Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.
Shellac To All Trains
Steve Albini se n’è andato. A maggio. Dieci giorni prima che uscisse questo disco. In un mondo più giusto Steve sarebbe ancora qui, probabilmente l’estate prossima sarebbe passato anche da queste parti a farcelo sentire. O forse no. Non lo so. Avrebbe fatto quello che gli sarebbe andato a genio. Come sempre. So che To All Trains è il miglior disco degli Shellac da At Action Park.
Traccia da non perdere: I Don’t Fear Hell
Mount Eerie Night Palace
Il disco più coraggioso e impegnativo che mi sia capitato di ascoltare in questo 2024. D’altronde Phil Elverum è da sempre un personaggio sfuggente. E così si presenta questo monolite di 80 minuti. Sfuggente, respingente, ammaliante, evocativo. In una parola un vero capolavoro.
Traccia da non perdere: Non-Metaphorical Decolonization
Arooj Aftab Night Reign
Uno dei dischi che più ho ascoltato negli ultimi mesi. Lei è un’artista pakistana, questo è il suo terzo disco, odora di jazz, di folk, di delicatezza. E di notte, il tema dominante di questa meraviglia.
Traccia da non perdere: Bolo Na
Myriam Gendron Mayday
Terzo disco della cantautrice canadese. E come per i suoi predecessori il risultato è di altissimo profilo. Folk d’autore, una voce unica, in questo capitolo coadiuvata anche dalla chitarra di Marisa Anderson e la batteria di Jim White. L’ennesima gemma di una discografia immacolata.
Traccia da non perdere: Dorothy’s Blues
Beth Gibbons Lives Outgrown
Eh vabbè, di cosa stiamo parlando… è tornata sua maestà Beth Gibbons, che appare molto di rado, ma quando lo fa è per consegnarci delle meraviglie vere.
Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.
Jordan Rakei The Loop
Emotivamente più maturo e dedicato. Melodicamente forse più facile all’ascolto per il grande pubblico rispetto ad album virtuosi come il mio adorato Cloak, o introspettivi come Origin. The loop arriva subito, con tutta la sua potente propositività e Jordan Rakei si regala come non ha mai fatto prima. Un album corale, dove ogni strumento, ogni nota, ogni parola, ogni gospel è al proprio posto, facendone un prontuario di piccole lezioni di vita da poco più di 4 minuti l’una. Inutile dire che la sua voce, talmente perfetta da togliere il fiato, è quello a cui il mio cervello ricorre per tornare in bolla quando i neuroni vanno in Berserk. Non a caso lui e la sua musica sono in cima a qualsiasi mia classifica di ascolti di questo 2024 (ma c’erano anche l’anno scorso… e quello prima e…). E devo dire un grazie grande così proprio a questo anno che me lo ha fatto ascoltare – e fotografare – dal vivo. Fatevi un regalo: chiudete gli occhi e ascoltatelo tutto d’un fiato.
Traccia da non perdere: Freedom
Hiatus Kaiyote Love Heart Cheat Code
È stata una VEZ5 facile facile quella di quest’anno, perché tutti i miei ascolti preferiti da cinque anni a questa parte, nel 2024 hanno sfornato solo cose belle. Come nel caso degli Hiatus Kaiyote, miei paladini di un sound psyco-jazz aborigeno che escono con Love Heart Cheat Code, quarto lavoro in studio. Una conferma di quello che sono e una promessa di quello che saranno: degli incredibili musicisti che tengono alto – altissimo! – il livello di vibe, senza rinunciare a quel pizzico di follia nelle ritmiche, nella produzione e nei vocals di – siabenedetta – Nai Palm che rende i loro pezzi mai scontati e sempre sorprendenti. Make friends, Telescope, Everything’s Beautiful: un concentrato di pura goduria soul-jazz-r’n’b. Un consiglio: arrivate fino in fondo per non perdere una cover veramente folle di White Rabbit dei Jefferson Airplane (<3). Al primo ascolto “oddio”, al secondo ascolto “c’è qualcosa che…”, al terzo ascolto “sì, caxxo!”. La traccia da non perdere non c’entra nulla con l’album, ma si spiega da sola appena metti play. Qualcuno l’ha commentata così: “What genre do you play? Hiatus Kaiyote: “Yes” Vi amo.
Traccia da non perdere: Cinnamon Temple
Ezra Collective Dance No One’s Watching
Quella musica che nei peggiori bar di Caracas ti farebbe ordinare un altro giro di rum invecchiato. Quel latin-jungle-jazz-fusion-funk che ti fa muovere le chiappe anche se non vuoi. Tra gioia ridondante e svirgolate botta-risposta tra fiati e sezioni ritmiche di questo quintetto di Signori musicisti London based, un viaggio tutto da ballare (tanto nessuno ti guarda – cit.), in cui il crescendo dolce e malinconico di Everybody chiude meravigliosamente un disco da top 5. Che spettacolo questi Ezra Collective! Che poi, alla fine, anche se raggiunti i 40 la gastrite mi suggerisce di darmi a vini di qualità, l’inno cantato in feat. dalla calda voce di Yasmin Lacey è il mio mantra da sempre: “Give me bass line Give me dollar wine God gave me feet for dancing And that’s exactly what I’ll do.”
Traccia da non perdere: God Gave Me Feet for Dancing
NxWorries Why Lawd?
“No Worries” è proprio quello che vorresti sentirti dire quando il mondo gira troppo veloce, la lavatrice si è inceppata, ti si è bruciato il sugo, un sonoro fanculo è quello che ti ripeti in loop nel cervello dalle 8.30 alle 18, hai litigato anche con i pali della luce per strada e il tuo sogno – nemmenotropposegreto – è aprire un Fight Club. E allora ti chiedi: “Perchè, Signore?!” (Why Lawd?) con la stessa intonazione dei cristiani senza la S di Quelo, perchè non posso semplicemente godermi un buon disco di presobenemusic e alleggerire il peso del mondo che sento sulle spalle? Quindi lo fai. E ti piace. E pure parecchio. In Why Lawd?, che succede degnamente al precedente Yes Lawd!, il mix caldo e sensuale di saperi (e sapori) di due artisti come Anderson.Paak e Knxwledge nel progetto – secondo alcuni – piacione degli NxWorries, è un tappeto morbido di groove, produzioni eleganti e strizzatine d’occhio ai grandi del funk anni ’70, come Marvin Gaye, Curtis Mayfield, Stevie Wonder & co. Per non parlare di collaborazioni e partecipazioni da far girare la testa, come il basso del sempre-sia-lodato Thundercat, Snoop Dogg, H.E.R. e Dave Chappelle. Un tappeto avvolgente su cui buttarsi e dire “sbatecaz” di tutto il resto (= Oh well, whatever, nevermind in romagnolo), almeno per 45 minuti. Meglio se con un buon gin tonic in mano.
Traccia da non perdere: MoveOn
Kendrick Lamar GNX
Com’è che era? Chi ultimo arriva prima all…. Ah, no. Eppure, il buon Kendrick ce la fa di nuovo, esce a sorpresa quando ormai le classifiche dell’anno sono fatte e piazza un signor album per infilarcisi, senza troppi sforzi, in zona Cesarini. Al primo ascolto non mi fa lo stesso effetto dell’immenso Mr Morale & The Big Steppers ma, sempre al primo ascolto, riesce già a fissarmi in testa quei tre-quattro pezzi così incisivi e così diversi, che gireranno in loop nelle mie playlist per un bel pezzo. Inizia duro, meravigliosamente ispanico, con una produzione in pieno stile ’90s, condito qua e là con linee r’n’b godibilissime. Non mancano infatti le citazioni a sua maestà Tupac Shakur e alla old school della G-Funk era di Dr Dre, Snoop Dogg e Warren G; per (molto più di) un attimo sembra di essere a Los Angeles nel 1995. Si addolcisce con la meravigliosa SZA che regala alla splendida Luther un feat. che promette di diventare prima di subito una nuova hit. La stessa sigilla l’album con un altro feat. su Gloria, una traccia da 10 e lode. Insomma, nonostante mi faccia rabbia sapere che per vederlo dal vivo dovrei accendere un paio di mutui e nonostante faccia live da centinaia di migliaia di persone in solo quasi totalmente su basi, quando potrebbe fare uno show con musicisti della madonna (perchè non c’è NIENTE di più figo di vedere e sentire un pezzo rap suonato dal vivo), il sogno di assistere a un suo concerto e ballarmele tutte è sempre lì, in fondo al cassetto.
Traccia da non perdere: Man at the Garden
Honorable mentions
Il Mago del Gelato Pandora / Maledetta quella notte Ok, lo confesso. Maledetta quella notte è uscito sul finire del 2023, ma ha sicuramente segnato musicalmente il mio 2024. No, cioè. Non puoi non ascoltarlo. Shakera un po’ di Calibro 35 con i Nu Genea e un po’ di funk anni 70, et voilà. A mia discolpa, infilo in queste honorable mentions anche il singolo uscito nel 2024, Pandora, che speriamo preceda una nuova produzione. Giovani, bravi, coinvolgenti, goduriosissimi. Diesci!
Allen Stone Mystery Il giorno del mio 40esimo compleanno mi regala questo nuovo album, condito di tanto funk e feel good vibes. Avere una voce e saperla usare straordinariamente. Grazie Allen, ci serviva.
Ainé Buio / Leggero Sempre uno dei migliori esponenti del nu soul italiano, non delude mai, tecnica e gusto. Non mi perderei un suo live per niente al mondo!
Yaya Bey Ten Fold Groove da vendere, geni che non mentono. Richiami anni ’90 alla Lisa Stansfield. Niente male!
Childish Gambino Bando Stone & the New World Ormai è appurato, Donald Glover sa fare tutto, tanto che può permettersi di suonare 50 generi diversi in un unico album. Stile.
Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.
Mark Lanegan Band Bubblegum XX
Al primo posto non poteva che esserci lui. Al primo posto nella mia Top5, al primo posto nel mio cuore e anche al primo posto (e senza rivali) nella speciale classifica dello spazio occupato in casa da un artista, con un altarino composto da cd, vinili, bootleg, libri, plettri e scalette autografate che continua incessantemente ad espandersi con buona pace di mia mamma. Al primo posto non poteva che esserci Bubblegum XX anche perché non si tratta di una semplice riedizione celebrativa, della classica operazione commerciale. Il cofanetto contiene le quindici tracce di vent’anni fa, rimasterizzate anche se non ce n’era alcun bisogno perché il disco originale aveva già un sound perfetto, il prodromico, acido e interessantissimo EP Here Comes That Weird Chill (già pubblicato in precedenza ma passato ingiustamente inosservato e da recuperare assolutamente) e una dozzina di pezzi inediti, tra cui demo, provini registrati in albergo con Troy Van Leeuwen e meraviglie finite inspiegabilmente nel cestino come Josephine. L’arte può venire dall’anima o dal cervello e quella di Mark veniva dritta dall’anima. Un’anima incerottata, dannata e inzuppata nel whiskey (for the holy ghost). Per questo la sua era musica sincera, per questo è una fortuna poterne ascoltare di nuova a due anni dalla sua scomparsa, per questo Bubblegum XX è al primo posto della mia Top5.
Traccia da non perdere: Josephine
The Vaccines Pick-Up Full of Pink Carnations
Un mazzo di garofani lanciati sul sedile, una strada deserta vista attraverso il vetro di una macchina modernissima, il ciuffo del frontman/pilota riflesso nello specchietto retrovisore in copertina e qualche polaroid all’interno. Si presenta così il sesto disco de The Vaccines, un tentativo di opporsi all’inesorabile scorrere del tempo aggrappandosi al passato con la consapevolezza che alla fine si dovrà cedere perché, come scriveva Auden, “you cannot conquer time”. Di conseguenza, le canzoni vivono un conflitto interiore e risultano al contempo retrò e nuove: l’impronta è chiaramente anni ’60 ma gli arrangiamenti ci catapultano ai giorni nostri grazie all’intervento dei sintetizzatori, piazzati strategicamente qua e là. In più, è sempre un piacere ascoltare le melodie che Justin Young dispensa con nonchalance e una svogliatezza molto chic dai tempi di All In White. Cosa ci aspettavamo questa volta dai The Vaccines? Un ritorno in grande stile, ed è esattamente ciò che abbiamo ottenuto con questo disco godibilissimo, una combinazione di ballate, citazioni, espressionismo astratto e pezzi garage che si intona perfettamente al panorama rock britannico odierno.
Traccia da non perdere: Love To Walk Away (con una menzione speciale per il dolcissimo finale di tastiera di The Dreamer)
Nada Surf Moon Mirror
Il mio 2024 di concerti si contraddistingue per la sua circolarità. Si è aperto a gennaio, in una gelida Milano, con la data dei sopracitati The Vaccines ai Magazzini Generali e si è chiuso pochi giorni fa e a pochi passi da lì, per l’esattezza alla Santeria Toscana, in un’altrettanto gelida Milano, con l’unica data italiana dei Nada Surf. Il trio formato dai compagni di banco Matthew, Daniel e Ira, con la recente aggiunta di LouieLino ai tasti bianchi e neri, si era guadagnato lo status di gruppo cult nel mondo underground degli anni ’90 grazie a Popular, non solo uno spaccato di vita liceale ma vero e proprio inno della generazione X, ed è poi diventato veramente popolare grazie alla presenza costante nelle colonne sonore delle serie TV americane. Con lo sbiancarsi dei capelli, infine, i Nada Surf sono scivolati verso un rock maturo a tinte indie – pop di cui Moon Mirror è vero e proprio manifesto. La maturità passa chiaramente attraverso il progressivo aumento delle chitarre acustiche a detrimento di quelle elettriche ma anche dalle profonde riflessioni sul senso della vita che Matt, come si fa chiamare il cantante mentre scatta foto e firma autografi nel foyer del locale, condivide con il pubblico anche quando è sul palco. Non per questo, l’album può dirsi noioso, come dimostrano la canzone da non perdere e il fatto che dal vivo i pezzi nuovi hanno lo stesso impatto di quelli vecchi: una rarità, un ottimo motivo per finire in questa classifica.
Traccia da non perdere: Intel And Dreams
The Jesus And Mary Chain Glasgow Eyes
Una delle esperienze più disorientanti della mia vita è stata ascoltare Discoteque, tratta da quest’ultimo lavoro in studio dei fratelli Reid. Almeno finché non ho letto un commento sotto al video della suddetta canzone che recita “Best song on the album, a JAMC classic”; a quel punto mi sono sentito veramente confuso. Lo sperimentalismo elettronico è fuori dal range della band, che forse ha voluto togliersi di dosso l’etichetta di gruppo-che-scrive-la-stessa-canzone-da-quarant’anni e, a quanto pare, è anche riuscita a centrare il bersaglio. Io credo tuttavia che le canzoni migliori di questo Glasgow Eyes siano quelle più tradizionali come la feroce Venal Joy, che ha un piede negli anni ’80 e un piede nel nuovo millennio, e il trittico finale vecchio stile (con tanto di omaggio a LouReed). Per come la vedo io, The Jesus And Mary Chain devono continuare a fare The Jesus And Mary Chain,perché nessuno è come loro e perché dopotutto Monet non è mai stato un macchiaiolo.
Traccia da non perdere: Girl71
Giorgio Canali Azul Como El Fuego
Benvenuti al “Giorgio Canali MTV Unplugged”. Il sottotitolo che mi sono permesso di assegnare all’ultimo disco di Giorgio, preceduto da una ponderata e capillare campagna pubblicitaria (un video registrato con il cellulare una sera in un locale), potrebbe anche sembrare blasfemo, come peraltro lo stesso Canali, ma non è così perché rispetta le regole non scritte del celeberrimo format. Azul Como El Fuego è infatti una retrospettiva interamente acustica, una raccolta di canzoni pescate da vari dischi vecchi che sono state rivisitate per l’occasione.
L’album, registrato con strani e atavici strumenti folk di ogni forma e fattezza, ha infatti un taglio prettamente americano, bluegrass e country, ed è per questo un’interessante novità. Piove, Finalmente Piove è trainata da un arpeggio che sembra essere stato suonato con un banjo, Precipito viene introdotta da un dolente assolo di chitarra slide mentre Morire Perché si conclude con un assolo di violino; e queste sono solo alcune delle bizzarrie sonore che si possono scovare in queste tredici tracce. Quando poi Giorgio è affetto dalla sindrome di Woody Guthrie, come in questo caso, e gli arrangiamenti sono scarni hanno maggior risalto i versi, che rappresentano il cuore delle sue canzoni, e la voce roca da fumatore incallito; questo, per me, è il più grande pregio di Azul Como El Fuego.
Postilla: avete presente Angus, il deejay barbuto di I Love Radio Rock che si ostina a mettere TheSeekers? Io mi sento così quando, alla fine di ogni anno, infilo nella mia Top5 un album di Giorgio Canali.
Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.
Fontaines D.C. Romance
Sarò breve, il 23 agosto scrivevo quanto segue, è ancora valido. Questo è un disco sull’amore alla fine del mondo. Di come l’amore viene vissuto, raccontato e mostrato. Non è Romantico, è la sua versione distorta che abbiamo deciso di accettare. Uno Sturm und Drang nato nelle periferie del mondo, in cui possiamo ammirare i cieli di Turner da un oblò di un volo low cost, in cui siamo dei Viandanti sul mare di nebbia, che però, se guardi bene, è lo smog del nord di Londra. Ha senso essere romantici nel nostro mondo, alla fine del nostro mondo?
Traccia da non perdere: In The Modern World
Beth Gibbons Lives Outgrown
Solenne. E dovrei fermarmi qui, dopo aver trovato l’aggettivo adatto all’album della cantante dei Portishead. Possiamo aggiungere elegante, forse anche malinconico, ma era, come dire, prevedibile. Quello che spiazza e che attrae è la sua incredibile complessità e qualità. Splendido e scelta obbligata.
Traccia da non perdere: Floating On A Moment
The Smile Wall of Eyes + Cutouts
Mi prendo una licenza poetica e nella mia top 5 inserisco un gruppo che ha pubblicato due album in sei mesi. Wall of Eyes e Cutouts sono sullo stesso gradino del podio, perché figli dello stesso genio e perché simili e diversi, così ordinato e dritto il primo e così caotico e sperimentale il secondo, sono il demone bifronte de The Smile, sono il frutto di una vena creativa che non sembra trovare pace. Per fortuna.
Traccia da non perdere: Bending Hectic
King Hannah Big Swimmer
Miele e chitarroni, così scrivevo pochi giorni fa dopo il loro concerto di Torino. Commento sintetico, adolescenziale e immaturo, ma questo è quello che mi suscitano, perché nella loro musica è possibile perdersi sia tra ricordi melliflui sia tra labirinti di chitarre che crescono, si moltiplicano e ti strappano un ebete, ma sempre sincero, sorriso di approvazione.
Traccia da non perdere: Suddenly, Your Hand
Idles Tangk
Nigel Godrich porta ordine e un po’ di pace tra gli Idles e il risultato è divisivo. Aggettivo ormai usurato tanto quanto “seminale”, ma, in fondo, questo è davvero un disco diverso. Elegante e sperimentale, è un nuovo percorso o semplicemente una nuova grammatica, un lessico più “civile” per la band di Bristol? Ai posteri, come sempre, ma io questa volta prevedo solo cose buone. E poi c’è il deep fake di Chris Martin.
Traccia da non perdere: Grace
Honorable mentions
Nick Cave & The Bad Seeds Wild God Una liturgia laica e quasi profana, o forse i Bad Seeds al cubo, stupendo.
The CureSongs of a Lost World Un album che profuma di canone, e, soprattutto l’album in cui c’è Alone.
Jack WhiteNo Name Non so se sia una splendida crisi di mezza età, ma qui si sentono canzoni belle fatte come si facevano una volta.
Porridge Radio Clouds In The Sky They Will Always Be There For Me É la mia quota guilty pleasure, non il loro miglior lavoro, ma basta che ci sia.
Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.
English Teacher This Could Be Texas
Captando spunti da tutto l’universo alternativo, il prodotto confezionato dal quartetto è stato in grado di regalare continui colpi di scena durante tutta la durata di questo corposo documento musicale. Non da meno la maturità di testi che analizzano la banalità del quotidiano ma che finiscono per toccare temi politici, più profondi e intimi.
Traccia da non perdere: The World’s Biggest Paving Slab
TheDecemberists As It Ever Was, So It Will Be Again
La carne al fuoco è tanta e decisamente ben condita dall’arsenale di strumenti messi in tavola (fisarmoniche, trombe, banjo, tromboni, flauti, steel guitar, ecc.): il giusto compromesso tra la spinta propulsiva di ottimi polistrumentisti e un brillante songwriting.
Traccia da non perdere: Oh No!
Rafael Toral Spectral Evolution
Una meravigliosa sintesi tra il lato più ambient che sublima in una chitarra trattata e liquefatta in ermetici droni, la decostruzione del jazz inabissato nel lavorio minuzioso di molteplici strumenti e la fase recente che è di fatto avanguardia sonora senza limitazione alcuna.
Traccia da non perdere: Spectral Evolution
Tapir! The Pilgrim, Their God and The King of My Decrepit Mountain
I Tapir! ci regalano un disco pregno di contenuti e dalle musiche camaleontiche. Inafferrabili ma decifrabili come una dolce fiaba per bambini, i Tapir! raccontano di un paese delle meraviglie localizzato in un’epoca illusoria, non iperconnessa e preindustriale, dove creatività e umanità regnano ancora sovrane.
Traccia da non perdere: My God
Oneida Expensive Air
Gli Oneida sono uno di quei gruppi che si presentano da soli. Quasi trent’anni di carriera, diciassette dischi di inediti all’attivo, ma soprattutto una creatività espressa non solo nell’incisione su un disco ma anche nelle esibizioni dal vivo. Questa creatività è frutto anche dell’immenso bacino di riferimento, che spazia dai primi vagiti del garage anni ’60 al krautrock e al noise.
Traccia da non perdere: Here It Comes
Honorable mentions
Gastr Del Sol We Have Dozens of Titles Vecchie registrazioni inedite? Ben venga allora questo tuffo nel passato.
Ex-Easter Island Head Norther Affascinanti sperimentazioni e umori tra la disciplina dei King Crimson e l’esotismo dei Necks.
Duster In Dreams Un chitarrismo disidratato dal rumore. Ne rimane il sogno, sconfortato e malinconico.
Nilüfer Yanya My Method Actor Affascinante dualismo tra rock alternativo e cantautorale contemporaneo.
Humpty Dumpty Et cetera La quota italiana: non emergano mai margini per negoziare coi meccanismi produttivi standard.
Se nella mia città, Ravenna, c’è un evento a cui cerco di non mancare mai, è proprio Passatelli in Bronson, la rassegna che guarda alle nuove proposte che si stanno facendo notare nel territorio locale e nazionale. Siamo ormai alla 14esima edizione per il festival proposto da Bronson Produzioni e il quarto anno in collaborazione con Futura Rumore.
Il programma di quest’anno vanta nomi già affermati e nuove proposte che avevo già avuto il piacere di vedere sui palchi di alcuni eventi regionali. Vi parlerò della seconda serata, che si è tenuta al Bronson Club sabato 14 dicembre 2024.
Questo è il mio secondo appuntamento del 2024 con gli I Hate My Village. Per descriverli la stampa li identifica con il termine “superband”, il risultato che deriva dalla commistione di alcuni membri di altre band già ampiamente navigate: Alberto Ferrari voce dei Verdena; Fabio Rondanini, batteria dei Calibro 35 e Afterhours; Adriano Viterbini, chitarra dei Bud Spencer Blues Explosion e altri; Marco Fasolo, qui al basso, frontman dei Jennifer Gentle.
L’opening è affidato a Sara Parigi, musicista e cantante toscana. Da subito, ascoltando i primi brani ho pensato ad un matrimonio fra Carmen Consoli e i Verdena. Propone una scrittura in italiano condita da chitarre distorte, vocalizzi ripetuti quasi ovattati ed esasperati, lunghe sessioni vocali che spesso sfociano in urli sguaiati. La sua performance è caratterizzata da forte espressività facciale e vocale: esprime autoironia nei concetti (“nessuno mi fotte meglio di me”) e nel suono delle risatine randomiche. L’ho trovata molto più godibile e convincente negli arrangiamenti più marcatamente rock e con un coinvolgimento maggiore della band, rispetto alle ballate intime da solista.
Dopo una breve pausa, ritroviamo con fatica una posizione strategica da cui assistere allo show, tanto è gremito il locale.
I protagonisti fanno il loro ingresso sulle note di Tramp, dal primo disco omonimo del 2019: pare una marcia irriverente, come camminassero con catene ai piedi e intanto si liberassero attraverso riff di chitarra impazziti.
La chicca che però aspetto io con trepidazione – e che mi ha accompagnato per tutta l’estate – è Water Tanks da Nevermind the Tempo, secondo album del gruppo, uscito a maggio 2024. Un po’ più fresca ed estiva come traccia rispetto alle altre, ma comprende tanti tratti tipici: poliritmia, afrobeat, voci distorte e psichedelia.
Me la sono ballata dall’inizio alla fine, ma purtroppo ero sola. Diversamente dallo spettacolo del Locomotiv, attorno a me la gente era immobile con mia totale meraviglia e delusione. Solo verso gli ultimi brani si è infranto finalmente questo muro invisibile fra pubblico e band, in particolare quando Alberto Ferrari inizia a urlare ripetutamente “Con la band!” per invitare i più temerari a salire sul palco e unirsi all’irresistibile ballo tribale di Tony Hawk of Ghana. È stata un po’ una ventata d’aria fresca e forse sarei salita anche io se il concerto fosse stato un po’ più partecipato, come quello di Bologna.
In ogni caso, per me anche questo live li riconferma una delle realtà più interessanti della scena alternative sperimentale attuale. La prossima volta punto al palco!
Setlist
Tramp Italiapaura Acquaragia Water Tanks Presentiment Elvis Fame Jim Come una poliziotta Eno degrado Erbaccia Bahum I ate my village Mauritania Twist Fare un fuoco Broken Mic
Today’s life is fast bite sized noise. Fucking YouTube shorts. Fucking tweets, and insta posts. Fucking tik toks and short attention spans.
Fucking stop. Take a breath. Throw on an album (vinyl preferably) Have a drink. Relax. Repeat.
Or don’t. Up to you.
Here’s my recommendations:
Jerry Cantrell I Want Blood
Brighten was a solid album with a couple of great tracks but I Want Blood is a step up with some great throwback moments and some new ideas in the mix. I expect this one to grow on me more in time. Check out It Comes a song that wears its Black Sabbath influences on it sleeve but features some amazing harmonies and temp changes. Hopefully Jerry will take his tour to my neck of the woods in 2025.
Must hear track: It Comes
Judas Priest Invincible Shield
Bloody legends with some new classics to add to the mixtape. Enough said
Must hear track: Crown of Horns
The Warning Keep Me Fed
Now this is my kind of “Pop” music. Ever since hearing the 3 Villarreal sisters do an interesting take onMetallica’s Enter Sandman, I have followed their rising star. While I had some issues with the production of the album (seek out live versions: so much better) each track is a banger. Hopefully they continue to expand on their rock influences and not lean into the more mainstream pop elements their sponsors would hope for (Pepsi? Really? FFS)
Must hear track: MORE
Zeal&Ardor Greif
A Frankenstein’s monster of an album and a glorious one at that. The death metal vibes are dialled back a bit, and we get ballads, Queens of the Stone Age type slabs of awesome and most things in between.
Must hear track: To My Ilk
Bear McCreary The Singularity
Movie score fans will probably know Bear McCreary well for TV shows like Battlestar Galactica, movies like Godzilla and his monumental scores for the God of War games are amazing. The Singularity is a different beast. A concept album of sorts, it is a roller coaster of music styles with the composer working with the likes of Corey Taylor of Slipknot, Rufus Wainwright, Eivør and Serj Tankian. And yes, it has plenty of Hurdy-Gurdy for you Bear purists. Great stuff.
Must hear track: Type III
Honorable mentions
BABYMETAL and Electric Callboy RATATATA Big dumb fun and my fav song of the year
David Gilmore Luck and Strange A return to form with some decent songs
Blood Incantation Absolute Elsewhere Is David Gilmore in this Death metal band as well? Sounds like it.
High on Fire Cometh the Storm Doom highlight of the year and solid live band
Viviamo tempi incerti. Incerti e frenetici. Assorbiti da quotidianità sempre meno “a misura di persona”, oramai anche leggere un libro, ascoltare un disco, sta diventando un atto quasi elitario, per pochi. Anche noi della redazione di VEZ siamo presi dentro a questa gigantesca centrifuga, ma cerchiamo ancora, spesso a fatica, di ritagliarci del tempo per continuare a starci, in quella élite, e nutrirci di arte, in qualunque declinazione essa si presenti. E quindi eccoli qui i nostri 5 dischi del 2024 che ci hanno in qualche maniera aiutato a sentirci, anche per poco, più felici, migliori.
Shellac To All Trains
Ci lascia Steve Albini a ridosso dell’uscita dell’ultimo album Shellac. Non servono molte parole, il ricordo sarà per sempre con la sua storia musicale.
Traccia da non perdere: I Don’t Fear Hell
Kim Gordon The Collective
Kim Gordon va avanti sulla sua strada di sperimentazioni e provocazioni. Non ha mai voluto arruffianarsi il pubblico dei Sonic Youth. Applausi.
Traccia da non perdere: Psychedelic Orgasm
Nick Cave & the Bad Seeds Wild God
Che sia protetto da un’aura benedetta o che lui stesso si difenda dall’inferno che periodicamente lo insegue, quell’uomo, those wild man Nick Cave, dà lezione. Nonostante l’abbondanza di cori, never mind, never mind.
Traccia da non perdere: Song of the Lake
The Cure Songs of a Lost World
Dall’oscurità, da lontano, in pochi giorni verso la fine di ottobre, la deflagrazione: i Cure e un nuovo album. Presentato con un generoso live in streaming mondiale, Robert Smith colpisce diretto, ancora e sempre, nell’anima.
Traccia da non perdere: Endsong
Primal Scream Come Ahead
Altro caso tra i vincenti della generazione X in questo 2024. Bobby Gillespie e i suoi Primal Scream con questo album impregnato di riflessioni sull’attuale stato della società, sempre con stile patinato e fulgido. “Questa nave sta navigando / In acque profonde e oscure / Tutti i sistemi stanno fallendo / Andiamo come bestiame al macello / Al macello…”. Balliamo.
Traccia da non perdere: Deep Dark Waters
Honorable Mentions
Maverick Persona In the Name of L’elettronica autorale e culturalmente militante creata da Amerigo Verardi e Deje (Matteo D’Astore).
Moin You Never End L’ombra della mente che partorisce nuova materia musicale.
The Smile Wall of Eyes
Tindesticks Soft Tissue
Molte altre uscite interessanti sono presentate nei podcast di Musincanta, dopo la messa in onda radiofonica, su Mixcloud
Anche quest’anno VEZ Magazine ci ha chiesto coraggiosamente di esprimere la nostra scelta per i migliori 5 album di questi 365 giorni passati. Dall’idea (certezza) che avrei nominato 5 best album di molti altri e da un’affermazione nata per scherzo, eccomi qui signori giudici ad elencarvi i peggior album del 2024.
DISCLAIMER: sono solo miei gusti e considerazioni, da prendere o non prendere sul serio.
Fast Animals and Slow Kids Hotel Esistenza
Ho comprato i biglietti per il tour a scatola chiusa, senza sapere nulla di questo album… e forse un pochino me ne pento. Purtroppo avevo ancora un briciolo di speranza di risentire qualche pezzo che mi riportasse a suoni più adatti all’idea che ho della loro musica. Sciocca che sono, perché mi hanno massacrato anche l’ultima cosa buona che trovavo sempre nei loro pezzi: i testi. Se negli album precedenti mi emozionavo, oggi ho fissato il vuoto pensando “perché sei ancora qui a sentirle questo album?”. VENDESI BIGLIETTI!
Traccia da perdere (solo perché è l’inizio della fine): Una Vita Normale
Linkin Park From Zero
Band dell’adolescenza, di quando i genitori non potevano nemmeno portarti ai concerti perché non era roba loro. Inizialmente ero curiosa di capire come Shinoda intendesse riportare in strada la band, curiosità acutizzata da quel nome From Zero che mi faceva sperare veramente in un nuovo inizio. E INVECE NO. Un revival di vecchi pezzi, tutto molto vecchio e pieno di polvere. Non aggiungo nulla su Emily Armstrong, che fa il suo e non mi sento di criticare.
Traccia da perdere: Over Each Other
Imagine Dragons Loom
Con gli ultimi album avevano portato a sé tanti nuovi fan, con questo forse no. Un album che tenta di essere sperimentale ma che porta dietro sempre le stesse tendenze cicliche: pop-rock (forse più pop), synth a palla, cori con strane voci e una epica voce a coprire tutto. Lo prendo come album sperimentale, quindi non come un totale no.
Traccia da perdere: Take Me to the Beach
Articolo 31 Protomaranza
Sempre nel tunnel della nostalgia ma in casa, mi sono buttata sul ritorno di questo duo. Un tentativo poco riuscito di revival, tutto molto vecchio e, anche qui, impolverato cercando oltretutto il supporto di altri artisti con numerosi feat. All’ascolto me li sono immaginati vestiti come in La Mia Ragazza Mena ma con bastone e cappellino da vecchi. Come direbbero i giovani: cringe.
Traccia da perdere: Una Cosa Bene
Jennifer Lopez This Is Me… Now
Ammetto che mentre lavoro torno ad ascoltare musica pop party anni 2000-2010, quindi perché non provare a fidarsi di un ritorno di fiamma di J.Lo? La musica è buona, la sua voce è solida come sempre, e il tutto sicuramente migliorerebbe con le sue capacità coreografiche durante il tour…ma tutto ciò risulta schiacciato dalla trama da principessa Disney dei suoi testi. Mi mancano i feat con Pitbull.
Traccia da non perdere: This Time Around
C’è anche una top 5, dopotutto…
Fontaines DC Romance
Any Other Stillness, stop: you have a right to remember