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Anno: 2023

L’evoluzione di un artista: Finn Andrews (The Veils)

Read the interview in English here

Non sembra, ma sono passati ormai vent’anni da quando Lavinia ha fatto irruzione nelle nostre vite e portato la voce di Finn Andrews con i suoi The Veils nelle nostre orecchie.
In occasione dell’imminente tappa milanese del tour in cui Finn presenterà i successi della sua band in un’intima versione solista, abbiamo scambiato qualche battuta con lui.

Finn, stai per tornare in Italia sette anni dopo il tuo ultimo passaggio con il tour in supporto a Total Depravity. C’è qualcosa di particolare che ti piace nel suonare – o semplicemente essere – in Italia?

“L’Italia è sempre stata un posto importante per questo gruppo. È stato il primo Paese ad interessarsi a noi ai tempi di Lavinia, e la mia ex ragazza era di Firenze, perciò ero solito passare un bel po’ di tempo lì. Gran parte di Total Depravity è stata scritta a Firenze ed è stata molto ispirata dal tempo che ho passato lì. Veramente, non vedo l’ora di tornare!”

Nel corso degli ultimi anni hai pubblicato sia il tuo album di debutto solista, One Piece at the Time, che un nuovo disco con The Veils …And Out of the Void Came Love. Il concerto a Milano del prossimo 7 Dicembre sarà The Veils in versione solista, che suona un po’ come un misto delle tue incarnazioni artistiche: che tipo di esperienza si dovrà aspettare il pubblico?

“È più che altro un’opportunità per suonare queste canzoni nel modo in cui sono nate: solo piano e voce, rese il più possibile essenziali. Non vedo l’ora anche di suonare un sacco di vecchie canzoni dei Veils, come quelle del nostro primo album The Runaway Found. Queste canzoni spesso non funzionano più troppo con la band, ma rendono ancora molto bene con me da solo. Adesso poi ci sono un sacco di canzoni dopo tutti questi anni!”

Come descriveresti la differenza tra il Finn Andrews leader de The Veils e il Finn Andrews artista solista? Che diverso impulso creativo c’è dietro queste due diverse produzioni?

“È esattamente lo stesso impulso ad essere onesto, ma The Veils hanno una storia ben più lunga e complicata da cui è piacevole allontanarsi di tanto in tanto. Mi sento molto libero a lavorare sotto entrambe le bandiere, ma ci sono delle aspettative con The Veils che invece non ci sono nel mio lavoro solista e talvolta questo può essere piuttosto eccitante.”

Gli ultimi due album de The Veils suonano molto bianco e nero, luce e oscurità: i suoni ruvidi e cupi di Total Depravity sono in aperta contrapposizione con il confortante uso del pianoforte in …And Out of the Void Came Love. Cos’è cambiato, cosa ti ha portato a passare dallo scrivere canzoni oscure, seppur seducenti, su incubi, demoni, coccodrilli e ossa che risplendono nella notte alla ventata d’aria fresca e luminosa che è l’amore in tutte le sue forme?

“Penso che lasciare Londra abbia avuto molto a che fare con questo. Stavo vivendo da tanto tempo un’esistenza parecchio malsana, molto incentrata su me stesso, e trasferirmi in Nuova Zelanda è come se mi avesse svegliato. Anche diventare padre è stata una trasformazione enorme. Penso di scrivere dell’amore in modo del tutto diverso ora – è sempre stato piuttosto misterioso per me in passato, sia l’amore per me stesso che per gli altri. Ma mia figlia ha rivelato quel mistero immediatamente, e così credo di non usare più le mie canzoni per cercare di capire quel concetto nello stesso modo di prima. Lei mi ha fatto vedere quanto semplice l’amore possa essere, credo.”

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The Veils in concerto al Locomotiv Club di Bologna, Ottobre 2016

Dal loro album di debutto nel 2004, The Runaway Found, The Veils hanno cambiato sonorità ma hanno sempre mantenuto un certo qual stile unico e riconoscibile attraverso i dischi. Sebbene, suppongo, tu possa avere ragioni per essere emotivamente attaccato ad ogni singola canzone scritta in due decadi di carriera, qual’è quell’unica canzone a cui sei più affezionato e di cui sei più orgoglioso? Perchè?

“Penso che la mia intera “carriera” se la vuoi chiamare così sia stata fondamentalmente un processo di espiazione per i torti che ho commesso nel passato. Ero sotto contratto con la Rough Trade quando avevo 17 anni, e mi sentivo una truffa assoluta, così ho fatto Nux Vomica per cercare di riparare agli errori che sentivo di aver fatto al primo giro. Questo ha continuato ad essere come la penso al riguardo (della carriera, NdA), nel bene e nel male. Sto solo cercando di imparare ad essere migliore in quello che faccio ogni volta, e così raramente mi fermo a sentirmi particolarmente orgoglioso di quello che ho fatto. Vorrei soltanto, un giorno, sapere che cazzo sto facendo, anche solo per un momento.”

Facciamo per un momento un salto nel passato, indietro al tuo primo (credo) concerto in Italia nel 2004, al Velvet Rock Club di Rimini: eravate in tour con i Fiery Furnaces e l’improvviso successo di Lavinia vi ha fatto diventare il gruppo principale invece dell’apertura quella sera. Se potessi avere una conversazione con quella versione più giovane di te stesso, all’alba della fama mondiale, cosa gli diresti?

“Oddio, avrei un sacco di cose da dire a quel giovane uomo. Penso che la prima cosa sarebbe di provare a smettere di prendersi troppo sul serio e di godersela, tanto per cambiare. Ero un personaggio molto tormentato, davvero. Avrei dovuto provare a divertirmi molto di più.”

Sento che potrei andare avanti con le domande, discutere del confronto ricorrente con Nick Cave o dibattere del significato della vita attraverso le tue canzoni, ma come ultima domanda vorrei chiederti qualcosa di più personale e forse un po’ impegnativo: cos’è la felicità secondo te?

“Più divento vecchio, più mi rendo conto che il concetto di felicità non sia di particolare utilità. È un buon modo per descrivere i bambini – loro sono veramente felici, o per lo meno dovrebbero esserlo. Ma con l’età le cose si fanno complicate, e quella parola sembra perdere di significato in tutti i sensi.
‘Appagamento’ mi sembra una parola migliore, in quanto è meno focalizzata alla ricerca e all’acquisizione di cose e più legata ad un senso di calma e forza interiore. Appagamento è quello a cui ambisco di più.”

Grazie mille per il tempo speso a rispondere alle nostre domande, non vediamo l’ora di vederti a Milano il prossimo mese!

Fotografie d’archivio di Francesca Garattoni

NOFX: ANNUNCIATI GLI ALBUM CHE VERRANNO SUONATI IN ITALIA

NOFX

FINAL TOUR

WITH VERY SPECIAL GUESTS


11-12 MAGGIO 2024

CARROPONTE – SESTO SAN GIOVANNI

MILANO

40 ANNI. 40 CITTA’. 40 CANZONI (AL GIORNO).

La leggendaria band capitanata da Fat Mike si congeda dopo 40 anni di carriera con uno speciale tour d’addio che partirà proprio dall’Italia, l’11 e 12 maggio al Carroponte di Milano, un’imperdibile doppia data per l’ultimo saluto ai fan italiani.

Biglietti e abbonamenti in vendita in esclusiva su TicketSMS!

NOFX sono conosciuti come una delle band punk più controverse e significative del loro tempo. Spesso, nella loro lunga carriera, si sono spinti oltre i limiti nei loro spettacoli dal vivo e il loro ultimo toursicuramente non sarà diverso.

Una “last dance” che toccherà anche l’Europa con la doppia data di Milano a maggio a fare da apripista per le quattro settimane in tour nel vecchio continente prima che i NOFX tornino negli Stati Uniti per il concerto finale previsto nel mese di ottobre 2024 a Los Angeles.

“Un tour d’addio che sarà veramente un tour di addio” ci ha tenuto a precisare Fat Mike: “Questo non è un tour finale come i Motley Crue o i Black Sabbath, questi sono gli ultimi concerti che i NOFX suoneranno e li faremo con tutto il cuore e tanta felicità. E poi sarà finita. Avremo finito per davvero”.

Un final tour unico che sarà articolato con concerti(talvolta con doppie date) in 40 città sparse per il mondo. I NOFX eseguiranno 40 canzoni a seratatra album completi e raritàsenza ripetere mai la stessa scaletta, garantendo così l’unicità di ogni serata.

Fat Mike ha recentemente dichiarato: “Penso che 40 anni di carriera siano abbastanza, è un buon momento per lasciare. Sono stanco di intrattenere le persone, basta, abbiamo finito”.

Tutti i membri della band continueranno a stare nel mondo della musica, a produrre dischi, ma non andranno più in tour, non ci saranno più i NOFX:” È anche una questione fisica, fare 40 anni di vita on the road è stancante, anche se non c’è niente di veramente pesante in quello che facciamo, è faticoso ma facile ed è certamente meglio che lavorare otto ore al giorno”.

Un altro interessante spunto a supporto della scelta di fermarsi dopo il “Final Tour” è l’impossibilità di essere sé stessi:

“Se dici qualcosa ad un concerto, su qualsiasi argomento, va online e tutti lo diffondono sui social media; tutti sentono una cosa che magari era destinata agli spettatori del mio show, non era destinato a tutti. Come NOFX abbiamo perso tonnellate di show per questo motivo. Questo è uno dei motivi per cui voglio smettere, perché se non posso dire quello che voglio sul palco, non è divertente. Non è punk!”

I NOFX sono dunque pronti per il loro ultimo anno in tour, a chiudere una storia unica nel panorama musicale contemporaneo. In questi 40 anni hanno saputo – insieme a The Offspring e Green Day – scalare realmente le classifiche di vendita, diventare icone mainstream ed avere un successo planetario. Questo sono i NOFX in poche parole e così lo saranno per sempre.

Di seguito gli album suonati nelle due serate!

Sabato 11 maggio 2024

• ‘Punk In Drublic’, ‘Wolves in Wolves’ Clothing’, ‘Pump Up The Valuum’ + more

Domenica 12 maggio 2024

• ‘So Long and Thanks for All the Shoes’, ‘White Trash, Two Heebs and a Bean’, ‘The Decline’ + more

Queste due giornate saranno inoltre un vero e proprio FESTIVAL!

Oltre a vedere due concerti unici e irripetibili dei NOFX, ci saranno grandi nomi della scena punk rock scelti da Fat Mike in persona che renderanno ancora più speciali le ultime due date italiane della band.

Di seguito i dettagli delle date italiane.

NOFX with very special guests!

11 – 12 MAGGIO 2024

CARROPONTE, SESTO SAN GIOVANNI (MI)

Biglietti e abbonamenti 2 giorni in vendita in esclusiva su TicketSMS!

Per maggiori informazioni: www.hubmusicfactory.com

The Jesus and Mary Chain @ Barezzi Festival

Parma, 20 Novembre 2023

Una volta il cantautore nordirlandese Andy White mi ha detto che dopo lo scioglimento dei Sex Pistols e dei Television, quando anche la parabola ascendente dei Clash e dei Ramones poteva dirsi conclusa e la dirompente forza sovversiva del movimento punk si è era ormai affievolita, ci si domandava quale nuovo fenomeno avrebbe scosso il panorama musicale. A quel punto, ricordava sempre Andy White, arrivarono The Jesus and Mary Chain e cancellarono l’idea che non ci sarebbe stato un futuro musicale per la generazione con la cresta, gli anfibi ed il giubbotto di pelle. Salivano sul palco vestiti di nero, davano le spalle al pubblico, Douglas Hart tagliava due delle quattro corde del basso perché non gli servivano ed i loro concerti erano un concentrato di distorsioni e feedback, che secondo la leggenda (neanche troppo leggenda) erano utili a mascherare le scarse capacità tecniche dei membri della band. 

Sono trascorsi quasi quarant’anni da quel momento. Ora che il chiodo ha lasciato spazio a giacche eleganti e camicie, ora che Jim Reid non solo guarda gli spettatori ma gli rivolge anche la parola, ora che il primo fischio cacofonico arriva al quinto pezzo, cosa rimane dei Jesus and Mary Chain? Risposta: la musica. Il valore della loro musica è inalterato ed il concerto di ieri lo ha dimostrato. 

The Jesus and Mary Chain sono arrivati a Parma per la loro unica data italiana, compresa nella rassegna del Barezzi Festival, e si sono esibiti davanti ad un Teatro Regio pieno e tranquillo (gli anni del pogo sono passati per la maggior parte dei presenti) ma non per questo poco partecipe. C’è chi canta ogni verso, c’è chi, non conoscendo le parole, si limita ad intonare i doo-doo-doo di loureediana memoria e c’è persino chi, nello stile di Joey Ramone, tiene il tempo durante gli stacchi urlando “one-two-three-four”. 

La scenografia è fantastica, con fasci conici di luci cangianti che spesso arrivano a toccare noi del pubblico, comodamente seduti sulle inconfondibili poltroncine rosse da teatro, e la scaletta non è da meno. I Jesus partono col botto suonando immediatamente alcuni grandi classici del loro repertorio, come Blues From a Gun e April Skies, e non si fermano letteralmente più. Le canzoni si susseguono freneticamente, senza sosta e costituiscono una sorta di greatest hits. La band suona infatti senza snobismo (perché lo snobismo è poco punk) tutte le canzoni che i fan vogliono ascoltare: quelle nuove, come Amputation, e quelle vecchie, come Taste of Cindy, che non dura più di 90 secondi. Ad un certo punto il mio vicino urla “Come on William, make some noise” e lui, cortesemente, attacca a suonare il riff di Happy When It Rains catapultandoci nella fase più intensa del concerto. Some Candy Talking ad esempio, che ricorda una canzone dei Velvet Underground, specialmente quando il batterista si alza come Moe Tucker per suonare il ritornello, arriva poco più tardi e rappresenta uno dei picchi emotivi della serata. Dopodiché lo stesso William si lamenta perché siamo “very quiet” ed il fratello Jim ci incita ad alzarci: sobillatori! È un momento liberatorio, finalmente possiamo goderci il concerto come si deve. I più temerari si accalcano davanti agli otto subwoofer posti ai piedi del palco, mentre gli altri si limitano ad ancheggiare felici e nostalgici sulle note di Darklands e Just Like Honey prima di venire investiti dai dieci rumorosissimi minuti di Reverence: il pezzo conclusivo che ci ricorda che, anche se il tempo passa, certe cose non cambiano mai. 

La Canzone della serata: Happy When It Rains

P.s.: questa mattina, al mio risveglio, avevo in testa Darklands così ho tirato fuori dal mobile tutti i dischi dei Jesus che ho… buon segno.

jesus and mary chain barezzi setlist

Tre Domande a: GIALLO

C’è un artista in particolare con cui ti piacerebbe collaborare/condividere il palco?

Inizio col dire che per quanto io, come ogni artista, ami i momenti “in solitaria” per scrivere e produrre i miei brani, allo stesso tempo il fare musica è una delle poche attività in cui mi sento a mio agio con gli altri e che, anzi, ho bisogno di condividere.
Non credo si possa senza le persone: dal processo in studio di scrittura e produzione al suonare sul palco, creare dei rapporti empatici facendo musica insieme per me è molto più semplice che crearli in qualsiasi altra situazione; non a caso come dico in Windows XP “a me si piace stare in giro, ma in giro di do”.
Ciò detto c’è più di un artista del panorama italiano che stimo e con il quale avrei un immenso piacere a collaborare: non posso di certo non citare Caparezza, mio conterraneo Pugliese, e quello che ritengo uno dei miei maestri. Sono cresciuto ascoltando la sua musica e ho sempre amato tutto di lui, dal modo in cui la scrive e produce (non c’è neanche bisogno di citarlo), alle tematiche trattate; ma soprattutto di lui stimo il rispetto che ha per la sua musica e per quella degli altri, e il peso che dà a questa: non è qualcosa di scontato ed è proprio quella componente che oggi, ahimè, vedo spesso mancare.
Questa componente la ritrovo anche in Dutch Nazari, altro artista che ho scoperto molto più recentemente e che stimo immensamente: anche lui di grande ispirazione per me, per il suo approccio alla scrittura dei testi, per i suoi giochi di parole (che come penso che si sia capito sono un must per me) che rendono poetiche le tematiche più leggere e sdrammatizzano quelle più impegnative.
Come non citare poi il grande Fulminacci, mio coetaneo: di lui amo come riesca in modo semplice a rendere romantica la tematica più leggera, un po’ come Lucio Dalla, e amo inoltre il fatto che sia squisitamente pop spaziando largamente nel sound e nelle influenze sonore, pur mantenendo sempre la componente cantautorale e quella suonata.
Insomma, spero davvero un giorno di poter collaborare con uno di loro o con tanti altri artisti che amo, magari quando ne avrò la possibilità e quando sentirò la necessità di farlo, ma nonostante tutto non mi interessa quanto siano “importanti” gli artisti, ho già in piano di collaborare con vari artisti che stimo e apprezzo nel futuro prossimo e l’ho già fatto nel passato. 

Quanto punti sui social per far conoscere il tuo lavoro? Ce n’è uno che usi più di altri?

Questa è una domanda che apprezzo davvero tanto, nello specifico perché io personalmente ho un rapporto complesso con i social, un “odi et amo” che ho persino difficoltà a spiegare con le parole: ci passo un’immensa quantità di tempo da spettatore, ma non ho mai amato espormi, in generale non mi fa impazzire condividere tutto quello che faccio nella mia vita privata e tanto meno limitare le mie interazioni a dei commenti. Fondamentalmente sono un carattere introverso, da spettatore passo moltissimo tempo su YouTube seguendo interviste oppure tutorial e recensioni di artisti e professionisti del settore musicale. Per quanto riguarda Instagram e TikTok invece si entra in un ambito ancora più difficile, il primo è proprio il mio “social generazionale” come si suol dire, quindi non solo lo prediligo per quanto riguarda lo scrolling ma anche per quanto riguarda la mia comunicazione. Come dicevo, non amo troppo espormi e condividere la mia quotidianità, quindi partire da un social media che già sento mio per ciò che concerne le dinamiche sociali mi aiuta ad indorarmi un po’ la pillola, ecco! Per ciò che invece concerne TikTok, devo ammettere, il rapporto non è dei migliori. Non lo uso eccessivamente per più motivi, in primis perché appunto non rientra molto su quella che sento la mia “piattaforma”, ma soprattutto devo ammetterlo, per me è come un grande buco nero, una volta entrato mi ci perdo e non mi rendo quasi conto della quantità di tempo che è passato. Su TikTok vengono fuori tutte le mie pessime abitudini: lo scrolling compulsivo, quasi automatico, la passività davanti allo schermo e chi più ne ha più ne metta. Quindi non ci entro proprio, prevenire è meglio che curare in questo caso!
Tornando al mio lavoro, come dicevo, Instagram è quindi la piattaforma che prediligo. Tuttavia ci ho pensato molto e voglio essere completamente onesto, è stata una scelta quella di non essere su TikTok, mi rendo conto che dal punto di vista “lavorativo” possa sembrare poco funzionale, però io ho una percezione molto critica del mezzo social e mi ritengo molto polemico, non ho assolutamente niente contro gli artisti che condividono moltissimo sui social e che riescono a comunicare il proprio personaggio in modo continuativo, un po’ come fossero influencers. Anzi, spesso sono il primo a seguirli e ad apprezzarne la comunicazione e la finestra che mi aprono sulla loro quotidianità. Tuttavia, vorrei che ci fosse anche un po’ di considerazione per quegli artisti, che come me, hanno la musica come mezzo di comunicazione e non si ritengono dei personaggi pubblici particolarmente interessanti e accattivanti. Mi fa un po’ soffrire pensare che, ad oggi, per poter supportare il mio lavoro, per farmi conoscere, io debba raccontare e condividere pubblicamente aspetti che invece ritengo privati o comunque non attinenti alla mia professione. Ovviamente, cerco di adeguarmi, anche perché comprendo l’importanza di questi mezzi di comunicazione e della grande libertà di espressione che ne consegue. Come spiegavo all’inizio, ho un rapporto complesso con queste piattaforme.

C’è un evento, un festival – italiano o internazionale – in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Il mio sogno è sempre stato quello di partecipare al Festival di Sanremo, che sia come artista, come musicista, come autore o produttore. Lo vedo come un obiettivo davvero importante, forse per una questione generazionale, perché lo guardavo fin da piccolo con i miei e sicuramente perché è il momento mediatico più importante e discusso per l’intera nazione, e sapere che è di genere musicale non può far altro che rendermi fiero e orgoglioso. Apprezzo tanto che al contrario di altri programmi televisivi incentrati sulla musica come i talent, in cui il gossip e la vita privata dell’artista hanno spesso un peso maggiore della sua stessa arte, a Sanremo il ruolo centrale lo ha la canzone: chi la canta, chi l’ha scritta, chi l’ha prodotta. Non a caso si chiama il Festival della Canzone Italiana. È insomma un punto d’arrivo per tutti, e per quanto sia comunque un fenomeno televisivo, dopo la settimana di Sanremo non solo le classifiche, ma anche i gusti e le modalità di fare nuova musica vengano influenzate notevolmente dallo stesso.
Un altro aspetto di Sanremo che apprezzo veramente tanto è che esista ancora una vetrina così importante a livello nazionale in cui viene dato davvero tanto spazio alla musica live, suonata dal vivo da musicisti e da un’intera orchestra di altissimo livello. Non è affatto scontato. In generale non posso far a meno di gasarmi ancora quando ci sono dei musicisti che suonano dal vivo, motivo per cui amo i festival e i concerti in generale, ma vederlo in televisione è sempre un motivo per essere orgoglioso. 

NOFX FINAL TOUR: due date in Italia l’11 e 12 MAGGIO 2024 al CARROPONTE di Milano

NOFX FINAL TOUR

WITH VERY SPECIAL GUESTS!

11-12 MAGGIO 2024

CARROPONTE – SESTO SAN GIOVANNI – MILANO

 40 ANNI. 40 CITTA’. 40 CANZONI (AL GIORNO)

La leggendaria band capitanata da Fat Mike si congeda dopo 40 anni di carriera con uno speciale tour d’addio che partirà proprio dall’Italia, l’11 e 12 maggio al Carroponte di Milano, un’imperdibile doppia data per l’ultimo saluto ai fan italiani.

Biglietti in vendita in esclusiva su TicketSMS a partire dalle ore 17.00 di mercoledì 15 novembre.

NOFX sono conosciuti come una delle band punk più controverse e significative del loro tempo. Spesso, nella loro lunga carriera, si sono spinti oltre i limiti nei loro spettacoli dal vivo e il loro ultimo tour sicuramente non sarà diverso.

Una “last dance” che toccherà anche l’Europa con la doppia data di Milano a maggio a fare da apripista per le quattro settimane in tour nel vecchio continente prima che i NOFX tornino negli Stati Uniti per il concerto finale previsto nel mese di ottobre 2024 a Los Angeles.

“Un tour d’addio che sarà veramente un tour di addio” ci ha tenuto a precisare Fat Mike: “Questo non è un tour finale come i Motley Crue o i Black Sabbath, questi sono gli ultimi concerti che i NOFX suoneranno e li faremo con tutto il cuore e tanta felicità. E poi sarà finita. Avremo finito per davvero”.

Un final tour unico che sarà articolato con concerti (talvolta con doppie date) in 40 città sparse per il mondo. I NOFX eseguiranno 40 canzoni a seratatra album completi e raritàsenza ripetere mai la stessa scaletta, garantendo così l’unicità di ogni serata.

Fat Mike ha recentemente dichiarato: “Penso che 40 anni di carriera siano abbastanza, è un buon momento per lasciare. Sono stanco di intrattenere le persone, basta, abbiamo finito”.

Tutti i membri della band continueranno a stare nel mondo della musica, a produrre dischi, ma non andranno più in tour, non ci saranno più i NOFX:” È anche una questione fisica, fare 40 anni di vita on the road è stancante, anche se non c’è niente di veramente pesante in quello che facciamo, è faticoso ma facile ed è certamente meglio che lavorare otto ore al giorno”. 

Un altro interessante spunto a supporto della scelta di fermarsi dopo il “Final Tour” è l’impossibilità di essere sé stessi:

“Se dici qualcosa ad un concerto, su qualsiasi argomento, va online e tutti lo diffondono sui social media; tutti sentono una cosa che magari era destinata agli spettatori del mio show, non era destinato a tutti. Come NOFX abbiamo perso tonnellate di show per questo motivo. Questo è uno dei motivi per cui voglio smettere, perché se non posso dire quello che voglio sul palco, non è divertente. Non è punk!”

I NOFX sono dunque pronti per il loro ultimo anno in tour, a chiudere una storia unica nel panorama musicale contemporaneo. In questi 40 anni hanno saputo – insieme a The Offspring e Green Day – scalare realmente le classifiche di vendita, diventare icone mainstream ed avere un successo planetario. Questo sono i NOFX in poche parole e così lo saranno per sempre.

Queste due giornate saranno inoltre un vero e proprio FESTIVAL!

Oltre a vedere due concerti unici e irripetibili dei NOFX, ci saranno grandi nomi della scena punk rock scelti da Fat Mike in persona che renderanno ancora più speciali le ultime due date italiane della band.

Di seguito i dettagli delle date italiane.

NOFX with very special guests!

11 – 12 MAGGIO 2024

CARROPONTE, SESTO SAN GIOVANNI (MI)

Biglietti e abbonamenti 2 giorni in vendita in esclusiva su TicketSMS dalle ore 17.00 di mercoledì 15 novembre.

Per maggiori informazioni visita www.hubmusicfactory.com

Tre Domande a: Sara Piccolo

Se dovessi scegliere una sola delle tue canzoni per presentarti a chi non ti conosce, quale sarebbe e perché?

Se dovessi scegliere una canzone sarebbe I Don’t Know, probabilmente è il brano che mi ha rappresentato maggiormente mentre ho lavorato al mio progetto e continua ad essere quello più vicino al mio modo di esprimermi ancora oggi. È un brano scritto di getto, in cui ho unito una serie di ricordi piacevoli e non, trasformandoli in una motivazione per credere in me stessa e nelle mie potenzialità nonostante le difficoltà o le interruzioni. Ci sono dei ricordi che ho impresso come per darmi carica e grinta, vedendoli come luoghi in cui sostare per stare bene, come ad esempio l’altalena sulla quale mangiavo la mela con mia nonna da bambina. 

C’è un evento, un festival – italiano o internazionale – in particolare a cui ti piacerebbe partecipare?

Recentemente sono stata al Freshgrass festival in America, precisamente in Massachussetts: era un festival a cui volevo andare da molto tempo ed è stato meraviglioso ascoltare moltissimi artisti che ammiro uno dopo l’altro, tutti nello stesso posto. Sarei incredibilmente felice se dovessi avere un giorno la possibilità di parteciparvi come artista, è un mio sogno nel cassetto. 

Qual è la cosa che ami di più del fare musica?

La cosa che amo di più del fare musica è la connessione immediata che sento con la parte più intima e vera di me, quella che ordinariamente fa fatica a mostrarsi e si confonde nelle mille sfumature della vita. Ecco, per me la musica è precisione, uno strumento di divisione tra chi sono davvero e chi fingo di essere e tutto il processo creativo, dallo scrivere, al modificare, suonare, cantare, dare la voce a ciò che era silente, è ciò che mi aiuta a tenere i piedi a terra.

John Murry @ Villa Angaran San Giuseppe

Bassano del Grappa, 11 Novembre 2023

Lo ammetto: ho comprato un biglietto per il concerto di John Murry soltanto perché qualcuno lo ha paragonato a Mark Lanegan e sebbene la somiglianza tra i due si riduca, a mio avviso, ad un paio di coincidenze biografiche, sono contento di averlo fatto. 

Autore poco prolifico e splendidamente indipendente, Murry ha portato il suo alternative folk a tinte fosche a Bassano del Grappa per la quarta e penultima data della leg italiana di questo tour novembrino regalando ai circa centocinquanta, fortunati astanti uno spettacolo nel suo stile poco convenzionale. 

Che non sarebbe stata una serata qualunque lo si è capito immediatamente. Il concerto si infatti è tenuto in una villa che, oltre ad offrire un piacevole riparo dal caos di una città costantemente affollata di turisti, ha dato la possibilità di imbattersi nell’artista al bar e nel dedalo di corridoi (dove fino ad un minuto prima di questo incontro fortuito si sentivano echi del soundcheck) in cerca della propria stanza. Ho poi continuato a raccogliere indizi dello scarso conformismo dell’esperienza: arrivato al banchetto del merchandising mi è stato detto che l’ultimo disco di John, ossia quello che in teoria starebbe promuovendo, The Stars Are God Bullets’ Holes, non era disponibile e che del suo più grande successo discografico – The Graceless Age, che nel 2012 venne acclamato dalla critica – era presente soltanto una copia, una musicassetta, per la precisione. A questo punto, quando ero già rimasto positivamente colpito dall’atmosfera familiare e anomala dell’evento, l’ospite d’onore ha fatto il suo ingresso in sala; è entrato dal fondo come noi del pubblico impugnando una scaletta manoscritta al ristorante e, dopo aver svuotato le infinte tasche, ha dato vita ad uno spettacolo intimo e sentito di un’ora e mezza circa.  

John attinge a tutti e tre gli LP pubblicati finora e propone sia canzoni acustiche che canzoni elettriche che alterna conferendo circolarità ad un concerto che inizia e finisce con alcune ballate per lasciare spazio, al centro, alla parte più tipicamente rock and roll del set. I brani lenti, come Wrong Man e Come Five & Twenty, ricordano Alexi Murdoch, Ben Harper ed il primo Tom Waits e sono, nel complesso, da preferire a quelli che tendono al grunge rievocando le sonorità di Ragged Glory e Mirror Ball di Neil Young (come il rocker canadese, peraltro, John passa il tempo a pestare i piedi sul pavimento).

Un concerto contraddistinto dunque da sonorità diverse ma affrontato dal cantautore americano con un’immutabile partecipazione emotiva. John passa infatti il concerto ad occhi chiusi, ad improvvisare e sembra gradire quello che fa. Sembra essere sincero quando si allontana dal microfono per cantare senza amplificazione parole che lo toccano da vicino facendolo emozionare, quando si perde nelle sue improvvisazioni segnate da cascate di blue note, quando si abbandona ai suoi feedback. In tutto questo, John, pregevolmente supportato dal batterista Raoul Terzi, che si muove in modo imprevedibile sulle pelli creando pattern ritmici mai banali, fa scelte curiose: esclude dalla setlist Little Colored Balloons (per allontanarsi dal suo passato tormentato, verrebbe da pensare), ovvero il suo pezzo più famoso, straziante cronaca di un’overdose che gli è quasi stata fatale e suona una canzone inedita, dedicata alla compagna, che rappresenta l’apice emozionale della serata (ed il mio personale incubo perché è da quel momento che la cerco online, per ora invano).  

Dopodiché, rimette tutto in tasca, se ne va attraversando la navata centrale da cui è arrivato e torna a mescolarsi al pubblico firmando autografi e facendo chiacchiere al bar dove io prendo appunti per scrivere questo articolo. 

La canzone della serata: Come Five & Twenty

Charlotte Sands – l’artista americana, cresciuta nel segno del pop-punk, arriva in Italia in occasione del tour mondiale il 31.05.24 al Legend di Milano

Charlotte Sands

L’artista americana, cresciuta nel segno del pop-punk, arriva in Italia in occasione del

can we start over? WORLD TOUR
31.05.24 – Legend Club, Milano

Biglietti solo su DICE


All Things Live Italy presenta Charlotte Sands. L’artista americana, cresciuta nel segno del pop-punk, arriva in Italia in occasione del can we start over? WORLD TOUR il 31 maggio 2024 al Legend Club di Milano, in collaborazione con Emo Night Milano.
Biglietti disponibili solo sulla piattaforma di ticketing e discovery DICE.
 
Charlotte Sands fa musica sin da piccolissima, scrivendo ed esibendosi dall’età di nove anni. È cresciuta con Sheryl Crow, Michelle Branch e Bonnie Raitt, per poi scoprire P!nk, Kelly Clarkson, Gwen Stefani e Avril Lavigne. Questa miscela di narrazione acustica e potenti performance pop-rock l’ha ispirata a scrivere musica che coniugasse testi introspettivi e dinamica energia dal vivo. È rimasta un’artista del tutto indipendente conquistando un posto, per oltre 15 settimane, nella Top 40 della classifica radio statunitense, collezionando una serie di nomination, tra cui, Breakthrough Artist ai A2IM Libera Awards e vincendo agli Heavy Music Awards di Londra.
Si è esibita con artisti del calibro di My Chemical Romance, YUNGBLUD, The Maine 5 Seconds of Summer avendo la possibilità di cantare in tutto il mondo.
Il suo album di debutto can we start over?in uscita il 24 gennaio 2024, simboleggia la crescita personale e professionale, coniugando testi introspettivi a una energia dinamica delle esibizioni dal vivo. L’album riflette le esperienze e la sua identità:  “Spero che questo album trasmetta forza, fiducia e il potere nella vulnerabilità. É come uno specchio, riflette esattamente come mi sento in questa fase della mia vitaMi sento più sicura di quello che sono come persona e come artista che mai“.

La mission di Charlotte, con la sua musica, è quella di creare uno spazio sicuro, in cui le persone possano sentirsi accettate e celebrate per la loro stranezza e diversità. Questo le ha permesso di creare una fanbase unita nelle sue differenze, nella quale Charlotte e i fan sono orgogliosi di sostenersi a vicenda.
Da non perdere il concerto il 31 maggio 2024 al Legend Club di Milano, in occasione della data italiana del tour mondiale can we start over?

Biglietti solo su DICE
31.05.24 – Legend Club, Milano: https://link.dice.fm/xdecd0a41073


Charlotte Sands https://www.instagram.com/charlottesands/

BAREZZI FESTIVAL: dal 19 al 26.11 a Parma BLONDE REDHEAD,JESUS AND MARY CHAIN,GIANT SAND e tanti altri

Un viaggio sonoro che fa della ricerca e della varietà e contaminazione sonora i propri imprescindibili punti cardinali.

Dal 19 al 26 novembre a Parma e dintorni torna Barezzi Festival per la sua diciassettesima edizione: otto giorni di grande musica con una line up ricca e di altissimo livello, dal forte richiamo internazionale, anticipata da un’altrettanto preziosa anteprima il 24 ottobre a Reggio Emilia e da una seconda anteprima l’11 novembre a Parma.

Quattro i concerti in esclusiva italiana: il palco di Barezzi si prepara ad accogliere gli iconici The Jesus and Mary Chain, i Blonde Redhead con il nuovo attesissimo disco, i Lambchop con la loro insaziabile ricerca sonora e ha già ospitato i Calexico, protagonisti dell’anteprima reggiana a ottobre con il ventennale del loro album capolavoro.

E poi i padri del desert rock Giant Sand, la profondità viscerale della musica e delle parole di Micah P. Hinson, l’acclamato indie-folk di Okkervil River/Will Sheff e le sperimentazioni di Stuart Braithwaite(Mogwai). In cartellone anche la musica oscura, misterica e sciamanica di Daniela Pes, l’inconfondibile consolle di Sadar Bahar e quella partenopea di Gigi Testa, la star del pianoforte Maxence Cyrin, la voce penetrante di Guido Maria Grillo e infine i concerti nell’ambito di Barezzi Off di Bobo RondelliDon AntonioCamilla Sparksss e Alosi.

Biglietti: https://linktr.ee/barezzifestival

Organizzato e prodotto dall’Associazione culturale Luce in collaborazione con la Fondazione Teatro Regio di Parma e con la direzione artistica di Giovanni Sparano, ancora una volta Barezzi Festival conferma la sua anima multiforme e meticcia, dimostrandosi capace di guardare sempre oltre e più lontano.

Anche per questo il festival continua ad allargare i propri confini geografici, uscendo da Parma – dove tutto è nato – per raggiungere Fidenza e Busseto, e spingersi quest’anno fino a Reggio Emilia.

Barezzi inoltre si articola in un serie di speciali progetti che si affiancano ai concerti sui main stage. Oltre agli intimi live a Borgo Santa Brigida di Barezzi Off, tornano anche Barezzi Lab, progetto dedicato alle scuole superiori al Teatro Giuseppe Verdi di Busseto per promuovere la riscoperta di Verdi, e Barezzi Snug, un viaggio tra i sapori di Parma accompagnato dalla musica attraverso pranzi in alcune osterie e caffè del centro storico della città: Alberto/Caffè del Prato, Torrefazione Gallo, Tra l’Uss e l’Asa, Artaj, Tabarro e Officina Alimentare Dedicata (ingresso su prenotazione il 24 e 25 dalle ore 13). Infine, Barezzi Ritrovo, presso il Caffè del Prato, ospiterà una serie di dj set gratuiti dalle 18 alle 22.

IL PROGRAMMA

Dopo il successo dell’anteprima a Reggio Emilia in collaborazione con il Festival Aperto e la Fondazione I Teatri il 24 ottobre con il live dei Calexicosabato 11 novembre Barezzi rientra a casa, a Parma, per una seconda speciale anteprima. Il futuristico palcoscenico della Sala Ipogea dell’Auditorium Niccolò Paganini ospita il live di Daniela Pes, artista sarda che presenta il suo visionario album d’esordio Spira, prodotto da Iosonouncane e vincitore della Targa Tenco come Miglior Opera Prima. La serata prosegue con i dj set del Maestro di Chicago Sadar Bahar e del partenopeo Gigi Testa

Il festival entra poi nel vivo da domenica 19 novembre, con l’arrivo dagli States al Teatro Magnani di Fidenza degli Okkervil River per presentare Nothing Special, l’ultimo album: un’opera abbagliante e ambiziosa, che per la prima volta riporta anche il nome di Will Sheff, da vera e propria One Man Band. In apertura, l’energia folk di Claudia Buzzetti.

Lunedì 20 novembre ci si sposta al Teatro Regio di Parma per il live in esclusiva italiana di The Jesus and Mary Chain, band seminale fondata dai fratelli Reid che ha aperto la strada al movimento degli “shoegazer”: ambientazioni oscure, tenui melodie e densi strati di feedback. In bilico tra pop e punk, con una peculiare vena psichedelica, il gruppo scozzese è stato tra i principali protagonisti degli anni Ottanta, aggiornando la lezione di Velvet Underground e Stooges e ponendo le basi di band come My Bloody Valentine.

Martedì 21 novembre sempre il Regio accoglie i Blonde Redhead, iconico trio rock che arriva a Parma per l’unica data italiana del tour di presentazione del loro nuovo attesissimo lavoro discografico Sit Down for Dinner. Un album meticoloso e coinvolgente, un testamento dell’inconfondibile stile in continua evoluzione che la band ha raffinato nei suoi tre decenni di esistenza, melodie sobrie ma viscerali avvolgono testi che parlano delle inevitabili lotte dell’età adulta. 

Mercoledi 22 novembre alle 10.30 al Teatro Giuseppe Verdi di Busseto torna Barezzi Lab, progetto gratuito dedicato agli studenti delle scuole superiori della provincia di Parma e di Piacenza che si propone di dare nuova luce, atmosfere, suoni e suggestioni ai brani di Giuseppe Verdi, riletti secondo i molteplici linguaggi della contemporaneità da alcuni dei progetti musicali più validi del panorama musicale italiano. Protagonisti sul palco Lyl, Cous Cous a Colazione e Noe Tommasini, presentati da Diego Sorba. Alle 18 primo appuntamento con Barezzi Ritrovo al Caffè del Prato con il dj set di Marco Pipitone. In serata all’Auditorium del Carmine arriva Maxence Cyrin, compositore francese fresco di pubblicazione del nuovo album Springsong e uno dei pianisti più ascoltati al mondo: la sua cover di Where Is My Mind dei Pixies vanta più di 150 milioni di ascolti ed è certificata triplo disco di diamante. A seguire, a Borgo Santa Brigida per Barezzi Off, l’istrionico e potente cantautorato di Bobo Rondelli

Giovedi 23 novembre all’Auditorium del Carmine è la volta dei Giant Sand di Howe Gelb con il loro sound sperimentale tra post punk e le atmosfere aride della frontiera, emanazione di un deserto tanto geografico quanto dell’animo e della mente. Anticipatrice di tendenze e suoni, la band ha percorso decenni di rock alternativo e marginale rileggendo le radici e le tradizioni della musica americana con un approccio non convenzionale, visionario e rigorosamente lo-fi. Sul palco di Borgo Santa Brigida è la volta invece di Alosi, penna visionaria e voce del duo Pan del Diavolo, con il suo ultimo album CULT. La serata si apre alle 18 con il dj set per Barezzi Ritrovo di Aldo Piazza.

Venerdì 24 novembre nelle Osterie del centro della città alle ore 13 prende il via Barezzi Snugcon le esplorazioni musico-gastronomiche insieme a Pagoda, Martino Adriani , Emanuele Nidi, Francesco Pelosi, Rocco Rosignoli e Matteo Ortuso.

Barezzi Ritrovo accoglie dalle 18 la consolle di Raregems, mentre in serata l’Auditorium del Carmine sarà tutto per Stuart Braithwaite: leader, cantante e chitarrista della band che ha cambiato la storia del post rock mondiale, gli scozzesi Mogwai. Il poliedrico artista arriva a Parma in solo, una dimensione che ha iniziato a sperimentare agli inizi degli Anni 2000 ma che non perde quel magmatico minimalismo che caratterizza anche il sound della sua band: un po’ di ambient guitar noise, una dose di elettronica e un po’ di sano songwriting. A seguire, a Borgo Santa Brigida per Barezzi Off, l’energia travolgente dei mix dub plate, sintetizzatori e tagli di voci di Camilla Sparksss, musicista e artista visiva svizzera canadese nonché membro della band post punk Peter Kernel.

Sabato 25 novembre alle ore 13 torna Barezzi Snug con i suoi artisti “in osteria”, mentre al Caffè del Prato dalle 18 è in programma il dj set di Roberto Ugolotti. In serata all’Auditorium del Carmine arriva il songwriting intimo e sofferto di Micah P. Hinson, cantautore texano dalla voce profonda e calda che presenta il suo ultimo album I Lie To You anticipato dal set di Guido Maria Grillo. Chiude la serata a Borgo Santa Brigida la maestria alla chitarra di Don Antonio, che ripercorrerà il suo repertorio fino ad arrivare al suo lavoro più recente, La bella stagione.

Il gran finale di Barezzi, domenica 26 novembre, sarà al Teatro Giuseppe Verdi di Busseto con l’unica data nel nostro Paese dei Lambchop, una delle band più brillanti emerse dal panorama statunitense negli anni Novanta. Il loro ultimo e diciassettesimo album The Bibleconferma che il loro inimitabile flusso creativo, che ha esplorato in modo unico e originale il country e il soul, il jazz e l’elettronica, non si è ancora arrestato. 

Barezzi Festival, che prende il nome da Antonio Barezzi, l’illuminato mecenate di Giuseppe Verdi che ne intuì il genio e ne sostenne gli studi e l’inizio della carriera, è organizzato e prodotto dalla Associazione culturale Luce in collaborazione con la Fondazione Teatro Regio di Parma, con la direzione artistica di Giovanni Sparano. 

Barezzi Festival è realizzato grazie al contributo di Regione Emilia Romagna, Comune di Parma, Comune di Busseto eComune di Fidenza, con il sostegno della Fondazione Cariparma.

Main sponsor: Chiesi Farmaceutici e Conad Centro nord

Sponsor: Toyota, Corte Parma, Palazzo Parma, Davines, Cantina Albinea Canali, Laumas Elettronica

Partner: Borneo, Borgo Santa Brigida, Alberto Ritrovo, Caffè del Prato

Barezzi Festival negli anni ha ospitato centinaia di artisti internazionali tra i quali Wim Mertens, Echo and the Bunnymen, Nils Frahm, Brad Mehldau, Joshua Redman, Apparat, Philip Glass, Herbie Hancock, Rufus Wainwright, Gary Lucas, Ulver, Benjamin Clementine, The Notwist, Brian Auger, Fred Wesley, Morton Subotnick, Michael Kiwanuka, Kula Shaker, Anna Calvi e Fountaines D.C., così come i migliori nomi della musica italiana come Franco Battiato, Paolo Conte, Vinicio Capossela, Giovanni Lindo Ferretti, Stefano Bollani, Brunori Sas, Carmen Consoli, Enrico Rava, Daniele Silvestri, Vasco Brondi, Iosonouncane e tanti altri.

Info:

 www.barezzifestival.it 

Barezzi Festival 2023

diciassettesima edizione

Anteprima /Parma 

Sabato 11 Novembre 

Ore 21.00 – Auditorium Niccolò Paganini – Sala Ipogea – Parma

Daniela Pes – Gigi Testa – Sadar Bahar

Biglietto unico: 20 euro + dp

20 euro biglietto unico / 25 euro la sera del concerto

Domenica 19 Novembre 

Ore 20,30 – Teatro Magnani – Fidenza 

Okkervil River / Will Sheff

opening Claudia Buzzetti

Platea: 25 euro + dp

Palchi: 20euro + dp 

Loggione: 15 euro + dp

Lunedi 20 Novembre 

Ore 20,30 – Teatro Regio – Parma 

The Jesus and Mary Chain – Unica data italiana 

Platea: 47 euro + dp

Palchi centrali: 44 euro + dp

Palchi laterali: 42 euro + dp

Loggione: 40 euro + dp

Martedi 21 Novembre 

Ore 20,30 – Teatro Regio – Parma 

Blonde Redhead – Unica data italiana

Platea: 35 euro + dp 

Palchi centrali: 32 euro + dp

Palchi laterali: 30 euro + dp 

Loggione: 28 euro + dp

Mercoledi 22 Novembre

Ore 10,30 – Teatro Verdi – Busseto 

Barezzi Lab – Lyl , Cous Cous a Colazione , Noe Tommasini

Presenta Diego Sorba

Ingresso gratuito

Ore 20,30 – Auditorium del Carmine – Parma 

Maxence Cyrin

Primo settore: 25 euro + dp 

Secondo settore: 20 euro + dp

Ore 22,00 – Borgo Santa Brigida – Parma

Bobo Rondelli

Biglietti: 10 euro+ dp

Giovedi 23 Novembre

Ore 20,30 – Auditorium del Carmine – Parma 

Giant Sand

Primo settore: 25 euro + dp

Secondo settore: 20 euro + dp

Ore 22,30 – Borgo Santa Brigida – Parma

Alosi – Il Pan del Diavolo

Biglietti: 10 euro+ dp

Venerdi 24 Novembre 

Ore 13- Barezzi Snug – Osterie del Centro

Pagoda, Martino Adriani, Emanuele Nidi, Francesco Pelosi, Rocco Rosignoli, Matteo Ortuso

Ingresso gratuito 

Ore 20,30- Auditorium del Carmine – Parma 

Stuart Braithwaite (Mogwai) Live

Primo settore: 25 euro + dp 

Secondo settore: 20 euro + dp

Ore 22,30 – Borgo Santa Brigida – Parma

Camilla Sparksss

Biglietti: 10 euro + dp

Sabato 25 Novembre 

Ore 13 – Barezzi Snug – Osterie del Centro

Pagoda, Martino Adriani, Emanuele Nidi, Francesco Pelosi, Rocco Rosignoli, Matteo Ortuso

Ingresso gratuito 

Ore 20,30 – Auditorium del Carmine – Parma 

Micah P. Hinson full band

opening Guido Maria Grillo

Primo settore: 25 euro + dp 

Secondo settore: 20 euro + dp

Ore 22,30 – Borgo Santa Brigida – Parma

Don Antonio 

Biglietti: 10 euro + dp

Domenica 26 Novembre 

ore 20,30 – Teatro Giuseppe Verdi – Busseto

Lambchop – Unica data italiana

Platea: 28 euro + dp

Palchi: 25 euro + dp

Loggione: 20 euro + dp

Il pop camuffato dei Leatherette

Non sono molte le band che sono capaci (o abbastanza folli) da pubblicare due dischi a distanza di un anno uno dall’altro. I Leatherette appartengono a questa categoria, anche se come ci tengono a precisare, col loro nuovo Small Talk hanno cercato soprattutto di sfuggire a qualsiasi tipo di etichetta. 
Li abbiamo raggiunti in quel di Bologna per una chiacchierata dai mille spunti.

Cominciamo subito chiedendovi come mai, dopo un solo anno dal vostro precedente lavoro, avete deciso di tornare in studio? Come mai tutta questa fretta, contro i dettami dell’industria musicale, con i suoi tempi, le sue scadenze? Voi invece ve ne siete fregati e avete sfornato quello che è a tutti gli effetti un “discone”.

“Beh innanzitutto grazie! Poi la rigireremmo così la domanda, ovvero che per noi è passato “addirittura” un anno. La realtà è che ci rompiamo le palle molto rapidamente, siamo un pò incontinenti. No, seri, la realtà è che i pezzi del nostro primo disco, Fiesta, erano piuttosto datati, venivano addirittura prima di quelli dell’EP, per cui avevamo già un sacco di materiale già pronto per cui abbiamo detto tentiamo, dai, non ci andava di stare lì a fingere di dover aspettare qualcosa.”

Ricollegandomi a quello che avete detto vi faccio due domande allora. La prima è se alcuni brani erano già esistenti dai tempi di Fiesta o è tutto materiale praticamente nuovo. La seconda domanda invece è se questa urgenza di uscire col disco nuovo possa essere in qualche modo collegata a questa necessità, a questo desiderio di togliersi di dosso qualche etichetta che vi era stata data.

“Avoja! Hai centrato in pieno il punto. Una delle cose che abbiamo un po’ patito è stato proprio il fatto di ritrovarci diciamo incanalati in un determinato genere, chiamalo post punk. Diciamo che è un’etichetta che ci è stata da subito un po’ stretta e i pezzi nuovi che abbiamo scritto hanno una forza centrifuga che vanno a spaziare al di fuori di questa etichetta. Ci siamo infatti divertiti molto a registrarlo perchè siamo riusciti ad esplorare sonorità diverse, a dare spazio a nuovi tipi di percorsi musicali che non avevamo ancora intrapreso. I pezzi, per tornare alla prima domanda, sono tutti nuovi. Alcuni addirittura li abbiamo arrangiati proprio in studio perché non ce li avevamo ben in mente nemmeno noi. 
E comunque diciamocelo, quando suoni dal vivo molto spesso, alla fine suonare sempre le stesse robe, la stessa scaletta, ti aumenta la voglia di preparare qualcosa di nuovo.”

Trovate sia corretto sostenere che Fiesta e Small Talk siano due dischi profondamente diversi?

“Sì, senza dubbio. Sono stati concepiti in maniera totalmente diversa e crediamo sia quello che risalta di più. Poi c’è da dire anche che Fiesta, nel bene o nel male, non suona come noi ci sentiamo di suonare normalmente dal vivo, quindi questa volta abbiamo deciso di fare in presa diretta e di somigliare un pò di più a noi stessi.”

Com’è il vostro rapporto con la Bronson Recordings e con Cris Angiolini?

“Ci vogliamo bene, è il nostro paparino lui. Ogni tanto ci dice bravi, ogni tanto ci cazzia. Un po’ il bastone e la carota. Però ci crede molto e ci sprona in continuazione.”

Come mai Small Talk?

“Ci credi che questa per assurdo è la domanda che non ci fanno mai, quindi grazie. Diciamo che il processo che ci ha portato a questo titolo è un pò strano. All’inizio eravamo di un’altra idea, da tanto, però poi abbiamo finito per scartarla e quindi ci siamo trovati un pò spaesati. Abbiamo quindi iniziato a ragionare, anche in maniera ironica, su quello che significava questo disco per noi. Se vuoi anche un pò in contrasto con quello che era Fiesta ed il suo stile un pò caciarone, anche graficamente, qui ci siamo accorti di dover in qualche modo diventare grandi, adulti, e ci siamo quindi immaginati come fossimo in un ufficio, quasi fossimo, in maniera autoironica, degli impiegati della musica.”

In una vecchia intervista ci era piaciuto un passaggio che, cito testualmente, “mi piace l’idea del pop sotto mentite spoglie”. 

“Diciamo che è un’idea che ci accomuna un po’ tutti, ovvero quella di scrivere delle canzoni vere e proprie, con delle melodie ed una struttura, e poi in qualche maniera distruggerla, quindi creare quella tensione tra ciò che ha una struttura che viene poi “smaciullata”.”

Entrando più nello specifico delle dodici tracce che compongono Small Talk ci dite come nascono, perchè ci sono due brani chiamati Ronaldinho e Ronaldo?

“Allora Ronaldo è nata per uno stupidissimo gioco di parole, ovvero stavo ascoltando i Cap’n’jazz, quando dicono “Oh, messy life”, quindi vita incasinata ma anche il giocatore e poi perchè comunque siamo dei grandi fan del name dropping! E poi perchè il calcio di suo è una small talk!”

Quali sono i pezzi che preferite del disco?

“Mmm, direi che Ronaldo e Isolation piacciono un po’ a tutti quanti. E poi diciamocelo, son tutte belle!”

Va bene ragazzi, direi che siamo arrivati alla fine. Noi vi ringraziamo della simpatia e della disponibilità, e nell’attesa di vedervi al più presto dal vivo vi salutiamo.

“Ciao a voi e grazie!”

Grazie a Radio Quar per la gentile collaborazione
Foto di copertina: Silvia Violante Rouge

Tre Domande a: CousCous a Colazione

Cosa vorreste far arrivare a chi vi ascolta?

Ci piace dire che facciamo “musica presa male che fa ballare”: se da un lato i testi sono spesso introspettivi e languidi, dall’altro gli arrangiamenti sono invece vivaci e avvolgenti, tra vibes disco e ritmi afro-latini.
Ogni brano racconta una storia, un’esperienza o un’emozione che evolve e si trasforma nella percezione di chi ci ascolta. Non è un messaggio preciso quello che trasmettiamo, sono elementi di un puzzle con tantissime possibili combinazioni.

Se doveste scegliere una sola delle vostre canzoni per presentarvi a chi non vi conosce, quale sarebbe e perché?

Visto che è appena uscito il nostro primo EP Luce, la scelta non può che ricadere su Luz, che oltre a dare il nome e il concept all’EP, è anche un brano di cui siamo particolarmente orgogliosi. Un brano che era già in cantiere da moltissimo tempo ma che abbiamo avuto modo di riprendere e modificare tante volte.
Luz è uno dei brani più positivi dell’EP e racconta il desiderio di spensieratezza che è dentro ognuno di noi.

Quanto puntate sui social per far conoscere il vostro lavoro? 

Chiaramente come band che nasce in questi anni, l’utilizzo dei social come mezzo di comunicazione e promozione è imprescindibile. Rimaniamo comunque un gruppo “da palco” per così dire, puntiamo molto sull’aspetto live del progetto e il diretto contatto con chi ci ascolta.

SLOWDIVE live in Italia per due concerti: il 31 gennaio all’Alcatraz di Milano e il 2 febbraio all’Estragon di Bologna.

DNA concerti è orgogliosa di presentare SLOWDIVE live per due imperdibili concerti,  mercoledì 31 gennaio all’Alcatraz di Milano e venerdì 2 febbraio all’Estragon di Bologna. Un grande e atteso ritorno in Italia, a distanza di qualche mese dall’uscita del nuovo album Everything Is Alive. Biglietti disponibili dalle ore 10 di mercoledì 8 novembre su Ticketone e Dice. 

Nata a Reading in Inghilterra nel 1989, la band fondata da Rachel Goswell (chitarra e voce) e Neil Halstead (chitarra e voce), il chitarrista Christian Savill, il bassista Nick Chaplin e il batterista Simon Scott, è considerata tra i principali esponenti del genere shoegaze. Scioltisi nel 1995 e poi riunitisi nel 2014 con all’attivo cinque album, due raccolte e cinque EP, hanno definito un pezzo di storia della musica rock britannica e non solo.

Everything Is Alive è uscito il 1 settembre 2023 per l’etichetta Dead Oceans, anticipato dal singolo alife e da kisses, il cui videoclip è stato girato a Napoli. Un sentito tributo alla madre di Rachel Goswell e al padre del batterista Simon Scott, entrambi deceduti nel 2020, il nuovo album è un’esplorazione sonora della vita e della speranza, che riflette le profonde transizioni personali vissute dai membri della band. Spaziando tra paesaggi sonori psichedelici, pulsanti elementi elettronici anni ’80 e viaggi ispirati a John Cale, si presenta immediatamente come qualcosa fatto per il futuro.

Everything Is Alive è carico di esperienza, ma ogni nota è equilibrata, saggia e necessariamente incline alla speranza. La sua unica alchimia incarna sottilmente tristezza e gratitudine, radicamento ed elevazione”. Ha dichiarato Rachel Goswell sul nuovo disco. “Non sarebbe giusto fare un disco davvero oscuro in questo momento. L’album è piuttosto eclettico dal punto di vista emotivo, ma dà una sensazione di speranza”, aggiunge Neil Halstead.

Inizialmente il nuovo progetto Everything Is Alive viene concepito da Halstead, nel ruolo di autore e produttore, come un “disco elettronico più minimale”, sperimentando con i sintetizzatori modulari. Il processo decisionale collettivo degli Slowdive ha infine riportato il gruppo verso le loro caratteristiche chitarre intrise di riverbero, assorbendo nelle composizioni l’intenzione iniziale. “Siamo sempre venuti da direzioni leggermente diverse, e i pezzi migliori sono quelli in cui ci incontriamo tutti nel mezzo“, dice Halstead. “Gli Slowdive sono la somma delle loro parti“,  aggiunge Goswell.

Con questo nuovo album gli Slowdive dimostrano di essere i maestri del proprio genere, spingendo il loro lavoro verso l’esterno, al di là del singolare; il risultato finale è un disco tanto emotivo e catartico quanto ottimista.