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Anno: 2023

VEZ_2023: Marta Annesi

Il 2023 è stato un anno che non ha affatto tradito le attese (e d’altronde non sapremmo nemmeno perchè avrebbe dovuto), molti i dischi splendidi usciti, sia in Italia che all’estero.
In redazione, anche questa volta, abbiamo preso molto seriamente la nostra tradizionale TOP 5, ripassando mese per mese questo anno in musica, temporeggiando fino all’ultimo per vedere se ci fosse la possibilità di inserire qualche nuova entrata dicembrina.
E quindi ecco qui, i cinque nomi che hanno colto la nostra attenzione mentre eravamo indaffarati a fare altro, quelli che ci hanno più emozionato, o fatto divertire, saltare o riflettere, o perchè no, strapparci un sorriso o farci scendere una lacrima.

La Musica è un’estensione del nostro essere. Grazie a lei riusciamo a canalizzare le emozioni, e qualcuno le risputa fuori per noi. E per fortuna che il 2023 mi ha regalato i seguenti album, che mi hanno accompagnato (ed aiutato) più di tutti ad affrontare molte situazioni.

Rancid Tomorrow Never Comes

Puro ska punk.
Un 2023 a bomba per i Rancid. Qualcuno li dava per spacciati, e invece eccoteli qui… questi pischelletti di 60 anni che ancora se la scoattano. Per dimostrare che l’anima punk non muore mai!
Strofe stile coro da stadio, batteria a palla, chitarre dagli assoli inaspettati, il tutto ad un ritmo mostruoso, unito ai maledetti ritornelli che ti entrano in testa.
Sicuramente il Best Rancore 2023 va ai Rancid! Ottimo quando necessiti una scarica di energia per riattivare il sistema.

Traccia da non perdere: Magnificent Rouge

Sleaford Mods UK GRIM

Il magico duo di Nottingham. Gli sporchissimi.
Ignoranza post punk, pura energia incazzatissima. La loro grinta è storica e stoica.
Un album pieno di rabbia esposta pubblicamente.
Ottimo per sfogare eventuali eccessi di energie negative.

Traccia da non perdere: Tilldipper

The Murder Capital Gigi’s Recovery

Post punk irlandese, sofferto, stile Ian Curtis per capirci.
Già nel precedente album davano segni di star scivolando sempre più verso roba più concettuale, più alla ricerca della conformazione del suono e robe simili.
In Gigi’s Recovery ci troviamo davanti ad un esperimento musicale su quanto la malinconia sia empaticamente infettiva.
La disperazione è palpabile, e, nonostante qualche (notevole) schitarrata qua e là, è un album più lavorato, più accorato. (Sad) post punk per persone emotivamente instabili.
So giovani, fateli giocà.
Sconsigliato a persone empatiche.

Traccia da non perdere: Crying

Baustelle Elvis

Abbiamo mai veramente capito davvero i testi dei Baustelle? NO
Li amiamo proprio per questo? SI
Il cantautorato radical chic, che dice tutto ma non dice nulla, che ti ci devi impegnare per cercare intorno ad ogni canzone un senso logico generale. Per alcuni è poesia, per altri è cazzeggiare.
Eppure Elvis è il classico disco dei Baustelle: il ritornello che ti rimane in testa, nome di antidepressivi buttati qua e là, amori devastanti su basi ritmate, ballad indie.
Ottimo per calmare il gatto, e per ballare senza senso dentro casa.

Traccia da non perdere: Betabloccanti cimiteriali blues

The National First Two Pages Of Frankestein

La delicatezza.
Ascoltare questo disco è come riportare alla mente un ricordo d’infanzia bellissimo. La carezza di una nonna, il sorriso di una zia, i giochi coi cugini. Crea un posto sicuro, una lunghissima sensazione di calore che, traccia dopo traccia cresce fino a tramutarsi in malinconia.
Alert: NON ascoltare se sei triste.
Ottimo per fare addormentare gli infanti.

Traccia da non perdere: Alien

Fast Animals and Slow Kids: “Dai club a suonare con l’orchestra, e nessuna voglia di fermarci qui”

Da Perugia e dai piccoli club ai tour nei palazzetti, ai principali festival italiani, un tour acustico, i teatri, le esibizioni col sestetto d’archi ed ora, alle soglie dei quindici anni di vita, i Fast Animals and Slow Kids alzano ancora di più l’asticella e pubblicano Dal Vivo Con Orchestra, un live registrato in due distinti concerti, a Ravennae a Cividale del Friuli con l’Orchestra La Corelli diretta dal Maestro Carmelo Emanuele Patti.

Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Aimone Romizi (voce, chitarra, percussioni), Alessio Mingoli (batteria, seconda voce), Jacopo Gigliotti (basso) e Alessandro Guercini (chitarre), per capire qualcosa di più di questa uscita, la sua genesi, la realizzazione, con uno sguardo al prossimo futuro.

Ciao ragazzi, innanzitutto grazie della disponibilità. Se non vi dispiace inizierei non con una classica domanda, ma con direi più una considerazione. Mi spiego: quando avevo letto dell’imminente uscita di questo disco con orchestra ero rimasto un attimo perplesso e tra me e me avevo pensato “ammazza si stanno prendendo un discreto rischio i FASK”. Mi era venuto in mente ovviamente l’illustre precedente dei Metallica con S&M, per cui volevo sapere da voi se siete o eravate consci di “rischiare” in qualche maniera, oppure no.

Aimone: “Devo dire che sì, eravamo consci del rischio ma è anche vero che suoniamo da molto tempo e, almeno in ambito live, tendiamo a sentirci più sicuri di quello che produciamo e di qual è il livello a cui possiamo arrivare, anche in fase di post produzione quindi avendo chiare quali erano le fasi, anche il percorso di conseguenza ti si delinea in maniera più chiara. Voglio dire, sapendo di avere del tempo per provare in studio, del tempo per provare con l’orchestra, il tour con l’orchestra a sei elementi, sai che nel momento in cui arriverai a suonare con la sinfonica, le cose da suonare le avrai già interiorizzate. I problemi normalmente nei tour sono sempre le prime date, ma avendo avuto tempo per aggiustare prima il tutto abbiamo tolto una parte di incertezza. Ne è rimasta ovviamente, ma crediamo sia anche la forza di certi progetti, in quanto se fai qualcosa senza questo grado di incertezza, di rischio, stai nel tuo, ecco, artisticamente quello che stai facendo probabilmente puzza di m***a”.

Alessio: “Vorrei aggiungere solo che comunque avendo già avuto qualche esperienza, parlato anche con il pubblico, le reazioni, non era del tutto un salto nel buio ecco. Cosa che comunque a noi piace”.

Aimone: “Aggiungo una cosa riguardo al pubblico, che se vuoi è un pò stronza, ma in questo tipo di cose meno entra il pubblico e meglio è. Se tu proietti la tua testa su quello che potrebbe volere il tuo pubblico sei finito di partenza. Va bene essere consci di dove si è e tutto, ma ciò non deve invadere troppo i tuoi pensieri, perché finisce per schiacciarti e magari lasciarti a piedi”.

Quindi? Parliamo di un punto di arrivo o di una tappa di crescita? I locali, i club, i palazzetti, il tour acustico, l’orchestra da sei elementi, ora un’orchestra vera e propria. Quanto di tutto ciò era pianificato e quanto invece si è costruito man mano?

Aimone: “Diciamo che è un bel fiume… Da fuori è un pò difficile da spiegare. Da dentro la musica deve vivere di sensazioni, di stimoli, devi sentire la scintilla, altrimenti poi è anche difficile condividere queste cose con la gente che viene ad ascoltarti. Dal vivo si percepisce, la gente se ne accorge. Noi da sempre diamo forza ai nostri istinti, da quando avevamo 20 anni ad ora, che ne abbiamo 35, 36 mi sento di dire che quello che siamo oggi non è stato pianificato ma è la logica conseguenza di questo processo di crescita personale come esseri umani”.

Fast Animals And SlowKids DSF6388 ph. Francesco Rampi

E a livello invece di preparazione del disco come si sono svolte le cose?

Alessio: “Noi abbiamo iniziato a lavorare al progetto ancora un anno fa, e la prima cosa era stata appunto la scelta dei brani, e già lì fu molto sofferta. Quindi abbiamo iniziato a riarrangiare i vari brani, togliendo anche parti importanti nella versione originale, siamo andati a scavare nell’esistenza dei nostri brani per permettere poi al direttore d’orchestra di riempire con l’orchestra quei vuoti”.

Aimone: “Carmelo è senza dubbio la figura chiave di questo progetto perché è un direttore molto contemporaneo. Il lavoro con lui è stato quello di mantenere quell’energia del concerto dei FASK all’interno di contesti che non sono a noi “congeniali” diciamo così, come può essere un teatro. Il lavoro poi è stato molto lungo in quanto registravamo le prove, le riascoltavamo, le ascoltavamo con l’orchestra e capivamo cosa limare, cosa togliere, passo passo”.

Immagino non sia stato semplice…

Aimone: “No, anzi, è stato molto complesso. Nonostante ormai abbiamo una certa dimestichezza ed esperienze col palco e lo studio e tutto, eravamo lì belli stressatini, spaventati, in quanto non hai il controllo di tutto, sei in un insieme molto più complesso, o banalmente non hai la stessa formazione loro. Noi dicevamo “ripartiamo dal ritornello”, e loro ci chiedevano “Si, ma da quale battuta?””

Infatti mi chiedevo se si fosse avvertita questa potenziale distanza a livello di formazione con gli orchestrali o un certo qual “peso” o responsabilità verso di loro.

Aimone: “Direi di no, alla fine erano persone come noi, alcuni ci conoscevano, conoscevano le nostre canzoni, quella distanza tra orchestra e rock band non credo esista più. Abbiamo invero preso la cosa molto seriamente, non tanto nei loro confronti quanto proprio nei confronti della musica, perchè anche se abbiamo un fare spesso casinista, confusionario, proviamo molto, siamo molto precisi e meticolosi, vogliamo fare le cose per bene. In realtà è stato proprio uno sprone a suonare ancora meglio di come facciamo di solito”.

Fast Animals And Slow Kids DSF6415 ph. Francesco Rampi

Qual è stato il brano più difficile da arrangiare? E collegato a questo vi chiedo anche: ascoltando il disco penso ad un brano tipo Come Un Animale, che probabilmente si prestava meglio ad un arrangiamento orchestrale, mentre sono rimasto assolutamente stupito da Animali Notturni, che rispetto all’originale è quasi stravolta. Quindi la domanda è se vi ha stupito scoprire queste duplici identità dei vostri brani, che possono essere vestiti con chitarra, basso e batteria, così come con ottoni ed archi.

Aimone: “Direi che la più difficile in assoluto è stata Fratello Mio, senza dubbio. Ha un ritmo particolare, lì è stato proprio difficile anche gestire le dinamiche, che poi sono un po’ il centro nevralgico del disco.

Per quanto riguarda l’altra domanda, assolutamente no, scoprire questa duplice natura non ci ha stupito. Noi abbiamo la teoria secondo cui ogni linea che compone un brano, sia quella di chitarra, voce, batteria, quello che vuoi, deve vivere di vita propria. Quindi quando scomponi un brano in questa maniera ti accorgi che questo può vivere senza una linea, o senza un’altra, perché alla base c’è una forma canzone, l’idea di una melodia, che comunque la scomponi rimane valida”.

Ma, curiosità: quando avete fatto i due concerti di Ravenna e Cividale lo sapevate già che sarebbero stati registrati e che soprattutto sarebbero diventati un disco?

Jacopo: “Purtroppo per noi sì!”

Quindi pressione a mille.

Aimone: “Ahahah non hai idea! Non hai idea! Tra l’altro io tra un pezzo e l’altro volevo ringraziare la gente però stavo zitto per paura di rovinare il disco”. 

Alessio: “Eravamo dentro ad un grande one take, e questa cosa in effetti non mette molta serenità”.

E ora? Visto che avete continuato ad alzare l’asticella?

Aimone: “Continueremo ad alzarla. Prima però c’è una problematica, comune ai musicisti, che è quella di scrivere belle canzoni, per cui adesso siamo in quella fase in cui raccogliamo le idee, spremiamo il cervello e cerchiamo di scrivere dei pezzi ancora più belli dei precedenti”.

Beh ragazzi, direi che siamo giunti al termine. Vi ringrazio ancora molto, complimenti sinceri per il disco e ci risentiamo alla prossima.

FASK: “Grazie a te e ciao!”

Foto: Francesco Rampi

NOFX: I CIRCLE JERKS SI AGGIUNGONO COME SPECIAL GUESTS NELLE DATE DI MILANO

NOFX

FINAL TOUR

WITH VERY SPECIAL GUESTS


11-12 MAGGIO 2024

CARROPONTE – SESTO SAN GIOVANNI

MILANO

40 ANNI. 40 CITTA’. 40 CANZONI (AL GIORNO).

La leggendaria band capitanata da Fat Mike si congeda dopo 40 anni di carriera con uno speciale tour d’addio che partirà proprio dall’Italia, l’11 (già SOLD OUT) e 12 maggio al Carroponte di Milano, un’imperdibile doppia data per l’ultimo saluto ai fan italiani.

Biglietti e abbonamenti in vendita in esclusiva su TicketSMS!

NOFX sono conosciuti come una delle band punk più controverse e significative del loro tempo. Spesso, nella loro lunga carriera, si sono spinti oltre i limiti nei loro spettacoli dal vivo e il loro ultimo toursicuramente non sarà diverso.

Una “last dance” che toccherà anche l’Europa con la doppia data di Milano a maggio a fare da apripista per le quattro settimane in tour nel vecchio continente prima che i NOFX tornino negli Stati Uniti per il concerto finale previsto nel mese di ottobre 2024 a Los Angeles.

“Un tour d’addio che sarà veramente un tour di addio” ci ha tenuto a precisare Fat Mike: “Questo non è un tour finale come i Motley Crue o i Black Sabbath, questi sono gli ultimi concerti che i NOFX suoneranno e li faremo con tutto il cuore e tanta felicità. E poi sarà finita. Avremo finito per davvero”.

Un final tour unico che sarà articolato con concerti(talvolta con doppie date) in 40 città sparse per il mondo. I NOFX eseguiranno 40 canzoni a seratatra album completi e raritàsenza ripetere mai la stessa scaletta, garantendo così l’unicità di ogni serata.

Fat Mike ha recentemente dichiarato: “Penso che 40 anni di carriera siano abbastanza, è un buon momento per lasciare. Sono stanco di intrattenere le persone, basta, abbiamo finito”.

Tutti i membri della band continueranno a stare nel mondo della musica, a produrre dischi, ma non andranno più in tour, non ci saranno più i NOFX:” È anche una questione fisica, fare 40 anni di vita on the road è stancante, anche se non c’è niente di veramente pesante in quello che facciamo, è faticoso ma facile ed è certamente meglio che lavorare otto ore al giorno”.

Un altro interessante spunto a supporto della scelta di fermarsi dopo il “Final Tour” è l’impossibilità di essere sé stessi:

“Se dici qualcosa ad un concerto, su qualsiasi argomento, va online e tutti lo diffondono sui social media; tutti sentono una cosa che magari era destinata agli spettatori del mio show, non era destinato a tutti. Come NOFX abbiamo perso tonnellate di show per questo motivo. Questo è uno dei motivi per cui voglio smettere, perché se non posso dire quello che voglio sul palco, non è divertente. Non è punk!”

I NOFX sono dunque pronti per il loro ultimo anno in tour, a chiudere una storia unica nel panorama musicale contemporaneo. In questi 40 anni hanno saputo – insieme a The Offspring e Green Day – scalare realmente le classifiche di vendita, diventare icone mainstream ed avere un successo planetario. Questo sono i NOFX in poche parole e così lo saranno per sempre.

Queste due giornate saranno inoltre un vero e proprio FESTIVAL!

Oltre a vedere due concerti unici e irripetibili dei NOFX, ci saranno grandi nomi della scena punk rock scelti da Fat Mike in persona che renderanno ancora più speciali le ultime due date italiane della band.

Di seguito i dettagli delle date italiane.

Sabato 11 maggio 2024 [SOLD OUT] – Carroponte, Sesto San Giovanni – Milano

NOFX playing ‘Punk In Drublic’, ‘Wolves in Wolves’ Clothing’, ‘Pump Up The Valuum’ + more

Special guests: Circle Jerks, Comeback Kid, Raw Power, The Last Gang, Versus The World

Domenica 12 maggio 2024 – Carroponte, Sesto San Giovanni – Milano

NOFX playing ‘So Long and Thanks for All the Shoes’, ‘White Trash, Two Heebs and a Bean’, ‘The Decline’ + more

Special guests: Circle Jerks, Frank Turner and The Sleeping Souls, Talco, The Meffs, Clown, Bad Frog

Biglietti e abbonamenti 2 giorni in vendita in esclusiva su TicketSMS.

Per maggiori informazioni visita www.hubmusicfactory.com

DESTRAGE – Venerdi 15 Dicembre al Locomotiv di Bologna

DESTRAGE, una delle realtà metal più accattivanti ed imprevedibili del nostro Paese con uno stile unico tra mathcore, prog metal e lucida follia, saranno dal vivo per cinque concerti esclusivi questo dicembre: l’appuntamento bolognese sarà venerdì 15 alLocomotiv Club, i biglietti sono disponibili in prevendita su tutti i circuiti ufficiali TicketOne e Mailticket https://linktr.ee/bagana In apertura la prog metalcore band OUTER.

DESTRAGE hanno appena annunciato che si fermeranno nel 2024: “…la vita va avanti, con tutte le sue complicazioni e gli sforzi che potremmo mettere ora nel progetto non sono abbastanza per Destrage. Destrage prima di tutto.” 
Per celebrare tutto ciò che è stato DESTRAGE ci sarà un unico ULTIMO concerto italiano domenica 20 ottobre 2024 Milano presso Alcatraz, questo appuntamento sarà quindi l’ultimissima occasione di sempre per vederli dal vivo.


Everything Sucks And I Think I Am A Big Part Of It – Official Video

Private Party” (feat. Devin Townsend) – Official Music Video

www.destrage.com
www.facebook.com/destrage 

www.instagram.com/destrage_official 

DESTRAGE

“Mannaggia Fall Tour 2023”
https://linktr.ee/bagana

Venerdì 15 dicembre – Locomotiv Club – Bologna
Biglietti su TicketOne e Mailticket € 16 + ddp

VEZ_2023: Alessandra D’aloise

Il 2023 è stato un anno che non ha affatto tradito le attese (e d’altronde non sapremmo nemmeno perchè avrebbe dovuto), molti i dischi splendidi usciti, sia in Italia che all’estero.
In redazione, anche questa volta, abbiamo preso molto seriamente la nostra tradizionale TOP 5, ripassando mese per mese questo anno in musica, temporeggiando fino all’ultimo per vedere se ci fosse la possibilità di inserire qualche nuova entrata dicembrina.
E quindi ecco qui, i cinque nomi che hanno colto la nostra attenzione mentre eravamo indaffarati a fare altro, quelli che ci hanno più emozionato, o fatto divertire, saltare o riflettere, o perchè no, strapparci un sorriso o farci scendere una lacrima.

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Australiani, punk rock vecchio stile, ironici all’estremo. Questi sono i tre aggettivi che descrivono al meglio il sestetto di Melbourne, che all’inizio del 2023 ci ha regalato il loro terzo disco. Senza prendersi troppo sul serio, le loro canzoni sono colme di energia e ritmi frenetici, ma con quel nonsense e sarcasmo che li caratterizza. Anche i loro live sono così: catene roteanti, bassi accoltellati e salami mangiati tra un pezzo e l’altro. Quando ripasseranno dall’Italia non perdeteveli.

Traccia da non perdere: Jusavinageez

S.G.A.T.V. S.G.A.T.V.

Synth punk feroce e ripetitivo per gli svizzeri S.G.A.T.V. al loro primo disco. Sonorità anni ’80 fuse con un punk rock martellante, impossibili da non ballare e pogare. Prendono dai Suicide e dal kraut rock dei NEU! Ma con un piglio innovativo e moderno, senza mai essere troppo nostalgici.

Traccia da non perdere: Never Trust The Rich

Leatherette Small Talk

Qui giochiamo in casa, per la precisione a Bologna. Il quintetto al secondo disco ci propone un lavoro sempre ispirato a suoni indie rock anni 00, con incursioni jazz e post punk. Sicuramente dentro si sente un po’ di contaminazione moderna (vedi Shame o IDLES) ma anche grande ispirazione dal passato (ad esempio The Wire). Insomma poi anche nientepopodimeno che Iggy Pop li ha mandati spesso sul suo programma radio, quindi sono caldamente consigliati.

Traccia da non perdere: The Ugliest

Slowdive Everything is Alive

È sempre un rischio quando le band del tuo cuore producono un nuovo disco perché la probabilità di rimanere delusi è elevatissima. Quindi, quando ad inizio settembre è uscito questo album di una delle band simbolo dello shoegaze ero decisamente nervosa e preoccupata. Ma già dalle prime note, la voce soave di Rachel Goswell mi ha fatto sentire a casa.

Traccia da non perdere: Chained to a Cloud

Marta del Grandi Selva

Italiana ma non sembra, Marta del Grandi ha una voce soave e leggera, accompagnata da una base elettronica minimale. Questo disco parte sicuramente da un terreno jazz, accompagnato da synth, piano, percussioni e fiati, ma con voce sempre al centro di tutto.

Traccia da non perdere: Mata Hari

VEZ5_2023: Marta Bandino

Il 2023 è stato un anno che non ha affatto tradito le attese (e d’altronde non sapremmo nemmeno perchè avrebbe dovuto), molti i dischi splendidi usciti, sia in Italia che all’estero.
In redazione, anche questa volta, abbiamo preso molto seriamente la nostra tradizionale TOP 5, ripassando mese per mese questo anno in musica, temporeggiando fino all’ultimo per vedere se ci fosse la possibilità di inserire qualche nuova entrata dicembrina.
E quindi ecco qui, i cinque nomi che hanno colto la nostra attenzione mentre eravamo indaffarati a fare altro, quelli che ci hanno più emozionato, o fatto divertire, saltare o riflettere, o perchè no, strapparci un sorriso o farci scendere una lacrima.

Sasso Musica

Aspettavo un album di Anthony Sasso da anni, da quando lo conobbi di persona assieme all’altra anima bella di Andrea Laszlo De Simone. Musica è un album che ti colpisce a suon di carezze e schiaffi all’anima, con canzoni al di fuori del tempo in cui ritrovare tante citazioni e tanti salvagenti per la vita.

Traccia da non perdere: Cercatrova

Colapesce Dimartino Lux Eterna Beach

Che dire!? Li amo come solisti, figuriamoci in combo. Ho consumato il primo album I Mortali, preso con tanto di vinile (perché fa figo) ed aspettavo questo secondo ritorno di fiamma con ansia. Lux Eterna Beach  ripropone un pop-cantautorale che racconta la frivolezza presente in Italia e nella politica italiana, il tutto con toni brutalmente sarcastici.

Traccia da non perdere: Sesso e Architettura 

Ibisco Languore 

Nei miei ascolti settimanali c’è sempre quel artista che mi porta a rimuginare sulle cose fatte e non fatte nel passato per farmi due pianti liberatori, e in questo fine anno è toccato ad Ibisco. Languore trasmette proprio un’idea di tempo e intimità, ma allo stesso tempo ha la capacità di ritirarti su grazie alla sua natura contrastante e piena di opposti: parla di passato e di futuro, con molta musica suonata ma anche molta elettronica passando da momenti introspettivi tristi a momenti più ritmati ed aperti.

Traccia da non perdere: Alcolicixbenzina

Rival Sons Darkfighter

Scoperti nel lontano 2015 in apertura ad un concerto di Slash a Roma, hanno continuato a rimbalzarmi in testa e nelle orecchie per anni. Tra i due album usciti nel 2023, Darkfighter è il disco che si avvicina di più alla mia idea di Rival Sons: graffianti, rock-blues ed emozionanti. Seppur non abbiano reinventando nulla, questo album conferma quanto suoni e voce siano potenti e spigolosi, con sapori vintage, autentici e naturali.

Traccia da non perdere: Nobody Wants to Die

Travis Scott UTOPIA

Da buona cittadina romana non potevo lasciar fuori classifica questo artista che ha creato tanto clamore e scompiglio con il suo concerto last-minute  “Circus Maximus” al Circo Massimo (scelta originale). Travis Scott con UTOPIA porta un album pieno di featuring interessanti e sonorità complesse, e con un’impressionante cura nella produzione.

Traccia da non perdere (per restare in tema Roma): Circus Maximus 

Honorable mentions

Blastema Pensieri Illuminati
Lo so, sto barando perché è un album del 2010. Ma finalmente è stato messo sulle piattaforme digitali quindi lo considero NEW perché sconosciuto a tanti.

VEZ5_2023: Alma Marlia

Il 2023 è stato un anno che non ha affatto tradito le attese (e d’altronde non sapremmo nemmeno perchè avrebbe dovuto), molti i dischi splendidi usciti, sia in Italia che all’estero.
In redazione, anche questa volta, abbiamo preso molto seriamente la nostra tradizionale TOP 5, ripassando mese per mese questo anno in musica, temporeggiando fino all’ultimo per vedere se ci fosse la possibilità di inserire qualche nuova entrata dicembrina.
E quindi ecco qui, i cinque nomi che hanno colto la nostra attenzione mentre eravamo indaffarati a fare altro, quelli che ci hanno più emozionato, o fatto divertire, saltare o riflettere, o perchè no, strapparci un sorriso o farci scendere una lacrima.

Brent Cobb Southern Star

Quando le strade del southern rock e del country moderno si incontrano, si possono percorrere chilometri di sensazioni fatte di suoni dolci avvolti in atmosfere acustiche che ti cullano nota dopo nota. Questo accade con Brent Cobb e il suo nuovo progetto. 

Traccia da non perdere: Southern Star

Dirty Honey Can’t Find The Brakes

A due anni di distanza dal debutto, i Dirty Honey si sbizzarriscono in un album hard rock dove si intravedono sfumature del funk e del blues su cui domina la forza vocale di Marc LaBelle.

Traccia da non perdere: Won’t Take Me Alive

Modena City Ramblers Altomare

I Modena City Ramblers confermano il loro impegno nella musica e nel sociale che si articola in suggestioni che vanno dai ritmi serrati dell’irish folk alle sfumature più evocative delle sonorità mediterranee. Un viaggio musicale tra emarginazione, speranza e voglia di un futuro migliore. 

Traccia da non perdere: Mediterranea

Blindstone Scars To Remember

Il trio crea brani dove si incontrano blues e rock ed è ancora possibile ascoltare chitarre taglienti, bassi potenti e martellanti per un effetto di energia esplosiva. Brani che tengono l’ascoltatore con sé dalla prima all’ultima nota. 

Traccia da non perdere: In the Eye of the Storm

Wilco Cousin

Un album che sorprende, fatto di intrecci precisi e asciutti di chitarre e percussioni a cui si aggiungono synth e tastiere per creare atmosfere sperimentali in cui i Wilco si mostrano diversi, eppure sempre fedeli alla loro identità. Una voglia di sperimentazione da ascoltare. 

Traccia da non perdere: Evicted

VEZ5_2023: Marta Massardo

Il 2023 è stato un anno che non ha affatto tradito le attese (e d’altronde non sapremmo nemmeno perchè avrebbe dovuto), molti i dischi splendidi usciti, sia in Italia che all’estero.
In redazione, anche questa volta, abbiamo preso molto seriamente la nostra tradizionale TOP 5, ripassando mese per mese questo anno in musica, temporeggiando fino all’ultimo per vedere se ci fosse la possibilità di inserire qualche nuova entrata dicembrina.
E quindi ecco qui, i cinque nomi che hanno colto la nostra attenzione mentre eravamo indaffarati a fare altro, quelli che ci hanno più emozionato, o fatto divertire, saltare o riflettere, o perchè no, strapparci un sorriso o farci scendere una lacrima.

Baustelle Elvis

La mia lista non può che iniziare con questo album, che per me è stato il più atteso dell’anno. Dopo cinque anni dall’ultimo disco, che mi aveva fatto piangere tutte le lacrime che avevo in corpo in seguito a una rottura, avevo delle aspettative alte che, però, sono state un po’ deluse. Elvis non mi ha emozionato come i due L’amore e la Violenza, ma non importa: assistere a un nuovo tour dei Baustelle era quello di cui avevo bisogno.

Traccia da non perdere: Contro il Mondo

Blink-182 One More Time…

È davvero necessario spiegare perché questo album sia nella mia lista? La nostalgia dei vecchi tempi, il ritorno di Tom DeLonge, la voglia di cantare a squarciagola l’amore per il pop punk. I Blink-182 sono la storia che non ci stancheremo mai di ascoltare.

Traccia da non perdere: ONE MORE TIME

Sick Tamburo Non Credere a Nessuno

Per me, è un album pieno di insegnamenti e quando l’ho recensito su queste pagine, l’ho collocato all’interno di un dolore persistente che incastra le sue radici dentro di noi. Non Credere a Nessuno è un viaggio attraverso la sofferenza, gli sbalzi d’umore, le sensazioni passeggere, l’evoluzione dei sentimenti. Fatevi un regalo per Natale: ascoltatelo e riscoprite voi stessi.

Traccia da non perdere: Il Colore Si Perde

Naska La Mia Stanza

Dopo tutta questa malinconia che vi ho lanciato addosso senza chiedervi il permesso, vi propongo di cantare, divertirvi e ballare sentendovi degli eterni adolescenti. Come sempre, Naska omaggia band iconiche mondiali del punk, che sono presenti nella musica, nei testi e sulla copertina stessa dell’album. Inutile girarci intorno: lui è stato la mia colonna sonora dell’estate (e ha pubblicato il brano PORNO insieme ai Finley, ingiustamente scomparsi). E poi vabbè… sto cercando di superare la mia crush per Naska.

Traccia da non perdere: Pronto Soccorso

Giancane Tutto Male

Giancane è anticonvenzionale, un comico irriverente che canta il suo malessere e lo rende universale e politico, toccando temi fondamentali come il razzismo, il classismo e la depressione. E non dimentichiamo che il 2023 è stato un altro anno chiave del sodalizio tra il musicista e Zerocalcare, con la serie animata Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo, la cui colonna sonora è contenuta in un altro album: Sei in un Paese Meraviglioso.

Traccia da non perdere: Come Stai

Tre Domande a: Sandro Mai

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Un sacco di cose, si spera soprattutto emozioni. Parlando con chi ha ascoltato Esiste Ancora La Spensieratezza?, in alcuni casi è successo.
È stato bello anche vedere che per ogni persona le sensazioni erano diverse.

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Forse A Due Passi Dal Mare può essere vista come il simbolo della raccolta di canzoni Esiste Ancora La Spensieratezza? che Sandro Mai ha pubblicato di recente. Questa canzone incarna quello che è il leitmotiv di tutte le altre presenti nel disco. Cerca di allontanarsi da un mondo in cui tutto è volto alla ricerca di denaro, approvazione e successo ad ogni costo e rinnega tutto ciò, relegandolo a essere solamente la parte superficiale della vita. Sandro Mai vuole risvegliare emozioni e sentimenti che a parar suo sono la sola cosa che conta davvero e che dà valore e identità a una persona. Una ribellione gentile che passa attraverso una musica semplice, spesso orecchiabile, che contrasta con la profondità di certi pensieri e che regala alla nostalgia una forma tutta nuova.

Qual è la cosa che amate di più del fare musica?

Per Sandro Mai fare musica significa avere la possibilità di dare forma ad un pensiero, uno stato d’animo o un’emozione. Cercare di creare la dimensione che quella sensazione merita e che altrimenti si perderebbe nel marasma della vita di tutti i giorni. Le canzoni cercano di cogliere quegli attimi per farli diventare eterni. È un po’ come provare a creare un ricordo.

Tre Domande a: Bachi da Pietra

Se doveste riassumere la vostra musica con tre parole, quali scegliereste e perché?

In questi ultimi vent’anni abbiamo risposto centinaia di volte alla domanda sul perché del nostro nome e siamo ben preparati, quindi le nostre tre parole sono Bachi da Pietra. È il nostro nome e il nostro destino. Riprovarci ancora una volta ci farà bene. Lo facciamo perché ormai ci è lampante che per noi è sempre un Comincia Adesso (dall’album Reset, 2021), e poi perché l’esercizio ci permette di rimettere a fuoco ogni volta la sostanza di quello che siamo, che sta dentro al nome. Ecco le tre parole.
Bachi. Siamo insetti mutanti, crisalidi o vermi, stercorari capaci di trasformarsi eventualmente in coleotteri corazzati, falene o locuste, mutanti in larve e fantasmi o in milioni di micro-mine vaganti che infettano, implodono, procedono a salti (ascolta Insect Reset, di nuovo dall’album Reset). In circa vent’anni di metamorfosi siamo ormai Umani o Quasi. Questo procedere a salti porta l’insetto, dal suo grado elementare di organismo tubolare, quasi un loop di cellule minime, a farsi pesce preistorico e il pesce a volare e noi a suonare, come materiale vivente capace di produrre suono e farlo viaggiare nell’aria. Abbiamo iniziato in duo, in punta di zampe (Tornare nella Terra è del lontano 2005) e siamo arrivati al frastuono totale intorno al 2015. Ora siamo un esercito di tre elementi: Bruno Dorella e il sottoscritto (Giovanni Succi), della formazione originale, e Marcello Batelli al basso e synth e suoni da Reset in poi.
Da semplice micro particella del discorso che esprime provenienza: veniamo tutti da un altro luogo nel tempo e nello spazio. Bruno da Bruxelles al momento, Marcello dalle Dolomiti, Giovanni dal basso Piemonte. Veniamo tutti da qualcosa, da progetti precedenti o ancora in vita: Bruno Dorella da OvO, Ronin, Sigillum ’S’ e da molti altri progetti a suo nome; Marcello Batelli da Il Teatro Degli Orrori, dai Non Voglio Che Clara; Giovanni Succi dai Madrigali Magri, da La Morte e da progetti solisti. La particella “da” porta anche un altro significato: esprime gergalmente anche il valore di “per”, come “macchina da scrivere”: noi siamo insetti “da” pietra a tutti gli effetti; la seta non ci interessa, non fa per noi. Incorporiamo e caghiamo la pietra con sommo gaudio.
Pietra. È il fulcro della missione. L’inizio e la fine. Scavare la pietra, spaccare la pietra. Per un essere tubolare come un verme o comunque per un pesce-insetto, volante o meno, non è la più naturale delle mansioni. Ma è il nostro mondo, lo abbiamo scelto e determinato noi. Pietra è il fulcro, il culto e il culo che ci facciamo. Sarà anche la pietra tombale sotto la quale spariremo; o la pietra vitale da sotto la quale ti riappare ogni volta un universo brulicante di noi, incredibilmente vivi nel buio. Perché? Non sappiamo il perché della missione, probabilmente non esiste; sappiamo solo che da Tutta la Vita, noi, Habemus Baco: “Se la cava nella cava il loop di carne alla grande / smuove mille metri cubi di granito col feedback / e se non se la cava sfonda il fondo e scava / la più negra e metallica vena mannara”.
Quindi, pietra tutta la vita. O se preferisci: …rock’n’roll.

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Dal nostro ultimo album Accetta & Continua, sceglieremmo un pezzo in particolare, che in qualche modo racchiude quasi magicamente tutto quello che siamo stati in duo, quello che siamo ora in trio e tutte le evoluzioni possibili di quello che saremo, se sopravvivessimo ancora; o anche se non sopravvivessimo più. Il senso profondo di tutta la fantastica storia dei Bachi Da Pietra, le nostre passioni e fatiche, i nostri amori e tutte le trame di noi e dell’universo mondo: Invano. Lo trovi ovunque.

Quanto puntate sui social per far conoscere il vostro lavoro? Ce n’è uno che usate più di altri?

Siamo nati lo stesso anno di Facebook, nel 2004, quando il social era di nicchia più di noi, roba da nerd informatici, roba di cui non ci è mai fregato niente. Anzi ci sembrava assurdo che la gente corresse a mettere le foto delle vacanze senza accorgersi che così diventavano merce e prima o poi qualcuno li avrebbe venduti. Poi Facebook ha preso il sopravvento su tutto, e parallelamente, lentamente, le testate musicali si sono estinte per carenza di pubblico, una alla volta. Se sei una band, il solo modo rimasto per far sapere che esisti e fai cose tipo dischi e concerti (dove e quando ad esempio, occorre pur saperlo), è tramite i social. Ok, Facebook, lo abbiamo fatto. Ci seguono circa in diecimila se non ricordo male, ma da qualche anno Facebook fa sapere le nostre cose soltanto a qualche centinaio di persone, sempre meno. Mi sa che quelli di Facebook vogliono dei soldi per consegnare le news (ecco perché gli frega di “A cosa stai pensando?”). Tipo che se tu non mi paghi, io non farò sapere le date dei tuoi concerti ai diecimila insetti (…pochissimi se rapportati ai grandi numeri dei social, ne siamo ben consci). E volendo ci sta, fanno quel mestiere lì. Siamo noi che in teoria facevamo un altro mestiere che non era il Social Media Manager di noi stessi per conto di Zuckerberg. Non che pensassimo fosse tutto gratis, per carità, ma dal momento che c’è la pubblicità si pensava che magari si era a posto così… No, vogliono dei soldi. Non solo, vogliono che lavori ai contenuti. Lavori ai contenuti del mezzo, e poi paghi per mostrare i tuoi lavori sul mezzo. Geniale. Ma del resto chi fa un mestiere vorrebbe farsi pagare. Anche noi vorremmo. Tipo da Spotify & Co., che fa il mestiere di usare il nostro mestiere pagandolo 0,000x a botta. Ma se non gli permetti di fotterti la musica che produci, come fai a far sapere al mondo che produci musica? Bella domanda. Infatti col declino di Facebook abbiamo pure cominciato a usare Instagram. Meglio. Ma dopo un po’ la stessa cosa. Anche Instagram, mi sa che vogliono dei soldi per far sapere alla gente quel che fai di bello, i balletti, le ricette, se cadi dalla bici e così via. Una volta il lavoro di far sapere al mondo cosa fanno i gruppi rock lo facevano le riviste musicali e i giornalisti. Ma il mondo cambia, è normale, ci si adatta o si muore. Oggi i The Giornalisti pare si siano sciolti e le riviste che sopravvivono in edicola sfoggiano grandi rockstar del passato in foto d’archivio, sperando che i quarantenni-settantenni sgancino un obolo alla nostalgia, collezionando feticci patinati all’infinito. IL ROCK È MORTO? Fosse per loro sicuramente sì, o sarebbe un bel museo, cioè la stessa cosa. Fosse per noi, no. Siamo ancora vivi e facciamo musica al presente. Fatto sta che il solo modo per una band di fare sapere di sé a chi la segue, oggi, è solo più uno: il social di turno. Ok. Al momento prediligiamo Instagram. Penso che dopo Facebook e Instagram ci fermeremo lì, sarà difficile che andremo oltre, per ora mi sento di escludere minchiate cinesi fatte per rimbecillire e schedare i ragazzini dell’occidente. Ma mai dire mai. Io per esempio ho imparato a usare Patreon (…perché mi piace? No, signore e signori, per campare). Siamo in grado di adattarci a qualsiasi forma di violenza, aberrazione e bruttura, figurati se non ci adattiamo a questa cazzata. Però non riusciamo a fare finta che ci piaccia, e tutti e tre, dei social, ne faremmo volentieri a meno. Eravamo qui per scrivere e suonare, non per editare video e storie che possano convincere gente distratta dal telefono anche quando va a cagare. Lo scopo della nostra musica non era essere impegnati a far sapere che siamo fighi 24h, 7 su 7. Considera che portare le persone che ti amano e ti seguono, o così dicono, da Facebook o Instagram (che ci chiedono dei soldi) ad una piattaforma dove sei tu a chiedere dei soldi a chi ti segue, in cambio di musica, tipo Patreon appunto, è un’impresa: le persone fanno fatica, non ti seguono e i social ovviamente non vogliono che tu esca dalla bolla dove a chiedere dei soldi sono loro. Il prezzo da pagare per rinnegare completamente questo sistema sarebbe essere tagliati fuori dal mondo, ma il mondo ahimè ancora ci interessa, perché è ancora lì che poi alla fine, in qualche modo, incontriamo te.

Foto di copertina: Roberto Pinetti

I-DAYS MILANO: i QUEENS OF THE STONE AGE il 6 luglio sul palco dell’Ippodromo Snai San Siro

Milano, 1 dicembre 2023.I QUEENS OF THE STONE AGE si aggiungono al bill d’eccezione di I-Days Milano 2024: l’appuntamento con una delle più grandi e attese band del rock mondiale è per sabato 6 luglio all’Ippodromo Snai San Siro. Prima di loro sul palco il duo di Brighton ROYAL BLOOD e special guest che verranno in seguito annunciati.

I QUEENS OF THE STONE AGE sono pronti a portare sul palco di I-Days Milano 2024 i brani che hanno scritto le migliori pagine del rock degli ultimi vent’anni e quelli dell’ultimo disco “In Times New Roman…” uscito per Matador lo scorso 16 giugno, tra ritornelli ipnotici e groove fuori dal comune, punteggiati da sfumature di turbolenza psichica che daranno vita ad un live impetuoso.
I QUEENS OF THE STONE AGE hanno pubblicato otto album in oltre 25 anni di carriera. La band, composta nella sua formazione attuale da Joshua Homme, Troy Van Leeuwen, Dean Fertita, Michael Shuman e Jon Theodore, si è imposta come una vera e propria fonte di ispirazione per un intero genere di musica rock ed è entrata a pieno titolo nell’Olimpo della musica mondiale.

Prima dei QOTSA, un atteso ritorno in Italia, quello dei ROYAL BLOOD: il duo di Brighton formato da Mike Kerr e Ben Thatcher è reduce dalla pubblicazione di Back To The Water Below, ultimo lavoro uscito lo scorso 8 settembre, che segue tre altri fortunati album che hanno debuttato al primo posto della classifica UK

La conferma in line up dei QUEENS OF THE STONE AGE e dei ROYAL BLOOD agli I-Days Milano 2024 fa seguito all’annuncio nelle scorse settimane della partecipazione dei GREEN DAY (16 giugno), dei co-headliner AVRIL LAVIGNE e SUM 41 con i SIMPLE PLAN (9 luglio), di TEDUA (29 giugno), primo headliner italiano nella storia della manifestazione dopo lo straordinario successo del suo tour nei palasport, e dei METALLICA (29 maggio), che avranno un palco spettacolare sulla scia di quello visto al Power Trip di Indio in California e con l’iconico “snake pit”.

Gli I-Days Milano sono diventati negli anni garanzia di un cast artistico di alto livello e sempre attuale che risponde alle esigenze di un pubblico eterogeneo davvero appassionato di musica e ogni giorno più attento e variegato.
Nato nel 1999 e inizialmente noto come Independent Days Festival, l’I-Days ha ospitato fin dagli esordi grandi nomi della musica mondiale: Arcade Fire, Arctic MonkeysBlink 182, Green Day, Imagine DragonsJustin Bieber, Kasabian, Liam Gallagher, Linkin Park, Manu Chao, Muse, Nine Inch Nails, Noel Gallagher’s High Flying Birds, Pearl Jam, Placebo, Queens Of The Stone Age, Radiohead, Sigur Ros, Sonic Youth, The Killers, The Offspring, Tool, Velvet Revolver.
L’edizione 2023 ha visto alternarsi sul palcoFLORENCE + THE MACHINE, ROSALÌA, PAOLO NUTINI, TRAVIS SCOTT, LIAM GALLAGHER, THE BLACK KEYS, RED HOT CHILI PEPPERS e gli ARCTIC MONKEYS.

BIGLIETTI IN VENDITA

BIGLIETTI DISPONIBILI IN PREVENDITA SULL’APP IDAYS (DISPONIBILE PER APPLE E ANDROID)
DALLE ORE 10.00 DI LUNEDÌ 4 DICEMBRE

VENDITA GENERALE DALLE ORE 10.00 DI MARTEDÌ 5 DICEMBRE
SU TICKETMASTER, TICKETONE E VIVATICKET

The evolution of an artist: Finn Andrews (The Veils)

Leggi l’intervista in Italiano qui

It seems just like yesterday the videoclip of Lavinia broke into our lives and brought The Veils and Finn Andrews voice to our ears, but it actually happened twenty years ago already.
While waiting for his upcoming concert in Milano, where Finn will present the Veils hits in an intimate solo performance, we asked him a few questions.

Finn, you’re about to return to Italy seven years after the last time you stopped by with the Total Depravity tour. Is there a thing you particularly like of playing – or just simply being – in Italy?

“Italy has always been an important place for this band. It was the first country to take an interest in us back in the Lavinia days, and my ex-girlfriend was from Florence, so I used to spend a lot of time there. Quite a lot of Total Depravity was written in Florence and very much inspired by my time there. Truly, I cannot wait to be back!”

Over the past few years you have released both your debut solo album, One Piece at the Time, and a new record with The Veils …And Out of the Void Came Love. The concert in Milano next December 7th will be The Veils solo performance, that sounds a bit like a mix of your artistic embodiments: what type of experience shall the crowd expect?

“It’s really an opportunity to play these songs as they first arrived: just piano and voice, stripped back as far as they will go. I’m looking forward also to playing a lot of old Veils songs, like the ones that comprise our first album The Runaway Found. These songs often don’t suit the band so much anymore, but they still work really well with just me on my own. There’s a lot of songs now after all these years!”

How would you describe the difference between the Finn Andrews leader of The Veils and the Finn Andrews solo artist? What different creative impulse is behind those two productions?

“It’s exactly the same impulse to be honest, but The Veils has a far longer and more complicated history which it’s nice to step away from from time to time. I feel very free working under both banners, but there’s an expectation that’s there with The Veils which isn’t there with my solo work and that can be quite exciting too.”

The last two albums by The Veils sound really black and white, darkness and light: the rough, gloomy sounds of Total Depravity are openly in contraposition with the soothing use of piano in …And Out of the Void Came Love. What changed, what brought you to move from writing dark and yet sexy songs of nightmares, demons, crocodiles and bones that glow at night to the breath of freshness and light that’s love in all its forms?

“I think leaving London had a lot to do with it. I was living a very unhealthy, very self-centered existence for a long time, and moving to New Zealand sort of woke me up from that. Becoming a father was an enormous transformation also. I think I write about love in a very different way now – it was always rather mysterious to me in the past, both love for myself and love for others. But my daughter removed that mystery immediately, and so I suppose I no longer use my songs to figure that concept out in quite the same way. She showed me how simple a thing love can be, I suppose.”

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The Veils live at Locomotiv Club in Bologna, October 2016

Since the debut album in 2004, The Runaway Found, The Veils changed sound but always maintained a certain unique and recognisable style across records. Although, I assume, you might have a reason to be attached to each and every song you have written during two decades of career, what is that only song you are fond and proud of the most? Why?

“I think my whole “career” if you want to call it that has basically been a process of atonement for the wrongs I feel I’ve committed in the past. I was signed to Rough Trade when I was 17, and I felt like such an absolute fraud, I made Nux Vomica to try and correct all the mistakes I felt I made the first time around. That has continued to be how I think of it, for better or worse. I’m just trying to learn and get better at what I do every time, and so I rarely stop to feel particularly proud of anything I’ve done. I just want to one day know what the fuck I’m doing, even for a moment.”

Let’s take a short trip down memory lane, all the way to your first (I think) concert in Italy in 2004, at Velvet Rock Club in Rimini: you were touring with Fiery Furnaces and the sudden success of Lavinia made you become the main act instead of being the opening band that evening. If you could have a conversation with that younger version of yourself, on the verge of global recognition, what would you tell him?

“Oh God, I’d have a lot of things to say to that young man. I think the first thing would be to try and stop taking yourself so seriously and enjoy yourself for a bloody change. I was a very tormented character, really. I should have tried to have a lot more fun.”

I feel I could keep going with the questions, discuss about the recurring comparison with Nick Cave or debate about the meaning of life through your songs, but as last question I’d like to ask you something more personal and maybe a bit challenging: what’s happiness according to you?

“The older I get, the less I feel the concept of happiness is of any real use. It’s a good way to describe children – they are truly happy, or at least they should be. But as we age things get complicated, and that word seems to lose its meaning in any real sense. ‘Contentment’ seems to me a better word, as it’s less about searching and the acquisition of things and more about an inner sense of calm and strength. Contentment is what I aim for most of all.”

Thank you very much for your time spent answering our questions, we’re looking forward to see you in Milano next month!

Archive pictures by Francesca Garattoni