

Traccia da perdere: Take Me to the Beach

Articolo 31 Protomaranza

Sempre nel tunnel della nostalgia ma in casa, mi sono buttata sul ritorno di questo duo. Un tentativo poco riuscito di revival, tutto molto vecchio e, anche qui, impolverato cercando oltretutto il supporto di altri artisti con numerosi feat. All’ascolto me li sono immaginati vestiti come in La Mia Ragazza Mena ma con bastone e cappellino da vecchi. Come direbbero i giovani: cringe.

Traccia da perdere: Una Cosa Bene 

Jennifer Lopez This Is Me… Now

Ammetto che mentre lavoro torno ad ascoltare musica pop party anni 2000-2010, quindi perché non provare a fidarsi di un ritorno di fiamma di J.Lo? La musica è buona, la sua voce è solida come sempre, e il tutto sicuramente migliorerebbe con le sue capacità coreografiche durante il tour…ma tutto ciò risulta schiacciato dalla trama da principessa Disney dei suoi testi. Mi mancano i feat con Pitbull.

Traccia da non perdere: This Time Around

C’è anche una top 5, dopotutto…

Fontaines DC Romance

Any Other Stillness, stop: you have a right to remember

Finley Pogo Mixtape Vol.1

Tre Allegri Ragazzi Morti Garage Pordenone

Shelton Gringo Vol.1

SLAM DUNK FESTIVAL ITALY 2025: ANNUNCIATI I PRIMI NOMI DELLA SECONDA EDIZIONE!

DOPO IL GRANDE SUCCESSO DELL’EDIZIONE 2023 TORNA

SLAM DUNK FESTIVAL ITALY 2025

ANNUNCIATI I PRIMI NOMI IN LINE-UP

A DAY TO REMEMBER(*) – NEW FOUND GLORY – NECK DEEP – LANDMVRKS – THE USED – THE ATARIS – ZEBRAHEAD

+ more T.B.A.

(*) in collaborazione con Hellfire Booking Agency

LUNEDI’ 2 GIUGNO 2025

CARROPONTE – SESTO SAN GIOVANNI (MILANO)

Biglietti per il festival e per l’after party in vendita dalle 14.00 di venerdì 12 dicembre.

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A distanza di due anni dalla prima, acclamata edizione, torna in Italia lo Slam Dunk Festival!

Il 2 Giugno 2025 il festival itinerante sbarcherà di nuovo nel Bel Paese, questa volta al Carroponte di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano.


Ritorna quindi un evento, grazie alla rinnovata collaborazione tra Slam Dunk Festival UK e Hub Music Factory, che nella sua prima edizione con Sum 41, The Offspring e Rancid tra gli headliner ha visto oltre trentamila spettatori assistere ai tre giorni di concerti: “Nel 2023 un vero festival rock è sbarcato in Italia, dove non era mai stato fatto un festival di quel genere e di quella qualità.” – afferma Alex Fabbro di Hub Music Factory – “nella prima edizione il successo è stato importante, con un pubblico di appassionati arrivato da tutta Europa e persino da oltreoceano, il 2025 sarà di nuovo uno spettacolo!”

E nel 2025 è tempo di ripetere l’esperienza: non più un festival spalmato su 3 giorni ma un’unica, imperdibile giornata-evento fitta di concerti, con due palchi, tantissimi artisti già confermati, altri ancora da annunciare e un afterparty per chiudere in bellezza la giornata.

SLAM DUNK FESTIVAL ITALY 2025 – LE BAND


A DAY TO REMEMBER(*)
Gli A Day To Remember saranno gli headliner dell’edizione italiana dello Slam Dunk.
La band capitanata da Jeremy McKinnon è uno dei gruppi più influenti nel panorama metalcore/pop punk; durante la loro lunga carriera hanno venduto oltre un milione di dischi, ottenuto più di 800 milioni di stream su Spotify, 500 milioni di visualizzazioni su YouTube, vinto dischi d’oro e conquistato il cuore di milioni di fan in tutto il mondo.
Tornano in Italia per lo Slam Dunk Festival a distanza di 8 anni dall’ultima volta da headliner nel nostro Paese, data in cui presenteranno per la prima volta al pubblico italiano i brani estratti dall’ultimo album ‘You’re Welcome’. Non mancheranno in scaletta hit del passato come ‘The Downfall Of Us All’‘All I Want’ e ‘If It Means A Lot To You’.

(*) in collaborazione con Hellfire Booking Agency.

NEW FOUND GLORY
In line-up anche leggende del pop punk New Found Glory che tornano in Italia a distanza di undici anni dal loro ultimo concerto a Milano. Quando i New Found Glory ebbero un successo planetario con l’uscita del loro terzo album, “Sticks & Stones” del 2002, erano in quel momento i più importanti rappresentanti del genere pop-punk grazie a un mix inimitabile di punk-rock, energia hardcore e linee melodiche segnanti.
20 anni,  nel 2004, il disco “Catalyst” definì per sempre la “leggenda” dei New Found Glory, non solo come una delle band pop-punk più influenti di sempre, ma anche come una band pronta per il salto nel mainstream. Con quel disco, dal sound più potente, meno dolce e pop, divennero più popolari che mai ritagliandosi così uno spazio (tuttora da loro occupato) unico nel mercato musicale per gli anni a venire.
Ancora oggi, i New Found Glory rimangono una delle band più amate della scena, e nel 2025, finalmente, ritornano in Italia!

NECK DEEP
Vecchia conoscenza del pubblico italiano, i Neck Deep tornano in Italia per confermarsi tra i principali esponenti del pop punk moderno. Già sul palco del Bay Fest lo scorso anno, la band pop punk gallese ha venduto milioni di dischi in tutto il mondo. L’ultimo, ‘Neck Deep’ pubblicato a gennaio 2024 per Hopeless Records, li ha portati in tour in giro per il mondo per oltre un anno. Dal ritmo incalzante di ‘Dumbstruck, Dumbf*ck’ e l’intensità travolgente di ‘Sort Yourself Out’, all’introspezione poetica di ‘They Don’t Mean To (But They Do)’‘Neck Deep’ è un album che vanta una canzone per quasi ogni occasione.


LANDMVRKS
Potrebbero essere a tutti gli effetti la sorpresa di questa edizione di Slam Dunk: nati a Marsiglia, negli anni sono stati in grado di creare uno spazio sonoro unico nel panorama metalcore.
Nel 2016, i LANDMVRKS hanno pubblicato il loro album di debutto autoprodotto “Hollow” che presentava una nuova miscela di metalcore moderno con riff hardcore e ritornelli accattivanti.

Negli anni a seguire è stato un continuo crescendo, con una fanbase sempre più affezionata dalla loro intensa energia sia live che su disco.
Dopo aver firmato con Arising Empire nel 2018, la band ha prodotto un secondo album più maturo, che incorpora influenze hardcore e punk-rock anni ’90.
Nel 2021 l’uscita del disco “Lost in the Waves” ha consacrato definitivamente la band francese: nell’album si possono trovare, infatti, diverse influenze con un tappeto musicale metalcore che viene miscelato ai suoni più hardcore, del pop-heavy e persino dell’hip hop grazie soprattutto all’incredibile capacità vocale del cantante Floren Salfati.

THE USED
The Used sono una rock band americana di Orem, nello Utah. Da tutti riconosciuti per il loro sound estremamente versatile che comprende moltissimi generi, tra cui post-hardcore e alternative rock, loro amano catalogarsi in maniera così specifica: “Siamo una rock band. È tutto ciò che siamo sempre stati.”

Allo Slam Dunk Italy 2025 celebreranno i 25 anni di attività dalla loro fondazione.

THE ATARIS
Considerati da molti come tra le band più influenti del pop-punk mondiale, The Ataris hanno raggiunto il successo a cavallo degli anni 2000 grazie soprattutto alla cover in versione punk del classico anni ’80 ‘Boys of Summer’ contenuto nell’album del 2003 “So Long, Astoria” con il quale hanno vinto il disco d’oro.
Dopo il tour dello scorso anno per il ventennale di questo album rimasto negli annali, The Ataris ritornano in Europa nel bill dello Slam Dunk Festival.

ZEBRAHEAD

Ultimi, ma non meno importanti, sono gli Zebrahead, già presenti nel bill dell’edizione italiana 2023.

La band rapcore di Orange County è attiva da più di 20 anni, con una dozzina di album in studio, oltre due milioni di dischi venduti dal 1995 a oggi, e addirittura una nomination ai Grammy per una collaborazione con i Motorhead.

Gli Zebrahead hanno una incredibile miscela di punk, hip hop e alternative rock che li porta ad essere in assoluto una delle band più divertenti ed esaltanti in questo Slam Dunk Italy 2025.

Di seguito i dettagli del festival 

SLAM DUNK FESTIVAL ITALY con

A DAY TO REMEMBER + NEW FOUND GLORY + NECK DEEP + LANDMVRKS + THE USED + THE ATARIS + ZEBRAHEAD

+ second stage t.b.a.

2 GIUGNO 2025 

CARROPONTE – SESTO SAN GIOVANNI, MILANO

AFTER PARTY

2 GIUGNO 2025 – dalle 23.00

CARRO SOCIAL CLUB – SESTO SAN GIOVANNI, MILANO

Biglietti per il festival e per l’after party in vendita dalle 14.00 di venerdì 12 dicembre su Ticketmaster.

Per maggiori informazioni: www.slamdunkfestival.com/italy

VEZ5_2024: Marta Annesi

Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.

Quando si avvicina la fine dell’anno cominciamo a tirare le somme di tutto quello che è successo nel corso dei vari mesi. E “fare questa lista” di VEZ5 mi fa rendere conto, anno dopo anno, quanto la musica influisca su di me in base al mio umore. La mia classifica è un po’ stramba, c’è un po’ di tutto perché mi hanno accompagnato durante i miei vari cambi d’umore della giornata.

Quindi: c’è grinta e tenacia, necessario per dare sprint e carica alla mia giornata; c’è sensualità ed eleganza, per coccolarmi; c’è dolore e rassegnazione al vuoto, per crogiolarmi nei piantini; ma c’è anche la voglia di uscire da tutto ciò. E infine c’è la perseveranza: essere se stessi e credere in quello che si fa è l’unica strada per rimanere veri e sopravvivere in un mondo che sembra volerci solo copie di copie di copie.

Kim Gordon The Collective

Sua Maestà.. Khaleesi del suono distorto, Prima Signora dei Sonic Youth, Protettrice del Noise Rock, Dea del basso, Madre degli Alternativi…..Ci ha fatto questo immenso dono, è tornata! Per far capire a tutti che il talento e la grinta non hanno età. Il suo The Collective è la prova che non esiste un limite alla volontà umana, la Signora Kim Althea Gordon ha deciso di giocare con le sonorità beat trap e hip hop, partorendo per noi un disco unico, aggressivo, caotico, provocatorio.
Sfrutta a suo vantaggio una modernità così (apparentemente) lontana da lei, creando un pandemonio di suoni industrial, di voce reale e di autotune (in Psychedelic Orgasm), chitarre elettriche esagitate, testi molto contraddittori (in Bye Bye ci trolla con la lista delle sue cose da portare per il tour? E in I’m a Man dissa malamente gli uomini, traendone un ritratto becero e patetico.)
Ma c’è un brano più di tutti che colpisce per la aura sexy e intrigante, con la voce a tratti sussurrata e lasciva, ed è Shelf Warmer. Ricorda molto lo stile dei Massive Attack ai tempi di Mezzanine.

Traccia da non perdere: Shelf Warmer

Billie Eilish Hit Me Hard and Soft

Una delle voci più emozionanti per quel che riguarda il panorama pop degli ultimi anni.
La ragazzina strana sta lasciando il posto ad una creatura magnifica che sta abbandonando il disagio e la ribellione adolescenziale, dimostrando una maggiore coscienza di sé e delle sue potenzialità, e conseguentemente una voglia di sperimentare e di migliorarsi. Se in Happier Than Ever il fiore sta sbocciando, in Hit Me Hard and Soft ha spalancato i suoi petali vellutati verso il futuro.
Questo periodo di crescita si denota dalla voce, più delicata e ricercata. Questo nuovo disco scopre una Billie Eilish dolce e assertiva; gioiosa e giocosa; seducente, aperta a parlare del suo mondo interiore, delle proprie emozioni e sentimenti.
La bellezza di questo album? Non è pop. Ci sono dei pezzi più ritmati, veloci, da passare alla radio, ma il resto dei brani è talento incanalato nel verso giusto.
Ma crescere significa anche fermarsi, ogni tanto, e guardare indietro a ciò che eravamo, alcune volte con non poca nostalgia, e questo succede anche a Billie, che si lascia sfuggire Blue, un pezzo elegante, in cui la sua voce inizialmente ci coccola con una raffinatezza e sensualità sconsiderata, in una ballad ritmata per circa 1 minuto e 50, per poi cambiare drasticamente registro e diventare improvvisamente malinconico e dannatamente doloroso. Tutto sprofonda lentamente nell’Oceano, la voce di Billie ci accompagna giù nelle acque oscure e misteriose, fino al disperdersi della sua voce. Rimangono solo i violini.

Traccia da non perdere: Blue

Mannequin Pussy I Got Heaven

Sono Punk. Sono la speranza per il futuro. I Mannequin Pussy pestano palchi dal 2010, non sono proprio dei ragazzini. Ci sono stati vari cambiamenti all’interno del gruppo, ma i fondatori del gruppo (Colins “Bear” Regisford, bassista e Marisa Dabice, cantante) tornano quest’anno con una nuova formazione, soprattutto dopo l’entrata di Maxine Steen che ha portato con sé il suo talento, la sua chitarra e anche le sonorità synth.
I Got Heaven è un disco VERO. Crudo, romantico, disperato, divertente, contraddittorio come solo le persone reali possono essere. Musica fatta da comuni mortali, per i comuni mortali.
La voce di Marisa è cangiante, è maturata e col tempo ha imparato a capire e gestire le proprie emozioni, lasciando la rabbia e la disperazione negli album precedenti. Sul palco si muove provocatoria e magnetica, si è attratti dalla sua voce, dal timbro e dal suo dualismo, capace di estrema grazia come di aberrante aggressività.
Ora con queste nuove capacità è in grado di donarci leggerezza in pezzi come I Don’t Know You e Nothing Like; brani più contaminati dall’indie rock come Split Me Open, e due attacchi da 1 minuto e mezzo circa l’uno di cattiveria punk.
L’anima della band risuona in OK? OK! OK? OK! un esplosione incontrollata di furia bestiale punk, dove il ruglio di Bear alternato alla voce acutissima di Marisa crea un contrasto violento, l’orso grande e grosso che sembra voglia ingoiare la piccola ragazza indifesa, in realtà la vuole solo proteggere, così lei si sentirà al sicuro e potrà fare pace con sé stessa ed evolvere.

Traccia da non perdere: OK? OK! OK? OK!

Tom Odell Black Friday

L’artista è una persona fortunata, rispetto a noi poveri umani senza arte né parte. Se hai talento e provi un forte dolore, puoi veicolarlo tramite le tue abilità, facendo del bene a te stesso e anche agli altri che possono immedesimarsi, e tramite l’esperienza del dolore dell’artista il pubblico ne esce salvato egli stesso. Quindi dobbiamo ringraziare e benedire il dolore perché riesce a portarci a livelli che forse da soli non potremmo arrivare. La dimostrazione di ciò tra tutti è forse Tom Odell, dopo essere stato mollato dalla sua etichetta nel 2021, la sua canzone è stata “popolarmente” eletta come canto di ribellione. Nelle piazze tante donne cantavano intorno al fuoco “And if somebody hurts you, I wanna fight…”, la sua canzone di 10 anni fa. Questo forse ha dato la spinta per tornare, mettersi in studio registrare Black Friday, che celebra il suo ritorno sulla scena musicale. Un disco profondo, intenso e senza dubbio intimo. Si ha la sensazione che Tom sia con noi sul divano, e ci stia parlando dei suoi guai come un vecchio amico che non vediamo da un po’.
La sua forza è una sorta di empatia vocale, con la voce riesce a emozionare, colpendo in un punto molto profondo dell’anima di chi lo ascolta. Ci fa entrare nel suo personale universo, fatto di depressione, di rifiuto della realtà e del chiudersi dentro una mente che gioca contro di noi. Non si può incastrare dentro uno stile, lui semplicemente scrive, prende la chitarra e in studio registra. E’ la sua vita in musica, senza troppi fronzoli. Solo cuore, voce e musica. (e l’orchestra)
Il dolore, la malinconia e la rassegnazione sono i punti su cui verte l’intero disco. Ma parla anche del modo in cui ognuno di noi trova un modo per tirarsi su, accettando che nulla è perfetto ed eterno.
Non esistono filtri con Tom Odell, è dolore reale quello che trasmette in Nothing Hurts Like Love eci commuove in Black Friday con le sue spiccate doti vocali. La semplicità con cui tratta temi delicati sconvolge e interisce, alcune volte provenire da un’altra epoca come in The End Of The Summer e in Somebody Else, che è una carezza di un nonno, una ninnananna sussurrata appena.
The End è la canzone più soave e triste del disco, qui la voce di Tom diviene eterea, svanisce quasi, fondendosi con il piano e il violino.

Traccia da non perdere: The End

God Is an Astronaut Embers

Questo gruppo è una sicurezza del mondo del post-rock strumentale. Da circa vent’anni si impegnano per mantenere alto lo standard in questa musica (manco tanto) di nicchia.

I God Is an Astronaut sfornano il loro undicesimo album, sempre con lo stesso scopo: catapultarci attraverso la musica verso l’Universo, tra costellazioni brillanti e nero profondo. La loro musica è in grado di aprire i chakra dell’immaginazione e far lievitare la tua anima fino a posti meravigliosi.
Questa volta hanno lasciato un po’ da parte la loro peculiare vena malinconica per spostarsi verso luoghi tranquilli, immersi nella calma perenne. Ma il loro stile rimane invariato, hanno solo modificato la destinazione del viaggio, ma la carrozza rimane la stessa di sempre.
Forse è proprio questa la loro ancora di salvezza, rimanere imperturbabili alle mode e ai tempi che cambiano.
L’album si apre con Apparition, un pezzo che inizia timidamente, per poi sconfinare in melodie multietniche con sitar e sonorità epiche, che sembrano voler riecheggiare fino alla fine dell’eternità. La nostalgia tipica che li contraddistingue si manifesta in Falling Leaves, che contribuisce a creare quell’impalcatura del sogno che ci condurrà durante tutto il viaggio in cui ci condurranno.
A bordo della loro astronave sonora toccheremo isole paradisiache orientali, terre incontaminate, scenderemo giù negli abissi fino a lambire la volta celeste, e ci spingeranno più su, grazie a intro epiche e transizioni uniche. Con la musica creano ambientazioni che esulano dal contesto fisico.
In un brano in particolare, Realms, la presenza della violoncellista e compositrice londinese Jo Quail contribuisce a creare uno mondo onirico, con echi ancestrali che rievocano epoche antiche.

Traccia da non perdere: Realms