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Tag: tre domande

Tre Domande a: Emanuele Colandrea

Come stai vivendo questi tempi così difficili per il mondo della musica?

Li sto vivendo provando ad esorcizzare il tutto, provando ad analizzare con attenzione ma anche con un po’ di complicata leggerezza il momento surreale che si è presentato all’improvviso alle porte di tutti.
Senza la socialità siamo andati tutti in confusione e abbiamo cominciato a sperare, provando a rendere utile questa attesa. Io con Belli Dritti sulla Schiena, il mio nuovo album, ho provato proprio a fare questo, ad aspettare come mi sembrava giusto aspettare. Registrare questo disco è stato il mio modo di vivere questi tempi, di mettere in pratica la mia concezione di speranza.

 

Se dovessi riassumere la tua musica in tre parole, quali sceglieresti e perché?

Dovendo riassumere la musica che faccio in tre parole sceglierei sicuramente onesta, rotolante e viaggiatrice .
Dico onesta perché essere onesto è quello che provo a fare quando scrivo una canzone, quando la registro e quando la suono ai concerti.  Dico rotolante perché quando tiro giù i testi provo a farli rotolare, a prescindere dal significato delle parole, devono darti la sensazione di camminare con qualcuno e di farlo muovendo gli stessi passi nello stesso momento. Ed infine dico viaggiatrice, ma viaggiatrice nel tempo, perché spero sempre che la musica che scrivo prescinda appunto dal tempo e dalle situazioni, un po’ come fanno le piante sempreverdi.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

A chi mi ascolta vorrei riuscire semplicemente a smuovere sempre un qualcosa, a dare uno stimolo che lo spinga a partire per una tangente qualsiasi, una tangente che non abbia per forza a che fare con quello che sto dicendo nella canzone. Le canzoni sono uno strumento affascinante proprio per questo, perché a seconda del posto, del momento, di chi le ascolta, a prescindere da me che le scrivo, loro si prendono lo spazio che vogliono ed entrano nelle quotidianità degli altri in mille modi diversi. Una delle cose che mi piace di più è sentire proprio i racconti di chi le ha ascoltate, venire a conoscenza dei significati che si sono guadagnate, che quasi sempre sono più interessanti e romantici di quelli che gli ho dato io.

 

Foto di copertina: Sara Martini

Tre Domande a: Diana Tejera

Come e quando è nato questo progetto? 

Questo progetto è nato durante il lockdown. Quell’assenza di pressione, quello spazio dilatato mi hanno portato a comporre dei brani diversi dal mio solito, forse più liberi… e proprio perché poco ragionati sono nati in lingue diverse: spagnolo, inglese e francese. È stato un progetto interessante per me, non sapevo neanche dove mi avrebbe portato – suonare tutto da sola, arrangiare e mixare è stato da una parte molto divertente e liberatorio dall’altra molto faticoso per la naturale mancanza di lucidità che si può avere dopo un po’ di tempo in cui si lavora senza un orecchio esterno. Comunque è un esperienza di cui vado fiera.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui ti ispiri per i tuoi pezzi?

Non ci sono degli artisti fissi a cui mi ispiro per i miei brani ma di sicuro ci sono delle influenze più o meno consapevoli che cambiano in base agli ascolti del momento. Di certo posso dire che nella scrittura dei brani in spagnolo ha contribuito la mia passione per Lhasa de Sela così come quella per Chavela Vargas e in qualche modo anche per Bebe. Nei brani scritti in inglese invece ci sento un po’ di tutto rispetto a quelli che sono stati i miei ascolti: da PJ Harvey, ai Beatles, da Björk alle più recenti Lana Del Rey e Billie Eilish.

 

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare? 

Si, mi piacerebbe moltissimo collaborare con Joan as Police Woman, un’artista che amo molto per la sua capacità di sperimentare e di muoversi nei vari generi mantenendo una personalità molto chiara. Adoro il suo modo di comporre, le armonie spesso insolite e così emotive. In generale la sua produzione mi colpisce sempre, c’è una grande ricerca legata a un’eleganza e un’originalità inusuali.

Tre Domande a: Fantasmi dal Futuro

Come e quando è nato questo progetto?

Il progetto è nato nel 2018, quando assieme a Luca, dopo lo scioglimento dei Vaio Aspis decidemmo di dar vita ad un nuovo progetto. Dopo alcune prove, sentivamo che mancava decisamente qualcosa ed il supporto di un terzo componente, diventava sempre più necessario. Da chitarrista, ho sempre cercato di curare il suono e lo stile, ma inevitabilmente, si sentiva la mancanza in primis di un bassista ed a seguire, di una voce.
Arrivammo dunque, un pò per conoscenze del circuito underground vicentino ed un pò per istinto del buon Luca, ad incontrare il perfetto completamento del progetto, Davide, bassista dei Polar for the Masses.
Fin dalla prima prova assieme, eravamo in perfetta simbiosi e la creatività, venendo da esperienze ed ascolti diversi, ma senza particolari chiusure mentali, non mancava.
In breve, grazie a Davide che, oltre ad essere non un bassista, ma il bassista di cui avevamo bisogno, diventò la voce della band, riuscimmo a mettere assieme un bel pò di brani, fino ad arrivare in circa un annetto di lavoro, alla stesura del nostro primo album.
Nascono così, i Fantasmi dal Futuro, power trio eterogeneo che, dopo un’intuizione di Luca, mescola suoni tipicamente rock a sonorità più eteree, strizzando l’occhio alla contemporaneità: arriva così, il rock con l’autotune.

 

Progetti futuri?

Per prima cosa non vediamo l’ora di presentarvi il nostro primo album nella dimensione che più si addice ad un gruppo rock: quella live.
Poi non vi nascondiamo che nonostante i due anni di pandemia, artisticamente non ci siamo mai fermati continuando a lavorare a distanza ed abbiamo diverso materiale pronto nel cassetto, ma per il momento, ascoltate e supportate il nostro album d’esordio!

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Questa è una bella domanda, perché le canzoni sono indubbiamente più di una, ma se proprio dobbiamo sceglierne una, pensiamo che Non Torneremo Mai sia la più significativa.
Questo è stato il primo brano da noi composto, nato da una jam dalla quale Davide ha estrapolato delle parti da cui, successivamente, è praticamente nata la base per strutturare il brano.
Personalmente sono molto legato a quel brano, perché è praticamente la canzone che ha dato il via ai Fantasmi dal Futuro e la considero una svolta anche sul modo di lavorare all’intento di una band.

Tre Domande a: Ponee

Come e quando è nato questo progetto?

Essendo io un grandissimo esperto di “tempismo approssimativo”, i primi brani sono usciti nel pieno del primo lockdown. Ho iniziato a scrivere un po’ prima ovviamente, ancora ignaro di quel che sarebbe accaduto, attorno a fine 2019. Mi son avvicinato al progetto Ponee con la voglia di fare qualcosa di mio al 100% sul piano della scrittura, che fosse un modo per raccontarmi e senza pensare a vincoli particolari di genere, mood, sonorità. È un progetto molto in divenire; forse quando è nato non avevo ancora chiara la forma che avrebbe potuto prendere e, in qualche modo, se riascolto adesso quei primi brani, li trovo quasi parte di un altro capitolo, di alcune pagine che ho già girato. Ci resto legato ma ho voglia di fare dell’altro, di pensare con orecchie nuove.

 

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Probabilmente l’ultima, e non per un fatto di “promo” ma semplicemente perchè è quella che ancora non mi ha annoiato e che sento più vicina. È come se ogni volta iniziassi a intravedere i difetti dei brani precedenti: cosa avrei potuto fare meglio, cosa avrei cambiato ad oggi; perciò c’è un pò di timidezza sulle cose passate e più entusiasmo su quelle nuove.
Il rumore dei no è l’ultima e la trovo ancora attuale per la mia quotidianità e per come sono fatto; è rappresentativa di un mio modo di essere, che talvolta si evidenzia di più, altre volte rimane meno marcato ovvero quello di farmi mille domande, di guardare il futuro con un po’ di incertezza che, forse, è curiosità.

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Diciamo che mi piacerebbe se fosse un evento con una location inedita o insolita, non importa quanta gente ci sia. Sarà che organizzo e partecipo a tantissimi eventi di musica dal vivo e non solo, ma quello che spesso mi colpisce, anche da spettatore, è l’originalità della location, la magia che si crea. Quindi suonare in un contesto del genere sarebbe sicuramente una bella ambizione; mi viene in mente Cercle che organizza djset in posti incredibili e poi li filma e li trasmette in streaming; loro fanno hanno un’impronta più “elettronica” appunto, meno da live…ma per capirci. Oppure anche qualche festival in cui ho partecipato come spettatore, tipo lo Sziget e altri. L’idea di passare da sotto palco a sul palco è qualcosa che mi divertirebbe

Tre Domande a: España Circo Este

Se doveste riassumere la vostra musica in tre parole, quali scegliereste e perché?

Bella domanda! Se dovessimo scegliere tre parole per descrivere la nostra musica sarebbero: Viaggio, Pace, Rivoluzione.
Viaggio non inteso “La nostra musica è un viaggio! La nostra musica ti fa viaggiare!”
No, no, intendo: “Quanto costa il biglietto dell’autobus? Sei mai stato in Marocco? Minchia come spinge il tuo furgone in salita!”.
Raccontare di viaggi parlando di jet lag e contando i timbri sul passaporto è una narrazione che troviamo molto autoreferenziale se non addirittura un po’ finta. Quello che invece ci interessa e che cerchiamo di raccontare è un immaginario che nasce dai particolari: dai rapporti umani, dalle stonature, dagli imprevisti che capitano durante i viaggi. Piuttosto che raccontare di Buenos Aires o Madrid, raccontiamo di come perdersi lungo la strada costiera 106 che collega Taranto a Reggio Calabria o di quanto cazzo di freddo c’era a Bremerhaven. Non sai dov’è? Cercala su Google Maps!
Oggi più che mai scegliamo anche la parola Pace. Come diceva Spinoza: “La pace non è solo assenza di guerra: è una virtù, uno stato d’animo”. La pace è un modo di essere e di porsi. Quando vogliono chiudere i porti, quando si discrimina un profugo in base alla provenienza o al colore della pelle, quando si stringono alleanze con paesi liberticidi non si vuole la pace. Quando, nel quotidiano, ci voltiamo dall’altra parte di fronte ad atteggiamenti razzisti o sessisti, quando ignoriamo chi ci chiede aiuto, quando smettiamo di cercare “qualcosa di più bello” allora smettiamo di cercare la pace. La pace è azione! La pace è lotta quotidiana. La pace va creata e mantenuta, non è una condizione ma un obiettivo, è una missione. Per questo nelle nostre canzoni parliamo di pace.
Poi ovviamente una parola a cui siamo molto legati è Rivoluzione, che è Amore… o forse l’Amore è la Rivoluzione… non ci ricordiamo mai bene la formula.

 

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia?

Il nostro primo concerto quest’anno sarà una festa pazzesca! Così ce lo immaginiamo. Ci stiamo preparando al nuovo live in maniera famelica, attenta e paziente. Ogni giorno immaginiamo tutto il percorso di quella giornata quando faremo finalmente il nostro primo live: il risveglio la mattina, il carico del furgone, l’autostrada, la colazione in autogrill, l’arrivo, il soundcheck, la cena e la salita sul palco… e poi… e poi un volume altissimo, col primo accordo di chitarra che riuscirà a cancellare questo periodaccio, quest’anno di merda.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

La canzone che più ci rappresenta oggi è Prosecco, uscita il 25 febbraio 2022, in una fatale concomitanza con l’inizio della assurda e atroce guerra in Ucraina. Prosecco è un inno alla pace, alla fratellanza, alla curiosità verso chi vive altrove, si veste e mangia cose diverse, ma spera e ama proprio come noi.
Prosecco è la voglia di scoprire cosa c’è oltre la quotidianità, oltre la provincia, oltre la routine. L’evasione dalla quotidianità non è solo curiosità, è un atto di libertà e rivoluzione quotidiano, è un atto di amore verso chi è come noi anche se vive a migliaia di kilometri di distanza.

 

Foto in copertina: Andrea Domeniconi

Tre Domande a: Dada Sutra

Come e quando è nato questo progetto?

È nato con me e il mio tastierista ed ex-compagno Vincenzo Parisi che suonavamo pezzi di PJ Harvey, Laurie Anderson, Einstürzende Neubauten, o improvvisavamo con basso, tastiere e voce, in una stanza in affitto sui Navigli. Poi sono successe molte cose, altre persone sono entrate nel progetto, abbiamo cambiato più nomi, ma è partito tutto da quei pomeriggi e serate chiusi in camera noi due a suonare. Io avevo idee molto sperimentali, lui mi incoraggiava a seguirle, a fare di più. Il legame tra noi ci ha permesso di osare molto, perché ci siamo sentiti molto al sicuro, e credo che questo sia rimasto e si sia esteso anche a chi, come Giacomo Carlone, il nostro batterista e produttore, è entrato a fare parte del progetto in seguito: questo poter rischiare perché sai che puoi sempre contare sul supporto reciproco.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Ho appena citato PJ Harvey e Laurie Anderson, loro sono sicuramente figure a cui mi ispiro, soprattutto per l’uso della voce e le linee melodiche – che si muovono poco, ma quando lo fanno sono efficacissime, travolgenti. Carla Bozulich ultimamente è una mia grandissima ispirazione, soprattutto per l’arrangiamento e la produzione. Ma nell’EP che uscirà sentirete molte influenze mischiate, anche perché ognuno di noi ha portato contributi diversi: io il rock alternativo anni ’90, il post-punk, Vincenzo il Minimalismo e la musica per film, Danny Elfman, Ennio Morricone, Giacomo lo stoner e il post-rock, Lorenzo D’Erasmo, che ha suonato le percussioni in Big Boy e in altri due brani dell’EP, la musica mediorientale…

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Questo credo non dipenda da noi, ognuno ci trova quello che vuole, quello che le o gli serve, quello che è, un po’ come nelle figure di Rorschach. Mi piacerebbe poter dare a qualcuno quello che molta musica ha dato a me, aiutandomi in momenti in cui ne avevo bisogno: il sentirmi compresa, “ista in un modo profondo, il ritrovarmi nella voce di qualcun altro.

Tre Domande a: DJSTIVO

Come vi immaginate il vostro primo concerto post pandemia?

Il primo nostro concerto post pandemia per fortuna ha già una data e un luogo: suoneremo live per il raster festival, evento organizzato dall’associazione Mare Culturale Urbano il 26 Marzo insieme ad altri musicisti fantastici.
Ci immaginiamo tante persone sotto al palco che ascoltato e ballano la nostra musica, una situazione molto classica, ma per niente scontata.
Far ballare ed emozionare le persone che ci ascoltano è la nostra missione, e poi chiaramente tornare a divertirci noi quattro tutti insieme sopra lo stesso palco.
Stiamo preparando uno show nuovo e siamo sicuri verrà apprezzato.

 

Quanto puntate sui social per far conoscere il vostro lavoro?

Puntiamo tanto sui social, diciamo che puntiamo tutto o quasi tutto su Instagram, prima o poi sbarcheremo anche su TikTok…
In questo momento stiamo lavorando con Tommaso Manca (in arte TOKYOTOMMY) che ci sta curando tutta la parte grafica e di comunicazione sui social.
Tommaso ha fatto un totale re-branding del nostro profilo instagram e di tutta la nostra estetica creando un mondo pongoso in 3D tutto per noi, sposandosi perfettamente con le nostre canzoni.
In generale comunque crediamo che sia indispensabile essere attivi sui social cercando di trovare il giusto modo di comunicare.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Questa è una domanda molto divertente, capita spesso nelle interviste e ogni volta discutiamo perchè non siamo mai d’accordo.
Diciamo questo perchè è il nostro punto di forza, se dovessimo rispondere singolarmente di sicuro uscirebbero risposte differenti, ognuno si ispira e ascolta cose differenti.
Più che ispirarci a singoli artisti o gruppi ci ispiriamo tanto all’attitudine con cui i nostri miti fanno musica, quindi magari una settimana produciamo elettronica super nerd al computer e la settimana dopo andiamo in sala prove e facciamo del rock.
Citiamo alcuni artisti o gruppi a cui siamo molto legati: Bill Evans, Jimi Hendrix, Nu Genea, Pino Daniele, Flying Lotus, Chet Baker, Miles Davis, Gorillaz, Kendrick Lamar, Childish Gambino, Neffa, Thundercat, Youssef Kaamal, Steve Lacy, Tony Allen, BADBADNOTGOOD, Tyler,the Creator, Kanye West, Mac DeMarco, Pufuleti, Post Nebbia, The Clash, Beatles, Kaytranada, Kali Chis, Radiohead, Kiefer, D’Angelo, Mac Miller, J DILLA, Robert Glasper, Anderson .Paak, Jeff Buckley e Bruce Springsteen.

Tre Domande a: Giovanni Neve

Come e quando è nato questo progetto?

Premi Play nasce dalla fine di una storia d’amore, dall’esigenza di raccontare la mancanza. Ritrae perfettamente la crisi nell’animo di un giovane innamorato.
Grazie all’incontro con Fabio De Sanctis, produttore della mia città, ho avuto la fortuna di poter lavorare da subito in studio registrando i primi brani dell’album che sono Timbrami le Labbra, Tra le Dune e Oceania, poi sono arrivati tutti gli altri.
Il primo singolo Camini è uscito il 5 febbraio del 2021, seguito da altri tre singoli e a distanza di un anno abbiamo fatto uscire tutto l’LP.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Vorrei far vivere le stesse emozioni che ho vissuto io durante la scrittura dei testi di Premi Play, ovvero tutto quello che l’amore riesce a dare, non solo la parte dolce, ma anche tutta le spine, le incertezze, le sofferenze, le fragilità.
Vorrei che le persone che ascoltano l’album si sentissero parte viva dell’album.
Dico sempre che la mia missione è proprio entrare nel cuore della gente, questo è il mio sogno e metterò tutto me stesso per realizzarlo.

Progetti futuri?

Innanzitutto pensiamo a far arrivare a più gente possibile l’album e se la situazione attuale lo permetterà non vedo l’ora di esibirmi in live in giro per l’Italia.
Per il futuro già stiamo lavorando a nuovi brani, Giovanni Neve è in produzione costante e non vede l’ora di sfornare pagnotte fresche.

Tre Domande a: Anima

Come e quando è nato questo progetto?

Mi sono avvicinato alla musica a 18 anni ma il vero progetto Anima nasce propriamente nel 2019 con il mio primo singolo Borderline individuando un suono ed un immaginario ben delineato.
Nella crescita e nello sviluppo del progetto sono state fondamentali le figure dei producers Dr.Wesh e Pi Greco.
Ad oggi mi ritengo un artista con una propria identità che ben si inserisce nel panorama musicale.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta?

Partendo dal mio nome d’arte Anima ciò che voglio è comunicare con l’anima, con il cuore in modo sincero, senza filtri o scudi per le mie emozioni.
Quello che racconto nei brani, spesso attraverso l’utilizzo di metafore ed immagini, corrisponde a situazioni, pensieri ed emozioni della vita di qualsiasi giovane.
Quindi racconto la mia esperienza filtrata dai miei occhi e pensieri e in molti ci si ritrovano.

 

Progetti per il futuro?

Da Ottobre ad oggi sono usciti cinque brani. Il 4 Marzo uscirà il mio album Photogallery che è un progetto a cui sono fortemente legato perché i brani che lo compongono sono letteralmente pezzi della mia vita. Considero questo album come il primo mattone di una casa della mia discografia. In passato ho avuto delle battute d’arresto nel mio percorso al livello di uscite Nel 2022 ci sarà davvero tanta musica.

Tre Domande a: Riva, Edo

Come e quando è nato questo progetto?

Eravamo a X Factor, subito dopo il soundcheck dei BootCamp c’era sto ragazzo biondo che si incamminava verso l’hotel a piedi, non era vicinissimo e gli abbiamo dato un passaggio.
Nei giorni successivi abbiamo iniziato a parlare e, quando abbiamo visto l’esibizione durante le registrazioni del programma, siamo rimasti a bocca aperta.
Quando siamo tornati a Napoli stavamo riascoltando alcuni provini dei Riva ed è riuscito fuori questo pezzo, buio, che abbiamo arrangiato in almeno cinque versioni; abbiamo subito detto: “Che bello se lo cantasse Edo”.
Alla canzone mancavano delle parti e gli abbiamo chiesto di scriverle, ci ha rimandato il file con delle robe fighissime e il pezzo per magia era completo. Lo abbiamo fatto ascoltare a Futura Dischi, che ha proposto il feat.

 

Ci sono degli artisti in particolare a cui vi ispirate per i vostri pezzi?

Potrei dirti i nomi che diciamo sempre quando ce lo chiedono, da Lucio Dalla a Frank Ocean, da Enzo Carella a Son Lux. In questo periodo però stiamo ascoltando moltissimo Lucio Battisti. Ci sta aiutando a concepire il disco che stiamo preparando, e di cui siamo molto orgogliosi.
Il sound e le canzoni dei Riva derivano dalla commistione del cantautorato italiano con cose più nuove non italiane. Almeno questo è il nostro obiettivo. Siamo in tre, e abbiamo ascolti diversi; quando lavoriamo ai nostri pezzi ovviamente si mischia tutto.
Lavorare in studio per noi vuol dire non soltanto scrivere, arrangiare, produrre, ma soprattutto ascoltare musica insieme, da quegli ascolti poi traiamo ispirazione.

 

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

È una domanda a cui non so se posso dare una risposta: forse vorrei venissero fuori dei concetti e delle riflessioni che facciano sentire meno sole le persone.
Ho sempre immaginato la musica come un grandissimo abbraccio fra le persone; quando un pezzo diventa cultura popolare, si canta allo stadio, nelle piazze, sulle spiagge, è un sentirsi parte di qualcosa di più grande.
Quando ci scrivono che una nostra canzone “è servita”, quando capiamo che in qualche modo ha aiutato qualcuno, per noi è la cosa più bella che possa esistere: ci spinge a fare sempre di più, ci fa sentire utili.

Tre Domande a: ADA

Come vi immaginate il vostro primo concerto live post-pandemia?

Da brividi. Un po’ per questo lungo periodo di secca degli ultimi anni, un po’ per l’emozione di tornare finalmente a suonare davanti alle persone. Ripensando agli anni passati la nostalgia è tanta, contando che l’ultimo concerto che abbiamo fatto è stato nel 2020. Abbiamo tenuto duro e adesso con i nuovi singoli Sacco, Quando non ci sei e Vorrei e l’EP in arrivo esplodiamo dalla voglia di esibirci e mostrare il lavoro fatto. E poi c’è la voglia di girare, sperimentare e fare concerti in città in cui non abbiamo mai suonato prima.

 

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Tra tutte potrebbe essere appunto il nostro ultimo singolo Vorrei. Innanzitutto per il legame che abbiamo col testo, perché parla di noi e di un periodo della nostra vita, delle domande esistenziali che tutti ci siamo posti, della paura del futuro e del tempo che scorre troppo in fretta. Poi perché è un pezzo aggressivo, di carattere, che definisce bene il nostro sound ed è un bel collegamento tra ciò che eravamo e ciò che siamo diventati musicalmente.

 

C’è un evento, un festival in particolare a cui vi piacerebbe partecipare?

Abbiamo una lunga lista di club, festival e arene dove ci piacerebbe suonare, quello indubbiamente. Spingendo con la fantasia saremmo davvero entusiasti se la nostra musica ci portasse ad esibirci al Festival di Glastonbury e vivere la passione musicale inglese, potrebbe essere una di quelle esperienze fuori di testa che ti segna per sempre. Rimanendo in Italia sarebbe fantastico partecipare all’AMA Festival che è a casa nostra. Speriamo di arrivarci presto.

Tre Domande a: NEW OCEAN

Come e quando è nato questo progetto? 

Questo progetto è il risultato finale di altri progetti ai quali ho preso parte negli anni, come ad esempio alcune band. Il progetto nasce per dare libero sfogo a tutti gli elementi che mi hanno formato oggi come persona e artista. Amo spaziare tra un genere e l’altro mantenendo comunque un filone unico, amo farmi investire da vibrazioni nuove e da stimoli sempre diversi. Il progetto prende sempre più forma quando insieme a me hanno iniziato a crederci altre persone. Da quando conobbi Gamuel Sori, il mio producer, la mia direzione e forma musicale diventano sempre più precise. Oltre a lui c’è chi si occupa della parte manageriale, chi della parte visiva (foto o video) e altre persone ancora che credono in me. Sono molto grato, mi sento fortunato a condividere questo sogno con altri già in questa fase del progetto.

 

Cosa vorresti far arrivare a chi ti ascolta? 

Quello che voglio trasmettere è esattamente quello che altri artisti prima di me mi hanno ispirato. Voglio dare la possibilità di sognare, di immergersi e viaggiare tramite la mia musica. Mi piacerebbe donare la speranza di vivere i propri sogni tramite il progetto NEW OCEAN.
Per me, come rappresenta il mio nome d’arte, la musica è istinto puro e nasce senza limiti, proprio come le onde dell’oceano. Proprio questo istinto è il fulcro della mia attitudine e della mia scrittura e, tramite le mie canzoni, miro a parlare alle persone, con la speranza si possano riconoscere in essa. 

 

Quanto punti sui social? 

Ho sempre creduto che la musica possa avere un impatto crescente se affiancata a qualcosa di visivo, per questo, assieme al mio team, ci concentriamo molto sulla parte estetica, per far conoscere il nostro immaginario artistico, soprattutto grazie all’ausilio dei social. Non ho ancora grandi numeri, ma passo dopo passo nuovi fan e persone del settore conoscono me e la mia musica, e ne sono davvero felice. Ho e abbiamo voglia di farlo. Lavorare tramite i social ci diverte e ci svaga. È bello vedere messaggi di apprezzamento da parte delle persone che ti seguono.